Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 03 agosto 2022, n. 24106

Lavoro - Operaio specializzato - Differenze retributive - Svolgimento di mansioni superiori - Accertamento - Insussistenza

 

Rilevato che

 

1. La Corte d'Appello di Napoli ha accolto l'appello proposto dalla Comunità Montana del Taburno avverso la sentenza del Tribunale di Benevento che aveva riconosciuto il diritto di G. T. ad essere inquadrato dal 1° gennaio 2004 nella qualifica di operaio specializzato, avendo svolto le relative mansioni, ed aveva condannato la Comunità al pagamento della somma di euro 11. 145,72, a titolo di differenze retributive, indennità sostitutiva delle festività e delle ferie non godute, trattamento di fine rapporto;

2. La Corte territoriale ha rilevato che dalla documentazione prodotta in giudizio emergeva che il T. era stato inquadrato come operaio specializzato dal gennaio 2004 ed aveva percepito la corrispondente retribuzione indicata nelle buste paga depositate in atti:

3. Ne ha desunto l'irrilevanza delle testimonianze valorizzate dal Tribunale ed ha evidenziato che la prova orale non doveva essere ammessa in quanto inerente allo svolgimento di mansioni riconducibili al profilo di operaio specializzato, che era quello già riconosciuto dalla Comunità, la quale aveva corrisposto il trattamento retributivo dovuto;

4. Ha aggiunto che nel promuovere il giudizio il T. aveva fatto riferimento a non meglio precisate mansioni di operaio «qualificato», ma non aveva dedotto null'altro quanto alle caratteristiche del profilo in questione, impedendo di fatto la comparazione fra la qualifica rivestita e quella rivendicata;

5. Ha ritenuto che la domanda di differenze retributive, ivi comprese quelle asseritamente maturate in relazione alle mensilità aggiuntive, si fondava sulla rivendicazione di un insussistente svolgimento di mansioni superiori, sicché la stessa doveva essere rigettata;

6. Infine la Corte territoriale ha rilevato che l'appellato, pur avendo domandato il pagamento del trattamento di fine rapporto, non aveva allegato e dimostrato che quest'ultimo fosse cessato e, nel richiedere il pagamento della «retribuzione delle ferie e festività», non aveva fornito alcuna indicazione in ordine ai periodi in cui sarebbe stato costretto a prestare attività lavorativa senza godere del riposo;

7. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G. T. sulla base di quattro motivi, ai quali ha opposto difese con controricorso la Comunità Montana del Taburno.

1. Con il primo motivo è dedotta, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la «violazione dell'art. 112 c.p.c. (omessa pronunzia sulla domanda originaria introdotta ed accolta dal giudice di prime cure) e dell'art. 345 c.p.c. (ingresso di deduzioni e contrasti non opposti in primo grado dalla parte datrice»;

1.1. Sostiene, in sintesi, il ricorrente che la Corte distrettuale ha errato nel ritenere che la domanda di pagamento delle differenze retributive fosse stata fondata sul solo preteso svolgimento delle mansioni superiori perché, al contrario, era stato domandato il pagamento della retribuzione fissa mensile prevista dal C.C.N.L. per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico forestale e idraulico agraria, che consente la sottrazione delle sole giornate non lavorate per assenza volontaria, malattia e infortunio, sospensione con intervento della cassa integrazione salariale;

1.2. Aggiunge che solo in appello la Comunità aveva contestato i conteggi allegati al ricorso sicché la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere inammissibili le deduzioni, perché finalizzate ad estendere il thema probandum;

2. La seconda censura, ricondotta al vizio di cui all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., addebita alla sentenza impugnata la «violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 128 c.c., al CCNL Forestali e Agrari nonché all'art. 36 Cost. e dell'art. 1 del decreto legge 9 ottobre 1989 n. 338, convertito in legge n. 389/1999, (perché la Corte ha ribaltato l'onere della prova dei presupposti della minore retribuzione contrattualizzata e delle ferie e festività non godute in capo al lavoratore)»;

2.1. Il ricorrente ribadisce che le differenze retributive erano state domandate a prescindere dalla rivendicazione del livello superiore e, richiamato il C.C.N.L. applicabile al rapporto, deduce che gravava sul datore di lavoro, non sul lavoratore, l'onere di dimostrare che la mancata contabilizzazione delle giornate fosse riconducibile ad una delle fattispecie previste dalle parti collettive;

2.2. Analogamente sarebbe stato onere della Comunità fornire la prova dell'avvenuto integrale godimento delle ferie e delle festività soppresse;

3. Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., il vizio di omessa pronuncia in relazione alla domanda di pagamento delle differenze retributive per il periodo gennaio/novembre 2004 nel quale, pur essendo inquadrato quale operaio qualificato, aveva svolto le mansioni di operaio specializzato;

4. Con la quarta critica, ricondotta al n. 5 dell'art. art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia «motivazione apparente sul punto decisivo e in discussione tra le parti (del perché i dati registrati nelle buste paga inferiori alla retribuzione contrattualizzata e senza alcun riferimento a ferie o festività soppresse indichino il pagamento della giusta retribuzione)» e sostiene, in sintesi, che la Corte territoriale ha errato nel respingere tutte le domande sebbene dalle buste paga emergesse che ferie e festività non erano state concesse e che la retribuzione era stata quantificata in relazione ad un numero complessivo di giornate inferiore al minimale previsto dalle parti collettive;

4.1. Aggiunge, quanto al TFR, che «l'imponibile utile per il calcolo ne risulterà incrementato»;

5. è infondata l'eccezione, sollevata dalla difesa della controricorrente, di inammissibilità del ricorso, asseritamente derivata dalla mancata esposizione dei fatti di causa imposta dall'art. 366, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. ;

5.1. Il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo;

5.2. La valutazione sulla completezza della esposizione dei fatti contenuta nell'atto introduttivo deve essere effettuata considerando il fine che il requisito mira ad assicurare e contemperando l'esigenza di fornire alla Corte tutti gli elementi necessari ai fini della decisione con quella della necessaria sinteticità degli atti processuali;

5.3. Ne discende che, come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la "esposizione sommaria dei fatti di causa" non richiede né la pedissequa riproduzione dell'intero, letterale contenuto degli atti processuali né che «si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s'è articolata» (così in motivazione Cass. S.U. 11.4.2012 n. 5698), essendo sufficiente una sintesi della vicenda «funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata»;

5.4. Nel caso di specie, pertanto, la violazione dell'art. 366 n. 3 cod. proc. civ. non può essere ritenuta solo perché nel ricorso non risulta riportato il contenuto degli scritti difensivi delle parti, posto che gli argomenti sui quali le stesse avevano fondato le rispettive posizioni sono chiaramente desumibili dalla sintesi contenuta nella parte introduttiva del ricorso nonché dalla motivazione della sentenza impugnata, della quale è trascritta nell'atto la parte oggetto di specifica censura;

6. Ferma l'infondatezza dell'eccezione, deve essere dichiarata l'inammissibilità del ricorso, per ragioni diverse da quelle evidenziate dalla difesa della controricorrente;

6.1. Il primo ed il secondo motivo, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, difettano del requisito imposto dall'art. 366 n. 6 cod. proc. civ. perché il ricorrente, nel sostenere di avere domandato le differenze retributive anche a prescindere dallo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento, opera un rinvio per relationem all'atto introduttivo del ricorso di primo grado, del quale non riporta le conclusioni e le parti rilevanti, con la conseguenza che non risulta assolto l'onere di specifica indicazione imposto dalla norma processuale richiamata, come interpretata dalla recente Cass. S.U. n. 8950 del 18 marzo 2022 secondo cui se, da un lato, detto onere non si può «tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso», dall'altro è comunque necessaria una individuazione sufficiente chiara e specifica delle parti rilevanti ai fini della valutazione sulla fondatezza della censura;

6.2. Nell'enunciare detto principio le Sezioni Unite hanno richiamato la pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 ottobre 2021, Succi ed altri contro Italia, con la quale è stato affermato che la cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione non è in sé lesiva del diritto di accesso alla giurisdizione superiore in quanto, se applicata senza cadere in eccessivo formalismo, serve a semplificare l'attività dell'organo giurisdizionale nazionale e ad assicurare nello stesso tempo la certezza del diritto nonché la corretta amministrazione della giustizia (punto 75) perché, consentendo alla Corte di Cassazione di comprendere il contenuto delle doglianze sulla base della sola lettura del ricorso, garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili (punti 78, 104 e 105);

