Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 ottobre 2016, n. 20184
Tributi - Società di fatto - Accertamento - Contenzioso tributario - Procedimento - Litisconsorzio necessario
Svolgimento del processo
Nei confronti di S.A.M. venne emesso con riferimento all'anno di imposta 2001 avviso di accertamento per reddito di impresa e valore della produzione netta ai fini IRAP in relazione alla società di fatto con G.F. e V.E. (nei confronti della società era stato accertato un reddito d'impresa pari a £ 294.928.000). La CTP di Genova accolse il ricorso. Sempre nei confronti di S.A.M. venne emesso con riferimento al medesimo anno di imposta 2001 avviso di accertamento per maggiore imponibile IRPEF pari a £ 98.329.000 in relazione alla quota di partecipazione in società di fatto con G.F. e V.E. (nei confronti della società era stato accertato un reddito d'impresa pari a £294.928.000). La CTP di Genova accolse il ricorso. Nei confronti di G.F. venne emesso con riferimento al medesimo anno di imposta 2001 avviso di accertamento per maggiore imponibile ai fini IRPEF di £98.329.000 in relazione alla quota di partecipazione in società di fatto con G.F. e V.E. (nei confronti della società era stato accertato un reddito d'impresa pari a £294.928.000). Nei confronti sempre di G.F. venne emesso con riferimento al medesimo anno di imposta 2001 avviso di accertamento per reddito di impresa e valore della produzione netta ai fini IRAP in relazione alla società di fatto con G.F. e V.E. (nei confronti della società era stato accertato un reddito d'impresa pari a £294.928.000). La CTP di Genova accolse il ricorso. La CTR della Liguria rigettò gli appelli proposti dall'Ufficio nei confronti delle sentenze sulla base della seguente comune motivazione.
L'attività imprenditoriale in forma societaria richiede sia il requisito dell'apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi sia l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi di tale vincolo (nel caso di appartenenti alla stessa famiglia la prova dell'esteriorizzazione del vincolo deve essere particolarmente rigorosa). Gli elementi raccolti dalla GdF sono privi dei caratteri di gravità, precisione e concordanza. Essi evidenziano l'esistenza di una serie di operazioni miranti a realizzare un profitto attraverso operazioni immobiliari, ma tali operazioni non dimostrano l'esistenza di un vincolo societario fra le persone che le hanno poste in essere. Ciò che è emerso è una attività negli anni dal 1994 al 2001 di informativa da parte dei coniugi S. e G., ed occasionalmente da parte della S., ad amici e conoscenti dell'esistenza di case in vendita, mentre la S. offriva i propri servizi in qualità di architetto, spesso senza incarico. Da tali elementi non è possibile desumere il conferimento di servizi per l'esercizio di attività svolta in forma societaria, né tale conferimento può essere desunto dal solo fatto che la V. nel 1993 aveva regolarmente esportato in Francia la somma di £ 63.000.000 per finanziare operazioni di compravendita. Non sussiste inoltre la prova di ripartizione degli utili, ma solo di profitti ricavati dai singoli per le operazioni immobiliari poste in essere.
Ha proposto ricorsi per cassazione l'Agenzia delle Entrate sulla base di sei motivi (proc. n.r.g. 4144/2011) e di cinque motivi (proc. n.r.g. 4151/2011, proc. n.r.g. 4167/2011 e proc. n.r.g. 10426/2011).
Motivi della decisione
Va preliminarmente disposta la riunione dei procedimenti trattandosi del medesimo anno d'imposta.
Con il primo motivo di ciascun ricorso si denuncia violazione degli artt. 14 e 29 d. leg. n. 546/1992 ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c. Lamenta la ricorrente che risulta violata la disciplina sul litisconsorzio necessario fra i soci e la società da cui la nullità del procedimento a partire dalla pronuncia di primo grado.
