Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 novembre 2020, n. 26762

Tributi - Avviso di accertamento - Ritualità della notifica - Questione rilevata d’ufficio dal giudice d’appello - Vizio di ultrapetizione

 

Rilevato che

 

L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 99/22/12, depositata l'1.10.2012 dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la quale, confermando la decisione del giudice di primo grado, era annullato l'avviso di accertamento notificato a G. R.. L'Ufficio ha riferito che il contenzioso aveva tratto origine da una verifica condotta a carico di diversi soggetti in ordine alla gestione della "G. R. e C.N. s.n.c.", per operazioni poste in essere con la partecipazione dei soci e delle società D.M.O. srl, cui era subentrata la P.M. s.r.l.

L'Amministrazione finanziaria, ritenendo che tali operazioni avessero il solo intento elusivo di ridurre l'imponibile della società, aveva accertato per l'anno d'imposta 2004 un maggiore imponibile della società e conseguentemente un maggior reddito da partecipazione del G.R.

A questi dunque era stato notificato a mezzo di messo comunale l'atto impositivo oggetto della presente lite, con consegna presso il Comune in data 21.12.2009, ricevuto il 9.01.2010.

Il successivo giudizio dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Varese era esitato nella sentenza n. 19/12/2011, che aveva accolto le ragioni del contribuente, annullando l'avviso di accertamento. L'appello dell'Agenzia era stato rigettato con la sentenza ora al vaglio della Corte. Il giudice regionale aveva rilevato, d'ufficio, che la notifica stessa dell'avviso di accertamento fosse inesistente per mancata esecuzione a mezzo del messo notificatore, cui l'Ufficio aveva fatto ricorso ex art. 60, d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, e che comunque l'Agenzia fosse decaduta dal potere d'accertamento, per l'inutile decorso del termine previsto dall'art. 43, ratione temporis vigente.

L'Agenzia ha censurato con tre motivi la pronuncia: con il primo per violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., per aver considerato giuridicamente inesistente la notifica eseguita, pur non essendo stata mai posta in discussione la mancanza di qualifica di messo comunale dell'operatore che aveva provveduto alla stessa;

con il secondo per violazione e falsa applicazione dell'art. 43, d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per aver erroneamente ritenuto che l'atto impugnato fosse stato notificato oltre il termine di decadenza dal potere accertativo;

con il terzo per violazione e falsa applicazione dell'art. 60, d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, dell'art. 56, d.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, e art. 160 c.p.c., in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., per aver erroneamente ritenuto che per il perfezionamento della notifica fosse necessaria la consegna dell'atto al destinatario e non all'ufficio notificatore, nel caso specifico al Comune.

Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza, con ogni consequenziale statuizione.

Si è costituito il contribuente, che ha in via preliminare eccepito l'inammissibilità del ricorso per violazione dell'art. 366, n. 3, c.p.c. per carenza nella esposizione dei fatti. Nel merito ha contestato il fondamento delle opposte censure, chiedendo il rigetto del ricorso.

Ha inoltre spiegato ricorso incidentale condizionato, per violazione e falsa applicazione dell'art. 60, d.P.R. n. 600 del 26 settembre 1973, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per l'erronea affermazione secondo cui la notificazione si riterrebbe perfezionata dalla data di ricezione dell'atto da notificare da parte del messo comunale, con un effetto anticipatorio non previsto da alcuna disciplina. Ha infine chiesto, nell'ipotesi di cassazione della sentenza, che il giudice del rinvio venga investito anche delle questioni ritenute assorbite nel giudizio d'appello.

Il controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., in cui ha anche chiesto, per l'ipotesi di accoglimento del ricorso dell'Agenzia, che il giudice del rinvio provveda ad applicare il regime sanzionatorio più mite introdotto con d.lgs. n. 158 del 2015.

 

Considerato che

 

Esaminando preliminarmente l'eccepita inammissibilità del ricorso per violazione della prescrizione contenuta nell'art. 366, n. 3 c.p.c., per mancata esposizione sommaria dei fatti, essa è infondata, sia perché non pertinente la denuncia di omessa indicazione del contenuto della motivazione dell'atto impositivo, sia perché è inesatto ritenere che il ricorrente incorra in quel vizio per non aver esposto i fatti "in maniera rispondente alla realtà". Tale critica infatti afferisce al merito del ricorso non alla ritualità del medesimo.

Venendo ora al merito, il primo motivo è fondato e trova accoglimento.

L'Amministrazione finanziaria ricorrente si duole della nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione. In particolare il giudice regionale ha sollevato "d'ufficio" una questione, ossia la ritualità della notificazione, eseguita ai sensi dell'art. 60, primo comma, lett. a), d.P.R. n. 600 del 1973, non a mezzo di messo notificatore, bensì a mezzo di agente della polizia locale.

Sennonché la questione, pacificamente mai eccepita dalle parti, né mai oggetto di esame nel contraddittorio delle stesse, non poteva essere sollevata dal giudice d'appello neppure astrattamente, implicando una valutazione in merito all'assetto organizzativo del personale del Comune di Angera.

