Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 luglio 2017, n. 18691

Rapporto di lavoro - Liquidazione coatta amministrativa - Integrazione della retribuzione ed accessori - Anzianità maturata

 

Rilevato che

 

Con sentenza del 16 maggio 2007 il Tribunale di Palermo accolse parzialmente l'opposizione proposta da M.S. avverso lo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della S. S.p.a., ammettendo al passivo, in prededuzione, i crediti fatti valere dall'opponente per integrazione della retribuzione ed accessori, anzianità maturata e risarcimento del danno per mancato riconoscimento della predetta anzianità, nella misura risultante dai conteggi prodotti dal commissario liquidatore;

che il gravame interposto dal S. è stato rigettato con sentenza del 4 maggio 2015, con cui la Corte d'appello di Palermo ha accolto l'appello incidentale proposto dalla S., dichiarando prescritto il credito per integrazioni retributive relativo al periodo compreso tra il 28 aprile 1986 ed il 13 agosto 1990;

che avverso la predetta sentenza il S. ha proposto ricorso per cassazione, per tre motivi, al quale la S. ha resistito con controricorso;

che il Collegio ha deliberato, ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016, che la motivazione dell'ordinanza sia redatta in forma semplificata.

 

Considerato che

 

In quanto relativo ad una procedura di liquidazione coatta amministrativa apertasi in data anteriore a quella di entrata in vigore del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, il presente giudizio, ai sensi dell'art. 150 del predetto decreto legislativo, risulta assoggettato alla disciplina dettata dallo art. 99 del r.d. 16 marzo 1942, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall'art. 84 del medesimo decreto (cfr. Cass., Sez. I, 24/07/2015, n. 15567; Cass., Sez. VI, 3/09/2013, n. 20168);

che, ai fini del ricorso per cassazione, trova pertanto applicazione il termine dimidiato previsto dal quinto comma dell'art. 99, operante anche per la liquidazione coatta amministrativa, in virtù del richiamo di cui all'art. 209 della legge fall., e decorrente dalla notificazione della sentenza impugnata, per effetto della dichiarazione d'illegittimità costituzionale della medesima disposizione, pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 152 del 1980 (cfr. Cass., Sez. I, 25/09/2014, n. 20291; Cass., Sez. VI, 23/05/2013, n. 12767; 23/07/2007, n. 16217);

che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, l'applicabilità del predetto termine non è esclusa dalla natura del credito fatto valere con l'opposizione, in quanto la riconducibilità dello stesso ad un rapporto di lavoro subordinato non è di per sé sufficiente a giustificare l'applicazione del rito speciale previsto per le controversie in materia di lavoro, costituendo l'opposizione allo stato passivo un'azione tipica del fallimento, da proporsi nelle forme appositamente previste e dinanzi al tribunale fallimentare, anche nel caso in cui si facciano valere diritti derivanti da un rapporto di lavoro con il debitore fallito, con la conseguenza che anche la relativa sentenza resta ancorata alle forme sue proprie nelle fasi ulteriori di gravame (cfr. Cass., Sez. I, 3/05/2005, n. 9163; 9/05/1986, n. 3084; 12/04/1979, n. 2164);

che nella specie il ricorso risulta notificato alla controricorrente il 5 novembre 2015, e quindi oltre il trentesimo giorno dalla notificazione della sentenza impugnata, effettuata l’11 settembre 2015;

che l'impugnazione va pertanto dichiarata inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso art. 13.