Con il secondo motivo di ciascun ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., in combinato disposto con gli artt. 2247 e 2251 c.c., 5 TUIR, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la ricorrente di avere nell'atto di appello esposto che dal p.v.c. era emersa la concludenza dei comportamenti assunti dai soggetti nel senso dell'esistenza della società di fatto, ed in particolare: quanto al raggiungimento del fine societario era emerso che i tre soci avevano condotto, con sistematicità e abitualità, un'attività caratterizzata da affissione di cartelli pubblicitari, sopralluoghi, ecc.; quanto al conferimento di beni e servizi la V. nel 1993 aveva esportato in Francia la somma di £ 63.000.000 al fine di costituire un fondo per finanziare tutte le operazioni di compravendita; quanto allo scopo di lucro i soggetti in questione avevano provveduto sistematicamente all'acquisto di beni immobili che non venivano destinati ad uso personale, ma venduti e locati entro pochi mesi dall'acquisto, dopo un sopralluogo effettuato dall'ing. G.; anche dalle indagini bancarie erano emersi elementi a sostegno della società di fatto (in particolare la dazione in contanti di £145.000.000 a fronte di un immobile con prezzo dichiarato di £54.000.000 in franchi francesi). Lamenta quindi la ricorrente che l'appello è stato disatteso sul presupposto che fosse onere dell'Ufficio dimostrare il maggior reddito da partecipazione, laddove è il contribuente, ove l'Ufficio fornisca la prova del fatto storico alla base della irregolare sussistenza di una società di fatto, a dover esporre l'elemento reddituale negativo.
Con il terzo motivo di ciascun ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2247 e 2251 c.c., ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la ricorrente che la CTR ha affermato che ai fini di poter ritenere sussistente la società era necessaria una maggiore ufficializzazione dell'eventuale contratto sociale posto in essere, laddove per la società di fatto non sono richieste forme speciali, è sufficiente nei rapporti interni la consapevolezza di agire di comune accordo e nei rapporti esterni è sufficiente che venga ingenerato l'affidamento circa l'esistenza della società.
Con il motivo 3 bis di ciascun ricorso si denuncia insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. La ricorrente ripropone la precedente censura ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c.
Con il quarto motivo di ciascun ricorso si denuncia insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che, a fronte delle circostanze evidenziate nell'atto di appello ed indicate nel secondo motivo, la CTR si è limitata ad affermazioni apodittiche, in ordine alla carenza dei presupposti di gravità, precisione e concordanza, senza illustrare il percorso logico della decisione.
Con il quinto motivo di ciascun ricorso si denuncia insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Osserva la ricorrente che la CTR non ha tenuto conto delle circostanze evidenziate nell'atto di appello ed indicate nel secondo motivo.
Con il sesto motivo, proposto esclusivamente nel proc. n.r.g. 4144/2011, si denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c. ai sensi dell'art. 360 n. 4 c.p.c. Espone la ricorrente che un motivo di gravame aveva ad oggetto la tesi della contribuente, condivisa dalla CTP, secondo cui doveva trovare applicazione la convenzione contro le doppie imposizioni, e che la CTR aveva omesso di pronunciare sul motivo.
Il primo motivo di ciascun ricorso è fondato. Secondo l'orientamento di questa Corte, in materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è alta base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci - salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. s. u. 4 giugno 2008, n. 14815; conformi Cass. 18 maggio 2009, n. 11459; 25 luglio 2012, n. 13073; 18 ottobre 2012, n. 17925; 14 dicembre 2012, n. 23096; 17 gennaio 2013, n. 1047).
I soggetti considerati dall'Ufficio quali soci non sono stati parte dello stesso procedimento. Non ricorrono peraltro i presupposti per la riunione e la trattazione unitaria dei procedimenti nella presente sede dì legittimità (cfr. Cass. 18 febbraio 2010 n. 3830) perché manca la controversia che dovrebbe vedere come parte V.E.. Il contraddittorio va pertanto integrato nei confronti di quest'ultima innanzi al giudice tributario.
I ricorsi devono essere accolti con assorbimento degli ulteriori motivi, in quanto l'intero rapporto processuale si è sviluppato in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14; quindi, vanno cassate le sentenze impugnate e quelle di primo grado e le cause riunite vanno rinviate ad alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova in diversa composizione, per la celebrazione del giudizio di primo grado nei confronti di tutti i litisconsorti necessari. Il giudice del rinvio dovrà disporre l'integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14.
P.Q.M.
Dispone la riunione al presente procedimento dei procedimenti n.r.g. 4151/2011, n.r.g. 4167/2011 e n.r.g. 10426/2011; accoglie il primo motivo dì ricorso in ciascuno dei procedimenti riuniti, con assorbimento degli ulteriori motivi, e cassa le sentenze impugnate e quelle di primo grado, con rinvio alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di Cassazione.