È peraltro principio affermato da questa Corte quello secondo cui la notificazione di un atto tributario effettuato dal messo comunale, il cui provvedimento di nomina sia illegittimo, non è inesistente ma è affetta da nullità, sanabile non solo a seguito di costituzione in giudizio della parte, ma anche in ogni altro caso in cui sia raggiunta la prova dell'avvenuta comunicazione dell'atto notificato (Cass., 27375/2008; cfr. anche 8625/2004).

Il principio, che questo collegio condivide, trova fondamento nella considerazione che la validità di un avviso di accertamento dipende dall'esistenza dei requisiti stabiliti dalle singole leggi d'imposta e non dalla ritualità della sua notificazione, che integra un atto distinto e successivo ì esclusivamente finalizzato a portare a conoscenza del contribuente la pretesa dell'ente impositore. La sua notificazione dunque, quand'anche affetta da nullità, rimane sanata, con effetto ex tunc, dalla tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso tale avviso, atteso che l'art. 60, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 richiama espressamente le "norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti del codice di procedura civile", così rendendo applicabile l'art. 160 del codice medesimo, il quale, attraverso il rinvio al precedente art. 156, prevede appunto che la nullità non può mai essere pronunciata se l'atto ha raggiunto il suo scopo.

Anche il secondo, nei limiti qui appresso chiariti, e il terzo motivo sono fondati.

Con essi l'Amministrazione finanziaria ha lamentato l'erronea affermazione del giudice d'appello, secondo cui l'atto impositivo impugnato sia stato notificato oltre il termine di decadenza dal potere accertativo, ritenendo peraltro che la notifica si perfezioni solo con la consegna dell'atto al destinatario e non all'ufficio notificatore, cioé al Comune.

Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha affermato che la notificazione degli atti tributari, ove effettuata tramite richiesta al Comune di provvedervi a mezzo di messo comunale, si perfeziona per l'Amministrazione finanziaria con la consegna dell'atto al Comune e non al messo comunale, che s'incardina nell'ente territoriale, per cui è da tale momento che decorre il termine di decadenza dell'azione impositiva, essendo invece irrilevante la materiale ricezione dell'atto da parte di quel messo (Cass., 2030/2017).

Si è infatti più specificamente affermato che «Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di notifica degli avvisi di accertamento tributario, qualora l'Amministrazione finanziaria, avvalendosi della facoltà di cui all'art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, faccia richiesta al Comune di provvedere all'incombente a mezzo di messi comunali si instaura, tra Amministrazione ed ente locale, un rapporto di preposizione gestoria che deve essere qualificato come mandato "ex lege", la cui violazione costituisce, se del caso, fonte di responsabilità esclusiva a carico del Comune, non essendo ravvisabile l'instaurazione di un rapporto di servizio diretto tra l'Amministrazione finanziaria e i messi comunali, che operano alle esclusive dipendenze dell'ente territoriale -cfr. Cass. 23679/2008; Cass. n. 23462/2010; v., anche Cass. S.U. n.6409/2005 a proposito dell'inserimento organico del messo comunale nella struttura dell'ente locale-. Ciò conferma che il messo comunale, in quanto incardinato nell'amministrazione locale di appartenenza, non costituisce un autonomo organo istituzionale dotato di competenze autonome e distinte dal Comune, immedesimandosi dunque nell'ente locale. Da ciò consegue che correttamente la CTR ha tenuto in considerazione, ai fini del decorso del termine di decadenza dall'azione impositiva, il momento di consegna dell'atto al comune nel quale si incardina la figura professionale del messo comunale, non essendo in alcun modo ipotizzabile altra diversa data di effettiva consegna dell'atto a detto ufficio, apparendo pertanto del tutto irrilevante l'epoca di materiale ricezione dell'atto da notificare al messo comunale medesimo.».

A questi principi non si è attenuto il giudice regionale.

La questione sollevata sempre con il secondo motivo, relativa al raddoppio dei termini, previsto dall'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 cit., ratione temporis vigente, è assorbito dalle conclusioni appena esplicitate.

Le ragioni di accoglimento dei motivi del ricorso principale spiegano effetti anche sul motivo formulato dal contribuente nel ricorso incidentale, che va rigettato. A tal fine, a fronte di un principio generale di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario, sancita nell'art. 149 c.p.c., una interpretazione dell'art. 60, primo comma, lett. a) costituzionalmente orientata non può che riconoscere la sua applicazione anche in questa fattispecie.

In conclusione, ai fini della verifica sulla tempestività o meno della notifica dell'atto impositivo, occorreva fare riferimento, per l'Amministrazione finanziaria, alla consegna dell'atto al Comune.

La sentenza va dunque cassata in ragione dell'accoglimento dei motivi del ricorso principale.

Alla cassazione della sentenza segue il rinvio del giudizio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che in diversa composizione, oltre che sulle spese del giudizio di legittimità, provvederà a decidere la causa, tenendo conto del principio di diritto formulato, nonché in ordine a tutte le questioni non ancora decise, compresa la determinazione delle sanzioni applicabili.

 

P.Q.M.

 

accoglie i motivi primo, secondo, nei limiti esposti in parte motiva, e terzo del ricorso principale, assorbito il secondo per quanto non accolto; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata per quanto accolto del ricorso principale e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di legittimità. In riferimento al rigetto del ricorso incidentale, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del co. 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.