Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 novembre 2020, n. 26668

Tributi - Accertamento sintetico - Redditometro - Acquisto di immobile finanziato in parte tramite mutuo - Detrazione del capitale mutuato dalla spesa accertata - Diluizione della capacità conributiva - Rilevanza nelle singole annualità dei ratei di mutuo versati

 

Rilevato che

 

1. L' Agenzia delle Entrate ha notificato a C.A.O. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all'anno d'imposta 2004, in materia di Irpef, ha accertato, ex art. 38, quarto, quinto e sesto comma, d.P.R. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, il reddito sintetico del contribuente, in conseguenza della spesa per l'acquisto di un fabbricato del valore dichiarato di euro 382.765,33, costituente un incremento patrimoniale non compatibile con i redditi dichiarati relativamente agli anni d'imposta dal 2003 al 2006.

Pertanto, con lo stesso atto impositivo, l'Amministrazione ha recuperato a tassazione il maggior imponibile, con relativi accessori e sanzioni.

2. Il contribuente ha proposto ricorso avverso l'avviso d'accertamento e l'adita Commissione tributaria provinciale di Bari lo ha respinto.

3. Contro la sentenza di primo grado lo stesso contribuente ha proposto appello, che la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con la sentenza n. 43/08/2012, emessa il 27 febbraio 2012, ha rigettato.

4. Il contribuente ha allora proposto ricorso per cassazione contro la sentenza d'appello, affidandolo a tre motivi.

5. L'Ufficio si è costituito con controricorso.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione e l'errata applicazione dell'art. 38, comma quarto e ss., d.P.R. n. 600 del 1973, per preteso contrasto con la riserva di legge di cui all'art. 23 Cost., a causa del rinvio della predetta norma di legge allo strumento normativo del decreto del Ministro per le finanze, per stabilire indici e coefficienti presuntivi di reddito o di maggiore reddito, in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva.

Il motivo, che si sostanzia nella denuncia dell'asserita illegittimità costituzionale dell'art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. n. 600 del 1973, è infondato, atteso che questa Corte ha già chiarito che « E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, commi 4 e ss., del d.P.R. n. 600 del 1973, nella formulazione anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. n. 78 del 2010, conv., con modif., nella I. n. 122 del 2010, nella parte in cui consente l'accertamento con metodo sintetico mediante il cd. redditometro, con riferimento sia all'art. 23 Cost., poiché i relativi decreti ministeriali non contengono norme per la determinazione del reddito, assolvendo soltanto ad una funzione accertativa e probatoria, sia agli artt. 24 e 53 Cost., in quanto il contribuente può dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito accertato è insussistente ovvero costituito, in tutto o in parte, da redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta.».

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la violazione e l'errata applicazione dell'art. 38, comma quarto e ss., d.P.R. n. 600 del 1973, per preteso contrasto di tale norma con la legge 27 luglio 2000, n. 212 , recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, ed in particolare con i principi d'informazione, di conoscenza e del contraddittorio preventivo, disciplinati dallo stesso statuto.

Il motivo, che si sostanzia nell'ulteriore denuncia dell'asserita illegittimità dell'art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. n. 600 del 1973, per l'assunto contrasto con la legge ordinaria n. 212 del 2000, è infondato, atteso che questa Corte ha già chiarito che le disposizioni del suddetto statuto costituiscono meri criteri guida per il giudice, in sede di applicazione e interpretazione delle norme tributarie, anche anteriormente vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici, ma non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria (essendone, invero, ammessa la modifica o la deroga, purché espressa e non a opera di leggi speciali), con la conseguenza che una previsione legislativa che si ponga in contrasto con esse non è suscettibile di disapplicazione, né può essere per ciò solo oggetto di questione di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità (Cass. 20/02/2020, n. 4411).

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., vigente ratione temporis, il ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La censura è articolata con riferimento a diversi fatti oggetto della controversia, tutti relativi alla prova liberatoria che il contribuente assume di aver offerto al fine di vincere la valenza presuntiva, in termini di accertamento sintetico dell'imponibile in questione, derivante dall'incremento patrimoniale rappresentato dall'acquisto immobiliare de quo.

Innanzitutto, il ricorrente lamenta che erroneamente la sentenza impugnata avrebbe escluso la rilevanza istruttoria della documentazione contabile (fatture dell'impresa venditrice), depositata dallo stesso contribuente e finalizzata a provare che i genitori di quest'ultimo avrebbero pagato parte (euro 82.000,00) del prezzo dell'immobile acquistato, sul fallace presupposto che i relativi documenti facessero riferimento ad un appartamento situato al primo piano dello stesso stabile, e quindi diverso da quello comprato dal ricorrente, posto al secondo piano.

Infatti, secondo il ricorrente, la CTR sarebbe caduta in errore nell'esaminare le relative fatture e nel confrontarle con il rogito della compravendita, poiché non si sarebbe avveduta che tutti tali documenti si riferiscono materialmente allo stesso appartamento e che la diversa identificazione del piano - che è di fatto il secondo - deriverebbe solo dalle modalità descrittive utilizzate dalla ditta alienante, che nelle fatture lo ha definito «primo piano sul piano uffici», laddove l'atto pubblico di acquisto lo individua invece come «secondo piano».

Va premesso che tale censura attinge solo una delle concorrenti ed autonome rationes decidendi esposte nella motivazione della sentenza impugnata (che esclude la rilevanza della documentazione contabile anche per il suo contenuto e che comunque ritiene incongruo, ai fini dell'art. 38, quarto comma, d.P.R. n. 600 del 973, anche l'importo residuo che il ricorrente avrebbe pagato in parte direttamente ed in parte tramite mutuo).

Tanto premesso, in parte qua il motivo è inammissibile, poiché non si sottrae alla seguente alternativa logica.

Infatti, se esso si fonda sull'assunta errata percezione dei dati documentali (fatture e rogito), prodotti nei giudizi di merito e richiamati nel ricorso dal contribuente, dai quali risulterebbe ictu oculi, a prescindere dalla diversa modalità di indicazione del piano, l'identità dell'appartamento cui essi si riferiscono, allora il mezzo d'impugnazione che il ricorrente avrebbe dovuto esperire era necessariamente la revocazione ex art. 395, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.

Altrimenti, se la comprensione dell'identità fattuale dello stesso immobile necessita di ulteriori riscontri documentali ( ovvero, come dedotto a pag. 16 del ricorso, delle risultanze catastali, dalle quali emergerebbe che il contribuente è intestatario di un unico appartamento), allora il motivo è inammissibile per violazione dell'art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ., che prescrive la specifica indicazione, a pena d'inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali esso si fonda, nonché dei dati necessari all'individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass. 15/01/2019, n. 777; Cass. 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726). Infatti, nel corpo del motivo, il ricorrente non indica se, ed in che grado e fase del merito, ha prodotto visure catastali, limitandosi a dedurre che esse sarebbero state «certamente in possesso dell'amministrazione finanziaria».

Con ulteriore censura, il ricorrente assume che la CTR sarebbe incorsa in «una certa confusione» rispetto alla somma di euro 60.756,33, che in realtà costituisce la parte del prezzo d'acquisto pagata direttamente dal contribuente, al netto del mutuo e della somma che sarebbe stata invece pagata dai genitori del medesimo ricorrente.

Il motivo in parte qua è inammissibile, atteso che è generico (non essendo specificato in cosa consisterebbe la lamentata «confusione»), e comunque infondato, posto che la motivazione della sentenza impugnata espone il medesimo importo residuale indicato dal ricorrente, attribuendogli la stessa causale.

Quanto poi all'asserita circostanza che tale ultimo importo, autonomamente considerato, diviso per rate costanti per gli anni d'imposta valutati dall'ufficio ai sensi dell'art. 38, d.P.R. n. 600 del 1973, non integri lo scostamento del 25% rilevante ai fini dell'accertamento praticato, deve rilevarsi che si tratta di questione assorbita sia dalla già rilevata inammissibilità della censura relativa alla parte del prezzo che si assume pagata dai genitori del contribuente; sia da quanto infra si dirà in ordine alla rilevanza, nei limiti che saranno chiariti, della parte del corrispettivo che si assume invece finanziata con mutuo pluriennale erogato al ricorrente.

Infatti, in conseguenza di tali decisioni, la critica della congruità del solo importo che il ricorrente assume di aver personalmente e direttamente sborsato non è rilevante, perché non assorbe interamente il quantum valutabile ai fini dell'accertamento praticato.

E' invece fondata la censura relativa al mutuo che il contribuente si è accollato al momento dell'acquisto del bene in questione, ed alla sua rinegoziazione, circostanze fattuali che, come dedotto nel ricorso (pagg. 18 e 19 ed allegati 8 e 9), il ricorrente aveva allegato già nel giudizio di merito e sulle quali la valutazione della CTR, limitata alla presa d'atto dell'importo della rata costante di restituzione del mutuo (peraltro senza precisare se si trattasse della somma precedente o successiva alla rinegoziazione), appare insufficiente.

Infatti, come questa Corte ha già rilevato (Cass. 17/07/2019, n. 19192, in motivazione, e precedenti ivi citati), «in tema di accertamento cd. sintetico, la prova contraria a carico del contribuente richiesta dall'art. 38, sesto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, può essere assolta mediante la produzione del contratto di mutuo, idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale delle somme utilizzate per l'acquisto del bene (Cass. 03/12/2018, n. 31124).

Va, però, precisato che qualora l'ufficio determini sínteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, ed il contribuente deduca e dimostri che tale spesa sia giustificata dall'accensione di un mutuo ultrannuale, il mutuo medesimo non esclude ma diluisce la capacità contributiva; ne consegue che deve essere detratto dalla spesa accertata (ed imputata a reddito) il capitale mutuato, ma ad essa vanno, invece, aggiunti, per ogni annualità, i ratei di mutuo maturati e versati (Cass. n. 19371/2018; Cass.n. 4797/2017; Cass. n. 24597/2010).».

Pertanto, la sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvo alla CTR, in diversa composizione, che si adeguerà al seguente principio dí diritto: "In tema di accertamento sintetico, il mutuo stipulato per l'acquisto di un immobile non esclude, ma diluisce la capacità contributiva, sicché deve essere detratto dalla spesa accertate il capitale mutuato, dovendo invece sommarsi, per ogni annualità, i ratei di mutuo maturato e versati", e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso ed accoglie, nei termini di cui in motivazione, il terzo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.