Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 27 luglio 2017, n. 18739

Lavoro - Collaboratrici scolastiche - Reiterati contratti a tempo determinato - Successione - Illegittimità

 

Rilevato che

 

1. il Tribunale di Ascoli Piceno ha accolto le domande proposte da E. D'A., G. P., R. F. e G. G., assunte con reiterati contratti a tempo determinato con la qualifica di collaboratrici scolastiche, e, per l'effetto, sul presupposto della illegittimità della successione dei contratti di lavoro a tempo determinato, ha condannato il Ministero dell'Istruzione, Università e ricerca al risarcimento del danno, liquidato per ciascun ricorrente, in varie mensilità della retribuzione mensile di fatto;

2. con sentenza non definitiva, la Corte di appello di Ancona ha parzialmente accolto l'appello proposto dal Ministero dell'istruzione, dell'Università e della ricerca, nonché, sempre in parte, l'appello incidentale proposto dalle lavoratrici e ha così rideterminato la misura del risarcimento del danno, a queste ultime spettanti, da calcolarsi nella differenza tra il trattamento economico riconosciuto al personale dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato e la inferiore retribuzione percepita dalle ricorrenti; ha invece rigettato l'appello incidentale nella parte in cui si insisteva per la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

2.1. con successiva sentenza pubblicata il 14/8/2012, la Corte d'appello ha liquidato gli importi spettanti a ciascuna delle lavoratrici, sulla base dei conteggi depositati dal Ministero, provvedendo altresì a regolamentare le spese del giudizio;

3. contro le sentenze, il Ministero propone ricorso per cassazione, articolando un unico complesso motivo, cui resistono con controricorso le lavoratrici, le quali a loro volta spiegano ricorso incidentale, al quale resiste il Ministero con controricorso;

4. la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;

5. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

 

Ritenuto che

 

dalla lettura complessiva della sentenza impugnata, si rileva chiaramente che oggetto della condanna è il riconoscimento del diritto alla progressione economica per fasce di anzianità previsto dalla contrattazione collettiva di settore (con esclusione del diverso istituto retributivo degli scatti biennali di anzianità di cui all'art. 53 della 1.n. 312 del 1980); con l'unico motivo il MIUR denuncia la violazione del d.lgs. 6/9/2001, n. 368, art.6; dell'art. 9, comma 18, D.L. 13/5/2011, n. 70, come convertito con modificazioni nella L. 12/7/2011, n. 106; dell'art. 4 della L. 3/5/1999 n. 124; dell'art. 526 del D.Lgs. 16/4/1994, n. 297; dell'Accordo quadro CES, UNICE e CEE del 18/3/1999, recepito con Direttiva 1999-70-CE; assume che i supplenti della scuola, legittimamente assunti sulla base di una disciplina speciale conforme alla direttiva europea, non sono comparabili ai dipendenti di ruolo in quanto sottoscrivono ogni anno un nuovo contratto del tutto autonomo rispetto al precedente; il motivo è infondato, perché la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558, e 23868 e 27387/2016, con le quali si è statuito che « nel settore scolastico, la clausola 4 dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato»; a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell'Accordo Quadro ed evidenziando che l'obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato "condizioni di impiego" che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all'assunto a tempo indeterminato ‘`comparabile", sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poiché le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., sono integralmente condivise dal Collegio;

con il ricorso incidentale le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione delle clausole 4 e 5 dell'Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999-70-CE, nonché di altro complesso normativo (artt. 2, 3, 11, 97 e 117 Cost., art. 4 L. n. 124/1999, artt. 1,4, 5 e 6 del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 35 e 36 del D.Lgs. n. 165/2001), assumendo che il risarcimento del danno nella misura riconosciuta dalla Corte d'appello viola i principi comunitari di parità di trattamento e di non discriminazione, nonché di effettività della tutela, e che l'unica forma risarcitoria dotata dei caratteri della proporzionalità, equivalenza e di effettività è l'immissione nei ruoli; e anche il risarcimento del danno deve essere quantificato secondo i normali criteri applicabili nel settore privato; diversamente dalla proposta formulata dal relatore ai sensi dell'art. 380 bis cod.proc.civ., il motivo, nella sua complessiva articolazione, deve essere rigettato in mancanza dei requisiti imposti dall'art. 366 nn. 3 e 6 cod.proc.civ. e, nella specie, di indicazioni - per ciascuna ricorrente - relative alla tipologia (1° o del 2° comma dell'art. 4 della legge n. 124 del 1999) e alla durata delle supplenze espletate dalle lavoratrici, elementi non specificati nemmeno nella sentenza impugnata eppur decisivi ai fini della controversia, perché la reiterazione deve ritenersi abusiva ove protratta oltre il limite dei trentasei mesi e finalizzata alla copertura di posti vacanti della pianta organica (c.d. di diritto); questa Corte, con le sentenze pronunciate all'udienza del 18.10.2016 (dal n. 22552 al n. 225557 e numerose altre conformi), ha affrontato tutte le questioni che qui vengono in rilievo e, dopo avere ricostruito il quadro normativo e dato atto del contenuto delle pronunce rese dalla Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C-22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C- 418/13), dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 187 del 20.7.2016) e dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 5072 del 15.3.2016) ha affermato i seguenti principi di diritto:

