Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 novembre 2019, n. 28696

Tributi - Verifica presso l’azienda - Permanenza degli accertatori - Superamento del termine ex art. 12, co. 5, della L. n. 212 del 2000 - Conseguenze - Inutilizzabilità delle prove raccolte - Esclusione

 

Fatti di causa

 

1. La Commissione tributaria regionale per la Lombardia in Brescia ha confermato la decisione di primo grado che aveva solo parzialmente accolto il ricorso presentato da L.C., titolare dell'Azienda Agricola P., avverso l'avviso di accertamento n. R0Z010100166 relativo a maggiori imposte a fini Irpef, Irap e Iva in relazione all'anno di imposta 2003.

2. Ha rilevato il giudice di appello: a) che la permanenza degli accertatori presso l'azienda per l'espletamento della verifica oltre il termine di legge previsto dall’art. 12 della legge n. 212 del 2000 non comportava alcuna sanzione; b) che l'atto impugnato era correttamente motivato, atteso che l'elenco della documentazione rilevata come mancante era stata preventivamente notificata o comunicata alla parte; c) che non sussistevano ragioni giuridico - economiche idonee a giustificare lo sconto operato dal ricorrente alla sua ditta P., il che legittimava la ripresa a tassazione; d) che il metodo induttivo adoperato per la ripresa a tassazione dei maggiori ricavi su un quantitativo di uova non era corretto, siccome basato su contratti eterogenei e spalmati su un arco temporale troppo ampio, il che non dimostrava la contestata abnormità della percentuale di ricarico.

3. Per la cassazione della citata sentenza L.C. ricorre con quattro motivi, resistiti dall'Agenzia delle Entrate con controricorso, contenente ricorso incidentale per un motivo. Con memoria depositata in data 11 settembre 2019, notificata alla controparte, si sono costituiti F.E., C.G. e C.A., quali eredi beneficiati di C.L..

 

Ragioni della decisione

 

1. Il ricorso principale lamenta:

a. Primo motivo: «Nullità della sentenza (motivazione "per relationem"» deducendo la violazione dell'art. 132 cod. proc. civ. atteso che la sentenza impugnata avrebbe motivato in maniera laconica, limitandosi a un rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado.

b. Secondo motivo: «Violazione dell'art. 12/5 Legge n. 212/2000 (nella formulazione vigente all'epoca dei fattoi di causa)» deducendo l'erroneità della sentenza laddove ha ritenuto priva di conseguenze la violazione del termine massimo di permanenza degli operatori presso l'azienda.

c. Terzo motivo: «Nullità della sentenza; violazione dell'art. 12/7 Legge 27 luglio 2000 n. 212» deducendo l'omessa motivazione in ordine alla mancanza di motivazione del provvedimento impugnato in relazione alle argomentazioni difensive del contribuente.

d. Quarto motivo: «Nullità della sentenza; vizio di motivazione; motivazione apparente, mancato riesame dei motivi di gravame» deducendo l'omessa motivazione in ordine al quarto e quinto motivo di appello del contribuente.

2. Il ricorso incidentale lamenta «Violazione e falsa applicazione dell'art. 39 a.c. lett d) del DPR 600 del 1973» deducendo l'erroneità della sentenza, laddove ha negato che la ricostruzione dei ricavi sia avvenuta in base all'analisi analitica delle fatture di acquisto, pienamente idonee a fondare l'accertamento induttivo del maggior reddito contestato.

3. I ricorsi vanno respinti.

4. In relazione al ricorso principale:

a. Il primo motivo è infondato. La motivazione per relationem determina la nullità della sentenza solo ove consti di una generica condivisione della ricostruzione in fatto delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse alla luce dei motivi di gravame (Cass. Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Sez. 5, Sentenza n. 20648 del 14/10/2015, in adesione al principio espresso da Sez. U, Sentenza n. 14814 del 04/06/2008). Nella specie, la CTR non si è limitata a un generico rinvio, ma ha ripercorso l’iter argomentativo della sentenza di primo grado, dimostrando così di condividerne specificamente il contenuto, in base peraltro a motivi di censura che ha qualificato come meramente ripetitivi di quelli esposti nel ricorso introduttivo.

b. Il secondo motivo è infondato, essendosi la sentenza impugnata adeguata all'insegnamento di questa Corte secondo cui, in tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall'art. 12, comma 5, della I. n. 212 del 2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l'invalidità degli atti compiuti o l'inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati (Sez. 5, Sentenza n. 2055 del 27/01/2017; Sez. 5, Sentenza n. 7584 del 15/04/2015; Sez. 5, Sentenza n. 16323 del 17/07/2014).

c. Il terzo motivo è infondato. Nella parte in "Fatto" la sentenza impugnata, nell'enucleare i motivi di appello proposti dal contribuente, cita espressamente la questione del difetto di motivazione del provvedimento siccome emesso in violazione dell'art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000; sicché deve ritenersi che nella parte "Motivi della decisione", allorquando viene respinta la doglianza inerente al vizio di motivazione del provvedimento, la CTR abbia inteso rispondere alla dedotta censura, richiamando peraltro la completezza della documentazione fornita al contribuente per l'esercizio del proprio diritto di difesa. In proposto, peraltro, va detto che dall'esame del III motivo di appello, ritrascritto in ricorso, cui questa Corte è legittimata dall'allegazione di un error in procedendo, si evince che la censura era assolutamente generica, non circostanziando a quali atti o documenti difensivi facesse riferimento, né indicando quando e dove essi fossero stati specificamente introdotti nel processo, sì da apparire assolutamente generica e, come tale, inidonea a far scattare un obbligo di specifica motivazione sul punto.

d. Il quarto motivo è parimenti infondato, per le stesse ragioni illustrate per pervenire alla reiezione del primo motivo, dovendosi ribadire che il giudice di appello ha sì l'obbligo di replicare alle censure che gli sono sottoposte, a condizione tuttavia che le stesse non consistano in una mera riproposizione di quelle proposte in primo grado; ciò che, in disparte l'eventuale applicazione della sanzione di inammissibilità del gravame, di certo legittima il giudice di secondo grado a ripercorrere le stesse argomentazioni utilizzate da quello di primo grado, senza incorrere in alcun vizio di apparenza motivazionale.

5. Il ricorso incidentale è inammissibile perché, in violazione dei criteri di specificità previsti dagli artt. 366 primo comma n. 6 e 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., non contiene alcuna trascrizione o specifico rinvio ad atti e documenti precedentemente depositatati nel processo da cui sia possibile dimostrare la specificità degli elementi probatori su cui si basava la ripresa a tassazione per la fatturazione del prodotto dell'azienda agricola (uova), finendo per rivelarsi un'inammissibile diversa prospettazione di parte, come tale inidonea a dimostrare il denunciato vizio di violazione dei criteri legali legittimanti l'accertamento induttivo.

6. La reciproca soccombenza implica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.