Viola le procedure sulla sicurezza per l'utilizzo del PC: licenziato in tronco il dipendente

Costituisce giusta causa di licenziamento la reiterata condotta del lavoratore, consistente nella violazione delle procedure indicate dall'azienda sulla sicurezza per l'utilizzo del personal computer, dirette a prevenire gravi disservizi e minacce al sistema informatico (Corte di Cassazione, Ordinanza 12 maggio 2022, n. 15218).

La Corte di Appello territoriale, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta dal lavoratore volta ad impugnare il licenziamento per giusta causa intimato dalla società datrice, rilevando, in particolare, che la sanzione disciplinare inflitta fosse proporzionale alla condotta contestata.
Con il suo comportamento il lavoratore, difatti, non aveva tenuto nel dovuto conto il rispetto delle procedure indicate dall'azienda sulla sicurezza per l'utilizzo del personal computer, prescritte proprio al fine di evitare disservizi e minacce alla sicurezza provenienti dall'esterno.
Le modalità ed il numero di violazioni perpetrate dallo stesso alle procedure di sicurezza avevano, dunque, secondo quanto osservato dalla Corte, pregiudicato gravemente l'affidamento nella futura correttezza nell'adempimento della prestazione lavorativa e quindi la fiducia del datore di lavoro, vincolo necessario per la prosecuzione del rapporto;
il comportamento del dipendente assumeva, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, quella connotazione di gravità tale da giustificare la sanzione del licenziamento per giusta causa, in quanto le modalità della condotta rivelavano la sussistenza dell’elemento doloso, desumibile dal numero delle violazioni compiute e dalle plurime operazioni compiute senza autorizzazione alcuna.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il lavoratore, criticando specificamente il giudizio sulla proporzionalità della sanzione inflitta, così come espresso dalla Corte territoriale.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo, invece, pienamente condivisibile il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato, operato in sede di gravame.
La stessa, in primo luogo, ha escluso, nel caso di specie, la natura ritorsiva e dunque nulla del licenziamento, invocata dal lavoratore, ribadendo il principio secondo cui, in tema di licenziamento nullo perché ritorsivo, il motivo illecito addotto ex art. 1345 c.c. deve essere determinante, cioè costituire l'unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale; ne consegue che la nullità deve essere esclusa quando con lo stesso concorra, nella determinazione del licenziamento, un motivo lecito, come una giusta causa, quale quello correttamente ravvisato dalla Corte d’Appello.

Nella medesima pronuncia i Giudici di legittimità hanno ricordato che, in ipotesi di pronuncia sulla giusta causa e sulla proporzionalità del licenziamento, che è frutto di selezione e valutazione di una pluralità di elementi, per ottenere la cassazione della sentenza impugnata il lavoratore ricorrente non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti elementi ovvero un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma deve piuttosto denunciare l’omesso esame di un fatto, avente valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito della controversia con certezza e non con grado di mera probabilità.
Diversamente, nel caso in argomento, il lavoratore si limitava a valorizzare elementi che non sarebbero stati correttamente valutati dai giudici territoriali in luogo di altri, ma nessuno di detti fatti poteva ritenersi autonomamente decisivo; la Corte ha, infine, evidenziato come non assuma valore determinante il mancato riferimento nella sentenza impugnata alla contrattazione collettiva, atteso che, pacificamente, la tipizzazione in essa contenuta non è vincolante, spettando al giudice, come avvenuto nell’ipotesi in esame, la valutazione di gravità del fatto e della sua proporzionalità rispetto alla sanzione irrogata dal datore di lavoro.