A) La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel d.lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal d.lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dall'art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, che ad essa attribuisce un connotato di specialità;

B) Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4 commi 1 e 11 della legge 3.5.1999 n. 124 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima, a far tempo dal 10.07.2001, la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 4 commi 1 e 11 della legge 3.5.1999 n. 124, prima dell'entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, sempre che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi.

C) Ai sensi dell'art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del D. Lgs. 165/2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

D) Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 4 comma 1 della legge 3.5.1999 n. 124, realizzatesi prima dell'entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l'abuso ed a "cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione" la misura della stabilizzazione prevista nella citata legge 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015.

E) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell'entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l'abuso ed a "cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione" la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l'operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali.

F) Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell'entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU di questa Corte nella sentenza 5072 del 2016, che l'avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall'immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l'onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

G) Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 4 c. 1 L. 124/1999, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016.

H) Nelle ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su "organico di fatto" e per le supplenze temporanee non è in sé configurabile alcun abuso ai sensi dell'Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima; detti principi devono essere ribaditi, per le ragioni tutte indicate nella motivazione delle sentenze sopra richiamate, da intendersi qui trascritte ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.; la decisione impugnata è confoinie alle conclusioni alle quali questa Corte è pervenuta, quanto alla ritenuta specialità della normativa di settore ed alla giuridica impossibilità di convertire in rapporto a tempo indeterminato il contratto a termine, anche se abusivamente reiterato; nella fattispecie, inoltre, il carattere abusivo della reiterazione non può neppure essere affermato quale conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 11, della legge n. 124 del 1999, perché sono a ciò ostativi i principi di diritto di cui alle lettere B e H, in quanto l'abuso sussiste solo a condizione che le supplenze abbiano riguardato l'organico di diritto e si siano protratte per oltre trentasei mesi; nel controricorso - a fronte dell'affermazione della Corte territoriale che ha escluso l'illegittimità delle assunzioni e delle proroghe - la difesa delle ricorrenti nulla ha dedotto sulla natura dei contratti, sulla loro reiterazione e sulla eventuale stabilizzazione, nei sensi suindicati, non adducendo ulteriori argomenti rispetto a quelli già esaminati da questa Corte nelle richiamate decisioni, con le quali sono state affrontate tutte le questioni poste in relazione alla asserita non confotniità al diritto dell'Unione dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di risarcimento del danno derivato dalla illegittimità della reiterazione dei contratti a termini; vanno inoltre richiamate le considerazioni esposte nei precedenti citati in merito alla insussistenza di profili di illegittimità costituzionale e alla non necessità di un nuovo rinvio pregiudiziale, giacché sul concetto di equivalenza la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata e proprio su dette pronunce le Sezioni Unite di questa Corte hanno fondato il principio di diritto affermato con la sentenza n. 5072 del 2016; la sentenza impugnata, seppur erronea nella parte in cui ha escluso qualsiasi profilo di contrasto fra la normativa speciale del settore scolastico e la direttiva 1999/70/CE, deve essere confermata, ex art. 384 comma 4 c.p.c., perché il suo dispositivo è conforme a diritto sulla base della diversa motivazione qui enunciata; la complessità della questione giuridica, risolta sulla base delle pronunce della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia intervenute in corso di causa, giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità; non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato l'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016); la norma deve invece essere applicata alle controricorrenti-ricorrenti incidentali, atteso che il ricorso incidentale è stato notificato dopo il 30 gennaio 2013 (il 14/2/2013).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza, nei confronti del ricorrente principale, dei presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza, nei confronti dei ricorrenti incidentali, dei presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale.