Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 gennaio 2025, n. 1864

Lavoro - Domanda per accertare il diritto alle prestazioni del Fondo di Garanzia - Difetto provvedimento di formazione giudiziale che riconoscesse il credito azionato - Istanze di fallimento - Assenza di beni escutibili - Rigetto

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d'appello di Milano, in riforma della pronuncia del Tribunale di Como, ha rigettato la domanda dell’odierna ricorrente volta ad accertare il diritto alle prestazioni del Fondo di Garanzia, ai sensi dell’art. 2 della legge nr. 297 del 1982, in difetto di un provvedimento di formazione giudiziale che riconoscesse il credito azionato.

2. Il Tribunale aveva, invece, ritenuto che la ricorrente, attraverso le istanze di fallimento respinte per causa a lei non imputabile, si fosse adeguatamente adoperata per il recupero del credito e che la disposizione di cui all'art. 2 della legge nr. 297 del 1982 -che sancisce la necessità dell'esperimento di esecuzione forzata in danno della parte non assoggettabile a fallimento- fosse stata nella specie soddisfatta dalla produzione dei bilanci della debitrice dai quali emergeva l'assenza di beni escutibili, circostanza equivalente al presupposto dell’infruttuosa esecuzione stabilito dalla norma.

3. La Corte d'appello, di contro, ha conferito rilievo decisivo al mancato accertamento giudiziale, in via preventiva, del credito azionato.

Ha ritenuto, infatti, che la lavoratrice, in assenza di fallibilità del debitore, potesse chiedere l'intervento del Fondo di Garanzia a condizione che il credito risultasse già accertato, sulla base di quanto previsto dalla legge. nr. 297 del 1982, art. 2, comma 5, da un provvedimento giudiziale.

Ha escluso che detto accertamento potesse effettuarsi, incidenter tantum, nel giudizio intrapreso nei confronti dell’INPS, sulla base del CUD rilasciato alla lavoratrice.

4. Avverso la pronuncia ha proposto ricorso la parte indicata in epigrafe, con due motivi.

5. Ha resistito, con controricorso, l’INPS.

6. Il ricorso, originariamente fissato per la trattazione in adunanza camerale, è stato poi rinviato in pubblica udienza, in prossimità delle quale entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo, è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2 della legge nr. 297 del 1997, in relazione agli artt. 2, 3  e 9 della direttiva CE nr. 987 del 1980 per avere la sentenza impugnata negato il diritto di accesso al Fondo di Garanzia, in difetto di una azione esecutiva da parte della lavoratrice istante, nonostante la proposizione di atti esecutivi fosse, in concreto, divenuta impossibile.

Nello specifico, la società di capitale, datrice di lavoro, era stata cancellata dal registro delle imprese; vi era, pertanto, l'oggettiva impossibilità di ottenere un titolo esecutivo.

Non era stato possibile ottenere la dichiarazione di fallimento della società medesima, ai sensi dell’art. 10 della legge fallimentare, perché era decorso più di un anno dalla cancellazione.

La proposizione dell'azione espropriativa non era esigibile nei confronti dei soci, nei limiti della ordinaria diligenza, per mancanza e/o insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore.

8. Per la ricorrente, i giudici territoriali avrebbero dovuto ritenere possibile l’accertamento del credito direttamente nel giudizio intrapreso nei confronti dell’INPS e non richiedere la previa formazione di un titolo giudiziale che riconoscesse e quantificasse il credito.

9. Il motivo è infondato nei termini e per le ragioni che seguono.

10. La peculiarità della fattispecie concreta è data dal fatto che il datore di lavoro insolvente è una società di capitale, cancellata dal registro delle Imprese e non fallibile ai sensi dell’art. 10 della legge fallimentare.

Per i soci, è risultata accertata l’incapienza del bilancio finale di liquidazione e quindi l’assenza di un attivo da distribuire.

11. Ciò posto in fatto, occorre stabilire se, in questo caso, condizione necessaria per agire nei confronti del Fondo di Garanzia, resta comunque la sussistenza di un titolo giudiziale che accerti il credito, nei confronti dei soci, così come ritenuto dalla Corte di appello, o se, invece, come dedotto dalla ricorrente, in tale ipotesi, possa prescindersi dalla previa formazione di un provvedimento giurisdizionale e ottenere, incidenter tantum, direttamente nel giudizio intrapreso nei confronti dell’INPS, l’accertamento del credito preteso.

12. Va premesso che le prestazioni erogate dal Fondo di garanzia gestito dall'INPS hanno natura previdenziale e non retributiva (così, tra le tante, Cass. nn 1886 e 1887 del 2020): si tratta infatti di obbligazioni autonome rispetto a quelle gravanti sul datore di lavoro e inserite nell'ambito di un rapporto assicurativo contributivo-previdenziale, ancorché nella loro misura coincidenti, per ciò che specialmente riguarda il TFR, con le obbligazioni di cui è debitore il datore di lavoro, di talché il loro sorgere è connesso ad un fatto costitutivo differente rispetto a quello che ne determina la genesi nell'ambito del rapporto di lavoro.

13. Più precisamente, per ciò che riguarda il pagamento del TFR (rectius: della prestazione previdenziale modulata sul TFR spettante al lavoratore assicurato), tale fatto costitutivo consiste non già nella cessazione del rapporto di lavoro, ma nel verificarsi dei presupposti previsti dalla legge nr. 297 del 1982, art. 2, che sono rispettivamente, da un lato, la verifica del credito del lavoratore mediante l'insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro (art. 2, comma 2 e ss.) e, dall'altro lato, qualora il datore di lavoro non sia soggetto alle disposizioni della legge fallimentare, il previo esperimento dell'esecuzione forzata per la realizzazione del credito, da cui risulti l'insufficienza, totale o parziale, delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro stesso (art. 2, comma 5).

14. L’art. 2 della legge nr. 297 del 1982 àncora, in definitiva, l'intervento del Fondo non solo all'insolvenza del datore di lavoro ma, altresì, all'accertamento dell'esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all'esito di una procedura esecutiva.

Pertanto, prima del verificarsi dei presupposti cui la legge subordina il sorgere del diritto alla prestazione previdenziale, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all’INPS (Cass. nr. 19277 del 2018, punto 15 delle Ragioni della decisione; nello stesso senso, Cass. nr. 15384 del 2021 e nr. 12971 del 2014).

15. La necessità di munirsi preventivamente di un accertamento nei confronti del datore di lavoro costituisce, nel sistema delineato dal legislatore, un presupposto letteralmente e logicamente necessario, giacché, da un punto di vista sistematico, l'accertamento giurisdizionale ovvero la sua consacrazione in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro rappresentano la modalità necessaria per l'individuazione della misura stessa dell'intervento solidaristico del Fondo di garanzia, essendo l'ente previdenziale terzo rispetto al rapporto di lavoro inter partes ed essendo nondimeno la sua obbligazione modulata sui crediti maturati in costanza di rapporto di lavoro (Cass. n. 34031 del 2022); tanto che INPS non può «opporre eccezioni derivanti da ragioni interne al rapporto di lavoro che mirino a contestare esistenza ed entità dei crediti in ragione del concreto atteggiarsi delle situazioni giuridiche soggettive del lavoratore e del datore di lavoro» (Cass. nr. 19277 del 2018 richiamata di recente da Cass. nr. 23562 del 2024).

16. In senso contrario non possono essere invocate le pronunce di questa Corte che hanno escluso, in relazione alle peculiarità delle singole vicende, «la necessità del preventivo esperimento di un’azione esecutiva di volta in volta mobiliare o immobiliare, non anche la necessità che il lavoratore assicurato si munisse di un titolo esecutivo nei confronti del proprio datore di lavoro» (sentenza nr. 1886 del 2020, in motivazione).

17. La modulazione dell’onere di agire in executivis nei confronti del datore di lavoro secondo un criterio che va conformato, sia nei tempi che nei modi, alla misura dell'ordinaria diligenza (in argomento, Cass. nr. 34358 del 2022 e Cass. nr. 14020 del 2020) e, in definitiva, l'aleatorietà delle azioni esecutive, che parte ricorrente valorizza, riguarda un posterius, laddove il requisito pregiudiziale è pur sempre la sussistenza di un titolo che a quelle azioni consenta di dare impulso o che ne dimostri per tabulas l’impraticabilità, pur contenendo l’indispensabile accertamento della sussistenza e della misura del credito.

18. La legge è chiara nel sancire «la funzione legale di elemento costitutivo per l’accesso al Fondo di Garanzia dell’accertamento in via giudiziale del credito preteso (nell’an e nel quantum debeatur) nei confronti dell’impresa inadempiente» (Cass. nr. 9284 del 2023).

19. La conclusione è imposta dal delineato sistema normativo e dalla già evidenziata considerazione che l’INPS, quale gestore del Fondo di Garanzia, è un soggetto terzo che non ha alcun titolo per contestare l'avvenuto adempimento anche parziale (es. anticipazioni del t.f.r.), del credito.

Per altro verso, l’accertamento è funzionale alla più efficace salvaguardia del diritto di surroga che, per le somme erogate, compete al Fondo nel privilegio attribuito al lavoratore sul patrimonio dei datori di lavoro e degli eventuali condebitori solidali.

20. Né la formazione di un titolo che accerti il credito è preclusa dall’estinzione della società debitrice.

In tale fattispecie, i soci sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata e non definiti all’esito della liquidazione e, anche ai fini processuali, non cessano di ricoprire la qualità di successori, pur se rispondono intra vires dei debiti trasmessi. Il riparto effettuato sulla base del bilancio finale di liquidazione non costituisce, infatti, una condizione per la successione, che si verifica in ogni caso.

L’eventuale infruttuosità dell’azione, per l’assenza di riparti in base al bilancio finale di liquidazione, non si riverbera sulla legittimazione passiva del socio e di per sé non esclude l’interesse ad agire del creditore (Cass., S.U., nr. 6070 del 2013, punto 3) che permane intatto allorché sia necessario, come avviene nel caso di specie, ottenere l’accertamento della pretesa nel contraddittorio con il datore di lavoro.

21. Non colgono nel segno, dunque, le censure di parte ricorrente, volte ad avvalorare la tesi dell’impossibilità di agire nei confronti di un datore di lavoro, quando si tratti di una società cancellata dal registro delle imprese e, dunque, estinta e, nel caso concreto, non più fallibile.

Devono, piuttosto, condividersi le argomentazioni dei giudici di merito che qualificano l’accertamento del credito come elemento imprescindibile per accedere alla tutela del Fondo, requisito che deve preesistere alla presentazione della domanda.

22. In altre parole, allorché il lavoratore aziona la sua pretesa verso il Fondo, con una domanda che fa sorgere l’obbligo del Fondo di provvedere, devono sussistere tutti gli elementi costitutivi della pretesa.

Tra i requisiti indefettibili, vi è l’accertamento del credito, propedeutico alle azioni esecutive che la legge menziona, allorché non operino le regole del concorso (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267).

23. Tale scansione non solo si raccorda alla fattispecie costitutiva del diritto, nella complessità degli elementi che la compongono e che hanno nella domanda uno snodo saliente, ma si prefigge, altresì, di rendere più spedita l’attività dell’Istituto, chiamato alla doverosa verifica dei presupposti di legge e alla sollecita erogazione del trattamento insoluto, «ove non sussista contestazione in materia» (art. 2, quinto comma, della legge n. 287 del 1982).

24. Per questa via, il legislatore garantisce che le risorse pubbliche destinate al Fondo siano impiegate per la «finalità istituzionale» (art. 2, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982) e scongiura il rischio del moltiplicarsi di domande meramente esplorative, carenti di requisiti imprescindibili e prevedibilmente destinate a un approdo contenzioso.

25. Né il bilanciamento attuato dalla legge determina un irragionevole e sproporzionato aggravio a danno dei lavoratori.

26. Le censure mosse alla sentenza d’appello sono, dunque, da respingere in applicazione del seguente principio di diritto: «Allorché il lavoratore presenti all’INPS, quale gestore del “Fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto”, la domanda volta ad ottenere il trattamento insoluto, devono sussistere tutti i requisiti previsti dalla legge per il perfezionarsi del diritto del lavoratore e per il sorgere del connesso obbligo dell’Istituto di adempiere tempestivamente, ove non sussistano contestazioni.

Tali requisiti includono, anzitutto, il preventivo accertamento della sussistenza e della misura del credito, in quanto su tale misura la stessa prestazione previdenziale del Fondo è modulata.

Ove il datore di lavoro sia una società cancellata dal registro delle imprese e quindi estinta (art. 2495 cod. civ.) e tale società non sia più fallibile, l’accertamento in esame può essere conseguito nei confronti dei soci, in quanto successori della società e dotati della legittimazione passiva, a prescindere dall’effettiva riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione».

27. Resta assorbito il secondo motivo, con cui parte ricorrente imputa alla sentenza impugnata di non aver attribuito valore di prova del credito al CUD, ai fini dell’accesso alla tutela previdenziale.

28. La complessità e novità di alcuni profili esaminati giustificano la compensazione delle spese di lite.

29. Sussistono, invece, i presupposti per il versamento del doppio contributo, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.