Criterio di indennizzabilità Inail per riduzione dell'attitudine al lavoro

Con la sentenza n. 35671/2021 della Corte di Cassazione è stato chiarito che la malattia (o infortunio) denunciata dall'interessato, prima dell'entrata in vigore del D.M. 12 luglio 2000, può dare luogo ad una rendita per inabilità permanente solo in caso di riduzione dell’attitudine al lavoro del richiedente in misura superiore al 10%.

Il caso di specie ha trattato il ricorso presentato dal lavoratore per stabilire in punto di nesso di causalità tra attività lavorativa (banconista) e patologia lamentata (artrosi e varici agli arti inferiori). Il giudice in appello ha accolto la domanda di riconoscimento di tecnopatia condannando l'INAIL al pagamento della rendita in conto capitale, nella misura dell'8 per cento, dei ratei arretrati e degli interessi.
In Cassazione viene presentato ricorso dall'INAIL che viene accolto considerando il fatto che in caso di malattia (o infortunio) denunciata dall'interessato, come nella specie, prima dell'entrata in vigore del D.M. 12 luglio 2000, la stessa deve essere valutata in termini d'incidenza sull'attitudine al lavoro del richiedente, ai sensi dell'art. 74 del d.P.R. n. 1124 del 1965, e può dar luogo ad una rendita per inabilità permanente solo in caso di riduzione di tale attitudine in misura superiore al 10 per cento.
In precedenza, la disciplina relativa alla materia degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, stabilita dal D.P.R. n. 1124 del 1965, prevedeva, un indennizzo dei postumi permanenti rappresentati da una riduzione della capacità lavorativa del dipendente oltre la soglia del 10 per cento, secondo quanto stabilito dall'art. 74 del decreto presidenziale citato, superata anche in caso dì aggravamento successivo dipendente dal medesimo infortunio o malattia professionale (D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, comma 8).