Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 gennaio 2021, n. 232

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Indennità di occupazione - Ritenuta alla fonte

 

Rilevato che

 

Con sentenza n. 140/30/12, depositata il 13 luglio 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) della Sicilia - rigettata l'eccezione preliminare di rito formulata dalla parte privata d'inammissibilità, per difetto di specificità dei motivi, dell'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 445/12/09 della CTP di Palermo, che aveva integralmente accolto il ricorso del sig. G.M. avverso il diniego di rimborso della ritenuta alla fonte operata in data 3 maggio 1999 dal Comune di Cefalù per lire 565.474,617, sull'indennità di occupazione di un'area di proprietà del M. destinata alla realizzazione di opere pubbliche - accolse parzialmente l'appello dell'Amministrazione finanziaria, affermando che la ritenuta alla fonte nella misura del 20% sull'indennità corrisposta al M. dovesse essere rapportata alla sola plusvalenza realizzata dal contribuente.

La succitata sentenza della CTR della Sicilia è stata oggetto di ricorso per cassazione ad opera di entrambe le parti.

Il ricorso dell'Amministrazione finanziaria è stato notificato anteriormente a quello di parte contribuente, che assume quindi natura di ricorso incidentale e che è stato sottoscritto dai signori S.M., D.M. e V.M., tutti nella qualità di eredi di G.M., deceduto successivamente alla pubblicazione della sentenza in questa sede impugnata.

Il ricorso principale è affidato ad un unico motivo, mentre quello incidentale è articolato su due motivi.

Gli eredi del M. hanno anche depositato controricorso al ricorso principale dell'Agenzia delle Entrate, che è rimasta intimata in relazione all'avverso ricorso incidentale.

 

Considerato che

 

1. Con l'unico motivo di ricorso principale l'Agenzia delle Entrate denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 11 della I. 31 dicembre 1991, n. 413, e dell'art. 81, comma 1, lett. b), ultima parte, del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR), in rapporto all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., rilevando come la CTR, dopo aver preliminarmente ritenuto l'ammissibilità dell'appello proposto dall'Ufficio avverso la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole, e dopo averne anche giustamente ribadito la correttezza dell'operato nell'assoggettare ad IRPEF, mediante ritenuta alla fonte da parte degli enti eroganti, l'indennità di occupazione percepita dal contribuente nel 1999, in conseguenza di decreto n. 3/81 del 4 marzo 1981, abbia poi errato nel limitare la base imponibile al solo importo della plusvalenza realizzata dal contribuente, accogliendo quindi la domanda di rimborso non per l'intero della ritenuta alla fonte operata sull'indennità corrisposta, ma solo per il minor importo calcolato sulla plusvalenza realizzata.

2. Con il primo motivo di ricorso incidentale gli eredi del M. denunciano nullità della sentenza della CTR della Sicilia in questa sede impugnata, per violazione ed errata applicazione dell'art. 53 del d.lgs. n. 546/1992 e dell'art. 342 cod. proc. civ. nella parte in cui ha ritenuto ammissibile l'appello proposto dall'Amministrazione finanziaria avverso la sentenza di primo grado, rigettando l'eccezione d'inammissibilità dell'appello per difetto di motivi specifici formulata dal proprio dante causa nel giudizio di appello.

3. Con il secondo motivo di appello incidentale i contribuenti lamentano violazione ed errata applicazione dell'art. 11, quinto comma della I. n. 413/1991 e 81, nono comma, del TUIR, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., assumendo che nella fattispecie in oggetto alcuna ritenuta alla fonte doveva essere applicata all'indennità di occupazione percepita dal proprio dante causa.