6.3. Il ricorrente, che addebita alla Corte territoriale di non avere esaminato la questione «della mancata contabilizzazione in busta paga delle giornate, secondo il principio della paga mensilizzata» non dimostra di avere contestato nel giudizio di merito il metodo seguito dalla Comunità ai fini della quantificazione della retribuzione mensile e ciò rende applicabile alla fattispecie il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «ove una determinata questione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l'avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa» ( in questi termini, fra le tante, Cass. n. 2038/2019);

6.4. A detto profilo di inammissibilità, già assorbente, si deve aggiungere che il ricorrente, nel denunciare la violazione dell'art. 2697 cod. civ., non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata perché la Corte territoriale non ha posto a carico del lavoratore l'onere di dimostrare l'inadeguatezza della retribuzione ed il mancato pagamento delle ferie e delle festività non godute, bensì, come evidenziato nello storico di lite, ha ritenuto che la domanda fosse stata fondata solo sull'asserito svolgimento di mansioni superiori e che il ricorso di primo grado fosse carente del requisito imposto dall'art. 414 n. 4 cod. proc. civ., ossia della specifica allegazione dei fatti costitutivi del diritto quanto all'indicazione dei periodi o dei giorni nei quali l'attività era stata resa mentre il dipendente avrebbe dovuto godere del riposo settimanale o festivo o delle ferie;

6.5. Nel giudizio di cassazione, a critica vincolata, i motivi devono avere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi, richiesta dall'art. 366 n.4 cod. proc. civ., e determina l'inammissibilità, in tutto o in parte del ricorso, rilevabile anche d'ufficio ( cfr. fra le tante Cass. n. 20910/2017, Cass. n. 17125/2007, Cass. S.U. n. 14385/2007);

7. Inammissibile è anche il terzo motivo perché presuppone un accertamento di fatto, ossia l'inquadramento nel livello di operaio specializzato dal novembre 2004 anziché dal gennaio 2004, che diverge da quello effettuato dalla Corte territoriale, secondo la quale «il T. è stato inquadrato come operaio specializzato con decorrenza dal 1.1.2004 e gli statini paga riportano la retribuzione prevista per tale qualifica» ( pag. 3 della sentenza impugnata);

7.1. si aggiunga che il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo allorquando risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto non già qualora, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (cfr. fra le tante Cass. n. 12652/2020 e Cass. n. 2151/2021);

8. Alla sanzione di inammissibilità non sfugge neppure il quarto motivo formulato ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; con la sentenza n. 34476/2019 le Sezioni Unite di questa Corte hanno riassunto i principi, ormai consolidati, affermati in relazione alla riformulazione dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ad opera del d.l. n. 83/2012 e, rinviando a Cass. S.U. n. 8053/2014, Cass. S.U. n. 9558/2018, Cass. S.U. n. 33679/2018, hanno evidenziato che:

a) il novellato testo dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell'ordinamento un vizio specifico che concerne l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo;

b) l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;

c) neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma;

d) nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;

e) tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione;

8.1. quest'ultimo vizio, non riconducibile al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., va denunciato ai sensi del combinato disposto degli artt. 132 e 360 n. 4 cod. proc. civ. ed è ravvisabile solo qualora la carenza o la contraddittorietà siano tali da indurre la mancanza di un requisito essenziale della decisione;

8.2. è evidente che nella fattispecie, anche a voler ritenere non vincolante la formulazione della rubrica, la critica mossa alla sentenza impugnata non è sussumibile in alcuno dei due vizi in rilievo, perché i fatti storici sono stati esaminati dalla Corte territoriale e le affermazioni che si leggono nella sentenza impugnata, riassunte nello storico di lite, lungi dall'essere inconciliabili fra loro, seguono un percorso argomentativo coerente che, ove ritenuto erroneo, doveva essere censurato in questa sede mediante una corretta denuncia degli errores in procedendo o in iudicando nei quali sarebbe incorso il giudice d'appello;

8.3. il motivo, che quanto al TFR non si confronta neppure con la ratio decidendi della sentenza impugnata, finisce per sollecitare una diversa lettura delle risultanze processuali e, quindi, un giudizio di merito non consentito in sede di legittimità;

9. In via conclusiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo;

10. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.