Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 25 luglio 2017, n. 18285

Rapporto di lavoro - Assistente di volo - Esenzione dall'obbligo di prestare lavoro notturno - Art. 53, co. 2, lett. b), D.Lgs. n. 151/2001 - Esclusione

 

Fatti di causa

 

Con sentenza n. 7185/2013, depositata il 12 novembre 2013, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, che aveva respinto la domanda di S.V., dipendente di A. - (...) S.p.A. con mansioni di assistente di volo, diretta ad ottenere - in virtù delle disposizioni di cui all'art. 53, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 151/2001 - l'inserimento in turni tali da consentirle l'attività lavorativa tra le ore 6.00 e le ore 24.00 quanto meno nei quindici giorni mensili di affidamento dei figli minori.

La Corte osservava, a sostegno della propria decisione, come il decreto legislativo n. 66 del 2003, in materia di orario di lavoro, recante, all'art. 11, l'esenzione dall'obbligo di prestare lavoro notturno per la lavoratrice o il lavoratore che sia unico affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni, non trovi applicazione al personale di volo nell'aviazione civile (art. 2) e come, d'altra parte, tale causa di esonero dal lavoro notturno non sia prevista dal d.lgs. n. 185 del 2005, contenente, in attuazione della Direttiva 2000/79/CE, la speciale disciplina dell'organizzazione dell'orario di lavoro per detto personale: ciò che, ad avviso della Corte, indicava la chiara volontà del legislatore (anche comunitario) di escludere il personale di volo dall'applicazione della normativa generale sull'orario di lavoro, stante la necessità di realizzare un contemperamento dell'interesse dei lavoratori con il peculiare carattere del lavoro del personale di volo.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la lavoratrice con unico articolato motivo; la società ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Ragioni della decisione

 

Con l'unico motivo proposto la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 53 del decreto legislativo n. 151/2001, degli artt. 2 e 19, comma 2, d.lgs. n. 66/2003 e dell'art. 7 d.lgs. n. 185/2005, nonché delle Direttive 93/104/CE e 2000/34/CE e del CCNL di settore (art. 21): in sostanza, la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia erroneamente ritenuto abrogate (dall'art. 19, comma 2, d.lgs. n. 66/2003), per il personale di volo dell'aviazione civile, anche le disposizioni di cui all'art. 53 d.lgs. n. 151/2001, in tema di limitazioni al lavoro notturno dettate a tutela della maternità e paternità, in luogo di quelle soltanto aventi specificamente ad oggetto la disciplina dell'organizzazione dell'orario di lavoro; dubita della legittimità costituzionale - in relazione agli artt. 3, 31, 37 e 41 Cost. - della norma di cui all'art. 19, comma 2, cit., nonché dell'art. 2 d.lgs. n. 66/2003, nella parte in cui esclude dal campo di applicazione della nuova disciplina il personale di volo dell'aviazione civile; osserva che la Direttiva 2000/79/CE, relativa all'attuazione dell'accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del suddetto personale, contiene una clausola di non regresso, così che la disciplina introdotta con il d.lgs. n. 185/2005, che tale Direttiva aveva attuato, non avrebbe potuto comportare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori negli ambiti dalla stessa trattati; deduce infine come il CCNL di settore rinviasse, all'art. 21, per la tutela della maternità e della paternità, alle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 151/2001 e successive modifiche e integrazioni.

Ciò posto, si ritiene che il ricorso non possa trovare accoglimento.