Sebbene, infatti, l'art. 11, comma 1, lett. f) della I. n. 413/1991, nel modificare l'allora art. 81, prima comma, lett. b), del TUIR, abbia incluso tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria, secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, avendo altresì previsto il citato art. 11 (commi 5 e 6) che le disposizioni di cui al summenzionato art. 81 si applicano anche alle plusvalenze conseguenti alla percezione di indennità di esproprio e di occupazione, in virtù di quanto stabilito dal nono comma del suddetto art. 11, come applicabile ratione temporis, secondo cui «Le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 si applicano anche alle somme percepite in conseguenza anche di atti volontari o provvedimenti emessi successivamente al 31 dicembre 1988 e fino alla data di entrata in vigore della presente legge» (primo gennaio 1992, cessando quindi il triennio al 31 dicembre 1991), «se l'incremento di valore non è stato assoggettato all'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili», secondo l'assunto dei controricorrenti e ricorrenti incidentali, avendo chiaramente posto il legislatore l'attenzione sul momento in cui è stato emesso il provvedimento ablativo, poiché nella fattispecie in esame il decreto di occupazione era risalente al 1981, le nuove disposizioni non avrebbero potuto essere applicate, essendo detto provvedimento fuori del triennio per il quale era stata prevista una limitata retroattività temporale delle nuove disposizioni di legge sopra citate.

4. Va esaminato, in ordine logico, con priorità, il primo motivo di ricorso incidentale dei contribuenti.

4.1. Esso è da ritenere inammissibile, ai sensi dell'art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ. Se pur con motivazione scarna, la sentenza impugnata, nell'affermare che i motivi di appello dovevano ritenersi rispondenti ai requisiti richiesti dall'art. 53 del d.lgs. n. 546/1992, ha fatto corretta applicazione dei principi affermati in materia da questa Corte, secondo cui «in tema di specificità dei motivi di appello, nel processo tributario, stante il carattere devolutivo pieno dell'appello volto ad ottenere il riesame della causa nel merito, l'onere di impugnazione specifica richiesto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 non impone all'appellante di porre nuovi argomenti giuridici a sostegno dell'impugnazione rispetto a quelli già respinti dal giudice di primo grado (cfr., tra le molte, con specifico riferimento all'appello proposto dall'Amministrazione finanziaria che richiami le proprie controdeduzioni svolte in primo grado a conferma della legittimità del proprio operato, Cass. sez. 5, 29 febbraio 2012, n. 3064), specie ove le questioni che formano oggetto del giudizio siano di mero diritto (cfr., più di recente, Cass. sez. 5, ord. 19 dicembre 2018, n. 32838), come nella fattispecie in esame.

4.2. Ribadendo gli argomenti desunti dai propri documenti di prassi, in contrasto con quanto affermato dalla decisione di primo grado, che aveva ritenuto di aderire all'orientamento espresso da indirizzo di questa Corte rimasto poi sostanzialmente abbandonato (si veda, più diffusamente, il paragrafo successivo), l'Amministrazione finanziaria ha dunque soddisfatto il requisito di specificità richiesto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546/1992, che, come è noto, è norma speciale del processo tributario rispetto all'art. 342 cod. proc. civ. riguardo al rito civile, norma, quest'ultima, della cui violazione i controricorrenti, nonché ricorrenti incidentali si sono, pertanto, pure erroneamente doluti.

5. Possono dunque essere esaminati congiuntamente l'unico motivo di ricorso principale dell'Amministrazione finanziaria ed il secondo motivo di ricorso incidentale dei controricorrenti, nonché ricorrenti incidentali, che hanno ad oggetto la medesima questione, riguardata da prospettive opposte.

5.1. Il motivo addotto dall'Amministrazione finanziaria a sostegno del proprio ricorso principale è fondato.

Esso trova, infatti, conforto, nell'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, che - risolvendo un iniziale contrasto con indirizzo opposto espresso, infine, da Cass. sez. 5, 9 febbraio 2000, n. 1430, richiamata dalla sentenza di primo grado a fondamento della pronuncia emessa dalla CTP di Palermo, d'integrale accoglimento del ricorso proposto dal contribuente avverso il diniego opposto dall'Amministrazione alla propria domanda di rimborso - ha più volte affermato il principio (cfr. già Cass. sez. 5, 1 agosto 2000, n. 10056, citata dalla CTR nella pronuncia in questa sede impugnata), secondo cui «In tema di imposte dirette sui redditi, sono soggette al prelievo fiscale di cui all'art. 11, comma quinto, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 le somme percepite dal proprietario espropriato [...] dopo l'entrata in vigore della legge in questione, non assumendo alcun rilievo il fatto che il trasferimento sia avvenuto in precedenza ed essendo sufficiente che l'espressione di capacità contributiva, cioè la percezione della somma, sia avvenuta dopo l'entrata in vigore della legge stessa», a ciò conseguendo che «ogni pagamento di somme in dipendenza di procedimenti espropriativi deve essere assoggettato alla ritenuta del 20%, se non sottoposto in precedenza ad INVIM e se conseguito dopo la scadenza del periodo transitorio di cui ai comma nono dell'art. 11 della citata legge n. 413 del 1991 (31 dicembre 1991) e nel pieno vigore della legge stessa» (principio enunciato in controversia in cui le somme furono percepite, dopo l'entrata in vigore della citata legge n. 413/1991 a titolo d'indennità di espropriazione da proprietario di terreni edificabili assoggettati ad espropriazione in forza di decreto emanato nel 1981).

5.2. Detto principio, ribadito in primo luogo da plurime decisioni intervenute nello stesso anno 2000, è stato poi ulteriormente consolidato da nuove pronunce, tra le più recenti delle quali possono ricordarsi Cass. sez. 5, 7 agosto 2015, n. 16619; Cass. sez. 5, 16 febbraio 2012, n. 2194; Cass. sez. 5, 23 novembre 2011, n. 24689; Cass. sez. 5, 5 maggio 2010, n. 10811.

5.3. I dubbi sulla legittimità costituzionale del menzionato art. 11 della I. n. 413/1991 furono disattesi dal giudice delle leggi, dapprima con sentenza Corte cost. 19 gennaio 1995, n. 14, che dichiarò manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, nono comma, della I. n. 413/1991, in riferimento all'art. 53 Cost. e non fondata la questione medesima in riferimento all'art. 3 Cost.

5.4. Per quanto in questa sede rileva è opportuno menzionare ancora Corte cost. ord. 25 luglio 2002, n. 395, che dichiarò manifestamente infondata la sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della I. n. 413/1991, osservando tra l'altro, nell'esegesi del settimo comma dell'articolo in esame che, nel suo secondo periodo, attribuisce al contribuente la facoltà di «optare, in sede di dichiarazione annuale dei redditi, per la tassazione ordinaria, nel qual caso la ritenuta si considera effettuata a titolo di acconto», che detta facoltà consente al contribuente «di dimostrare la non configurabilità, di fatto, di una plusvalenza da esproprio» ed ancora Corte cost. ord. 2 marzo 2004, n. 81, che sulla riproposta questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10 della I. n. 413/1991 in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., ne dichiarò la manifesta inammissibilità.

5.5. Ancora, con specifico riferimento alla doglianza di cui all'unico motivo di ricorso principale, questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 17 gennaio 2013, n. 1124), ritenne manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, settimo comma, della citata I. n. 413/1991 in relazione ai medesimi parametri costituzionali d riferimento, nella parte in cui (primo periodo) prevede che la ritenuta del 20 per cento si applichi sull'intera somma percepita e non sulla sola plusvalenza, disponendo la norma che «Gli enti eroganti, all'atto della corresponsione delle somme di cui ai commi 5 e 6, comprese le somme per occupazione temporanea, risarcimento danni da occupazione acquisitiva, rivalutazioni ed interessi, devono operare una ritenuta a titolo d'imposta nella misura del 20 per cento». Ciò in ragione del fatto che, come già innanzi ricordato, la norma stessa (secondo periodo del citato art. 11, settimo comma, della I. n. 413/1991), attribuisce al contribuente la facoltà di optare, in sede di dichiarazione dei redditi, per la tassazione ordinaria, in base alla quale l'ammontare dell'imposta dovuta è determinato tenendo conto della sola plusvalenza, unitamente alle altre componenti reddituali, dovendosi quindi considerare la ritenuta, in tale ultimo caso, effettuata a titolo di acconto, per cui, solo in caso di esercizio dell'opzione, il contribuente deve procedere al calcolo della plusvalenza nel senso indicato.

5.6. Infine, spostando ancora l'angolo visuale alla prospettazione dei contribuenti nella formulazione del secondo motivo di ricorso incidentale, ulteriori considerazioni volte a sgomberare possibili dubbi di legittimità costituzionale in particolare del nono comma dell'art. 11 della citata I. n. 413/1991, in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., sul rilievo che tale disciplina avrebbe determinato un'ingiustificata differenziazione di situazione omogenee o una lesione del principio di capacità contributiva rispetto alle espropriazioni che invece rimarrebbero indenni da tassazione solo perché l'Amministrazione abbia corrisposto indennità prima del 31 dicembre 1991, furono svolte dalla citata Cass. n. 16619/15. In particolare questa Corte, nella pronuncia da ultimo citata, osservò che «sotto il profilo impositivo, l'unico momento

rilevante è quello della percezione della plusvalenza ed il diverso trattamento costituisce un effetto tipico della disciplina della successione delle leggi nel tempo, il cui decorso costituisce, di per sé, elemento diversificatore» e che «la percezione della plusvalenza concretizza un indice di ricchezza e di capacità contributiva, la cui individuazione è rimessa, così come la nozione di reddito, alla discrezionalità del legislatore, senza che tale disciplina si ponga in contrasto sia con il citato art. 3 sia con la CEDU, la quale concerne soltanto il profilo della tutela del diritto di proprietà, ma non anche gli aspetti fiscali della vicenda espropriativa».

5.7. Nel caso di specie sono pacifici i fatti di causa circa la percezione da parte del sig. G.M. - il quale non aveva esercitato l'opzione di cui al secondo periodo del settimo comma del citato art. 11 della I. n. 413/1991, ciò comportando la determinazione della base imponibile dell'imposta dovuta nella misura de( 20% sull'intera indennità di occupazione percepita - in epoca successiva all'indicato periodo transitorio, dell'anzidetta indennità, il cui titolo era stato emesso nel 1981.

5.8. Va pertanto ulteriormente ribadito il suddetto consolidato orientamento, alla stregua del quale, all'accoglimento dell'unico motivo di ricorso principale, consegue il rigetto del secondo motivo del ricorso incidentale degli eredi del G.M., articolato sull'indirizzo specularmente opposto, da tempo ormai superato dalla richiamata giurisprudenza di questa Corte, di modo che il ricorso incidentale va rigettato.

6. Non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere - cassata la sentenza impugnata in accoglimento del ricorso principale proposto dall'Amministrazione finanziaria - la causa può essere decisa nel merito, con rigetto dell'originario ricorso del contribuente G.M. avverso il diniego opposto dall'Ufficio all'istanza di rimborso del contribuente della ritenuta alla fonte del 20% operata dal Comune erogante sull'intero importo dell'indennità di occupazione percepita dal contribuente nel 1997, a fronte di decreto n. 3/81 del 4 marzo 1981.

7. Avuto riguardo all'andamento della lite, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito, ponendosi a carico dei controricorrenti e ricorrenti incidentali le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in accoglimento del ricorso principale e, decidendo la causa nel merito, rigetta l'originario ricorso del contribuente. Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna i controricorrenti e ricorrenti incidentali al pagamento in solido in favore della ricorrente principale delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1- quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13, se dovuto.