Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 febbraio 2021, n. 4759

Tributi - Ripetizione della somma corrisposta in virtù di cartella esattoriale - Richiesta nei confronti del concessionario della riscossione - Diniego - Legittimità - Impugnazione nei confronti dell’ente impositore

 

Rilevato che

 

La "E.M. S.p.A." (nella qualità di incorporante la "M. S.r.l.") ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio l'11 ottobre 2017 n. 5887/07/2017, non notificata, che, in controversia su impugnazione di diniego su istanza di rimborso di credito d'imposta per l'anno 2005, ha respinto l'appello proposto dalla stessa nei confronti dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione (subentrata in corso di causa ad "EQUITALIA SUD S.p.A.") avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma l'8 luglio 2015 n. 15535/32/2015. Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che l'annullamento dell'iscrizione ipotecaria non comportava una pronunzia sulla pretesa tributaria e che l'impugnazione del diniego di rimborso doveva essere proposta nei confronti dell'ente impositore. L'Agenzia delle Entrate - Riscossione si è costituita con controricorso.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo, si deduce violazione o falsa applicazione dell'art. 10 del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, per aver erroneamente ritenuto che la ripetizione della somma corrisposta in virtù di cartella esattoriale non potesse essere richiesta nei confronti del concessionario della riscossione.

2. Con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per non aver pronunciato sul motivo di appello attinente all'omessa notificazione della cartella di pagamento.

3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 8, comma 4, della Legge 27 luglio 2000 n. 212, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che il pagamento dell'imposta costituisse implicito riconoscimento del debito relativo.

 

Ritenuto che

 

1. Il motivi di ricorso - la cui stretta ed intima connessione suggerisce l'esame congiunto - sono infondati.

1.1 E' pacifico che, in tema di disciplina della riscossione delle imposte mediante iscrizione nei ruoli, nell'ipotesi di giudizio relativo a vizi dell'atto afferenti il procedimento di notifica della cartella, non sussiste litisconsorzio necessario tra l'amministrazione finanziaria ed il concessionario della riscossione, né dal lato passivo, spettando la relativa legittimazione all'ente titolare del credito tributario con onere del concessionario, ove destinatario dell'impugnazione, di chiamare in giudizio il primo se non voglia rispondere delle conseguenze della lite, né da quello attivo, dovendosi, peraltro, riconoscere ad entrambi il diritto all'impugnazione nei diversi gradi del processo tributario (ex plurimis: Cass., Sez. Un., 25 luglio 2007, n. 16412; Cass., Sez. 5^, 7 maggio 2014, n. 9762; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2016, n. 22729).

Ne consegue che il contribuente deve proporre l'eventuale impugnazione della cartella di pagamento per difetto di notifica nei confronti dell'ente impositore e non nei confronti del concessionario del servizio di riscossione, non avendo alcun rilievo che l'annullamento dell'ipoteca iscritta sulla base della medesima cartella di pagamento sia stato pronunciato (in separato procedimento), sul medesimo presupposto dell'omessa notificazione, dal giudice tributario nei confronti del concessionario del servizio di riscossione.

Pertanto, l'accertamento in tale sede del vizio attinente alla notificazione della cartella di pagamento (in quanto antecedente logico della nullità dell'iscrizione ipotecaria) ha aveva valore meramente incidentale, non essendo suscettibile di formare cosa giudicata sostanziale ex art. 2, comma 3, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546.

Ne deriva che l'annullamento dell'ipoteca non si poteva estendere alla cartella di pagamento non notificata che ne era stato il presupposto, non involgendo alcuna pronunzia (ancorché implicita) sulla legittimità della pretesa tributaria.

Peraltro, il riferimento al riconoscimento del debito originario, oltre a non costituire autonoma ratio decidendi, rappresenta un'affermazione incidentale ed ultronea, non fornendo alcun contributo argomentativo alla motivazione della decisione sul gravame.

1.2 La Commissione Tributaria Regionale ha fatto corretta applicazione del principio enunciato, rilevando che «nel caso in esame la richiesta di che trattasi andava, eventualmente, diretta all'Ente impositore a cui Equitalia ha rimesso quanto riscosso dall'odierna appellante», trattandosi di «un'ipotesi non risolvibile giuridicamente mediante la condanna di Equitalia», e che «l'effetto restitutorio (...) non sarebbe neppure riconducibile alla sentenza n. 263/32/11 con la quale la CTP di Roma ha annullato l'iscrizione ipotecaria, perché i Giudici tributari (...) hanno esaminato e delibato la legittimità dell'ipoteca, dichiarandola illegittima per mancanza dei presupposti (in particolare per mancata prova dell'avvenuta notifica della cartella presupposto) ma non sono entrati nel merito della pretesa tributaria se dovuta o non dovuta e, comunque, non hanno statuito in ordine alla legittimità dell'imposizione tributaria né ordinato la restituzione delle somme versate di cui si chiede la restituzione».

2. Pertanto, valutandosi l'infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.

3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

4. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida nella somma complessiva di € 4.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; dà atto dell'obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.