La sentenza impugnata rileva (p. 4) che "la materia della organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile ... ha trovato una specifica disciplina legislativa in virtù dell'emanazione del D.L.vo n. 185 del 2005", concernente l'attuazione della Direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile; rileva poi che tale decreto legislativo "contiene", all'art. 7, "una peculiare disciplina dell'esonero dal lavoro notturno, che non contempla in alcun modo le causali rivendicate" dalla lavoratrice, "bensì solo l'esonero nei casi in cui il personale di volo abbia problemi di salute aventi nesso riconosciuto con il fatto che presta anche lavoro notturno, secondo quanto analogamente previsto dall'art. 15 del D.L.vo n. 66/03"; osserva infine "come il mancato richiamo da parte del D.L.vo 185/05 alle altre disposizioni in tema di limitazioni di lavoro notturno, contenute invece nell'art. 11 del D.L.vo 66/03, evidenzia la chiara volontà del legislatore (anche comunitario) di escludere il personale di volo dall'applicazione della direttiva generale sull'orario di lavoro", per esso risultando "emanata una apposita direttiva, la quale reca una disciplina di carattere speciale, al fine di contemperare l'interesse dei lavoratori con il peculiare carattere del lavoro del personale di volo".

Da tale rilievi, che esattamente identificano in quella del d.lgs. n. 185/2005 la disciplina esclusiva dell'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile, discende, in primo luogo, il difetto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, così come posta dalla ricorrente e cioè con riferimento agli artt. 2 e 19 d.lgs. n. 66/2003, la costituzionalità di tali norme di legge non venendo a incidere sulla decisione che il giudice deve assumere.

D'altra parte, è del tutto condivisibile l'ulteriore rilievo della Corte di merito, là dove (cfr. ancora sentenza, p. 4), individuando come baricentro della normativa speciale (comunitaria e nazionale) il fine di un contemperamento dell'interesse dei lavoratori con il peculiare carattere del lavoro svolto dal personale di volo, sottolinea come tale specifico lavoro sia "strutturalmente articolato su avvicendamenti che comportano anche il pernottamento fuori sede".

Tale circostanza, che costituisce un tratto peculiare e necessario del lavoro del personale di volo, è da ritenersi già di per sé sufficiente a giustificarne la particolare disciplina, che si è realizzata sia nella direzione della positiva adozione di misure di tutela della salute (in tal senso, e in particolare, la previsione contenuta nell'art. 7, comma 2, d.lgs. n. 185/2005, per la quale Il personale di volo "che abbia problemi di salute aventi nesso riconosciuto con il fatto che presta anche lavoro notturno" ha diritto, previa valutazione da parte degli organismi medici competenti, ad essere "assegnato ad un lavoro diurno in volo o a terra per cui è idoneo"); sia nella direzione di una mancata riproduzione, nell'ambito complessivo delle misure di protezione, delle norme già presenti nel d.lgs. n. 66/2003, in materia di tutela della maternità e della paternità (art. 11, comma 2, lettere a e b).

Né potrebbe ipotizzarsi, da un lato, un vuoto di tutela normativa da parte del legislatore nazionale chiamato ad attuare la Direttiva 2000/79/CE, la quale individua come propri obiettivi "la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori" (Considerando n. 11), perfettamente in linea, del resto, con l'Accordo sottoscritto dalle parti sociali a livello comunitario, di cui la Direttiva in esame dà attuazione, accordo che all'art. 4 prevede le stesse misure di protezione poi trasfuse nell'art. 7 d.lgs. n. 185/2005; dall'altro, ipotizzarsi una violazione della clausola di non regresso (Considerando n. 15 e n. 16; art. 2 della Direttiva), posto che già il d.lgs. n. 66 del 2003 aveva escluso dal proprio campo di applicazione, insieme ad altre categorie di lavoratori, il "personale di volo nell'aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE" (art. 2, comma 1).

Quanto, poi, alla dedotta violazione o falsa applicazione dell'art. 21 CCNL per il personale dipendente di A. - (...) S.p.A., si osserva come la ricorrente si limiti a riprodurre parte del testo della norma di fonte collettiva, e cioè la parte di esso in cui viene precisato che le parti rinviano alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 151/2001 e successive modifiche ed integrazioni, senza peraltro fare oggetto di specifica censura il rilievo del giudice di merito, che ha chiaramente affermato "il carattere dinamico" del rinvio, tale da comprendere fatti e vicende, posteriori al suddetto decreto, di natura e con effetto abrogativo.

Il ricorso deve conclusivamente essere respinto.

La novità della questione giustifica la compensazione per intero delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, dichiara interamente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.