Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 gennaio 2021, n. 223

Accertamento - Plusvalenza tassabile - Vendita terreno - Calcolo della base imponibile - Condizioni

 

L'Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Sicilia n. 131/29/13 che ha solo in parte accolto l’impugnativa di T.F., T.G., T.P., quali eredi di V.G., contro la sentenza della CTP di Palermo n. 183/08/11 che ne aveva respinto il ricorso contro l'avviso di accertamento n. RJP05A400577/2009 con il quale l’agenzia aveva accertato, ai fini IRPEF, per l'anno 2004, una plusvalenza di Euro 98.888,00 realizzata a seguito di cessione di un terreno ritenuto edificabile.

Resistono i contribuenti, con controricorso e memoria con la quale eccepiscono il giudicato formatosi sulla stessa questione, con l'ordinanza di questa Corte n. 5326/15, che ha respinto analogo ricorso dell'Agenzia.

 

Motivi della decisione

 

Va, preliminarmente, dato atto che la causa verte in merito ad una plusvalenza tassabile riveniente dalla vendita di un terreno effettuata da diversi proprietari, che hanno contestato autonomamente ma con le identiche argomentazioni, l'operato dell'Agenzia, nei tre gradi di giudizio e che per una delle predette cause questa Corte si è già pronunciata (Cass. n. 5326/15). Questa decisione, pertanto, si conforma pedissequamente a quella ormai divenuta definitiva.

Il ricorso si articola in tre motivi.

- Con il primo motivo la ricorrente assume la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 laddove la CTR ha ridotto la base imponibile accertata al 10% del valore del terreno ceduto,in assenza di una specifica censura in tal senso.

La censura è inammissibile per carenza di autosufficienza non essendo trascritte le argomentazioni a base del ricorso e dell'atto di appello. L'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un "error in procedendo", presuppone comunque l'ammissibilità del motivo di censura" (cfr. Corte cass. 1 sez. 20.9.2006 n. 20405), e quanto alla sussistenza del requisito della "esposizione sommaria dei fatti di causa" di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3) "è necessario che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perché il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate" (cfr. Sentenza n. 21756 del 2014; Cass. n. 15808/2008).

-Con secondo motivo la ricorrente assume vizio motivazionale circa un fatto controverso e decisivo in rapporto all'art. 360 c.p.c., n. 5. La censura è inammissibile stante le modifiche apportate all'art. 360 c.p.c., n. 5 dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b) applicabile al caso in esame. La riformulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è deducibile esclusivamente l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di "sufficienza", nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" (SS.UU. 8053/2014).

- Con terzo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. B) del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2 in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ai fini della tassabilità della plusvalenza sarebbe sufficiente la sola potenzialità edificatoria.

La censura è inammissibile prima che infondata, in quanto priva di specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla Corte regolatrice di adempiere il suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione. Va rilevato che la CTR ha accolto l'appello sul rilievo che <<l'Ufficio nessuna prova concreta ha fornito dell'avvio di un procedimento di modifica di detto piano al momento della cessione... gli elementi indiziari richiamati dall’Ufficio non sono per nulla indicativi dell'avvio da parte del Comune di un procedimento di modifica della destinazione d'uso del terreno.>>

La decisione, infatti, che si basa su una valutazione del materiale probatorio riservata al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata, è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui <<In tema di redditi cd. diversi, ai fini dell'imposizione di cui all'art. 81, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 917 del 1986, deve essere considerato il momento di conclusione del contratto (nella specie, conferimento a titolo oneroso del terreno in una società), nel quale sorge il diritto al pagamento del corrispettivo, senza che assuma rilevanza, nel sistema tavolare, quello in cui si verifica il trasferimento della proprietà con l'iscrizione dello stesso nel libro fondiario, poiché la tassazione non ricade sull'atto, né, tantomeno, sul suo effetto traslativo, bensì sul reddito che ne viene ricavato in termini di plusvalenza.>>(Cass. n. 13657/2018).

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dei contribuenti, delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dei contribuenti, delle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00 oltre spese forfettarie, ed accessori di legge.