Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 24 agosto 2017, n. 20373

Tributi - Riscossione - Preavviso di iscrizione ipotecaria - Omessa e irregolare notifica delle cartelle di pagamento presupposte - Nullità

Fatto e diritto

Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell'art. 1 - bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

la CTR della Toscana, con sentenza n. 439/17/2015, depositata il 12 marzo 2015, non notificata, rigettò l'appello da Equitalia Centro S.p.A., nei confronti del sig. M.M., avverso la sentenza della CTP di Firenze, la quale aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso preavviso di iscrizione ipotecaria, in relazione a cinque cartelle di pagamento, delle quali il contribuente aveva lamentato l'omessa notifica.

Avverso la pronuncia della CTR Equitalia Centro S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Il contribuente resiste con controricorso.

Con il primo motivo l'agente della riscossione censura l'impugnata sentenza per «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 11 Preleggi nella parte in cui sancisce il principio del tempus regit actum», assumendo che erroneamente la sentenza impugnata, nel riconoscere - per quanto qui ancora rileva, l'omessa notifica delle due cartelle di pagamento di maggiore importo (per le altre avendo riconosciuto lo stesso agente della riscossione l'invalidità delle notifiche eseguite presso il vecchio domicilio fiscale del contribuente), avrebbe applicato alla fattispecie in esame la sentenza della Corte costituzionale 22 novembre 2012, n. 258, sebbene le notifiche fossero state eseguite nella vigenza dell'art. 26, comma 3, del d.P.R. n. 602/1973, anteriormente alla sua declaratoria d'illegittimità costituzionale, a ciò conseguendo, secondo parte ricorrente, che le cartelle di pagamento, decorso il termine per le rispettive impugnazioni, fossero da ritenere divenute definitive.

Con il secondo motivo parte ricorrente sviluppa analoghe considerazioni, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell'art. 26, comma 3 d.P.R. n. 602/1973, dell'art. 60, comma 1, d.P.R. n. 600/1973, nonché dell'art. 140 c.p.c..

I motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto tra loro strettamente connessi.

In disparte i profili pur prospettati nel controricorso del contribuente in punto d'inammissibilità di ciascun motivo del ricorso proposto dall'agente della riscossione, i motivi devono essere ritenuti inammissibili alla stregua delle considerazioni che seguono.

La sentenza della Corte costituzionale 22 novembre 2012, n. 258, come è noto, dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'originario terzo comma dell'art. 26 del d.P.R. n. 602/1973, nella parte in cui stabiliva che «la notificazione della cartella di pagamento, nei casi previsti dall'art. 140 del codice di procedura civile, si effettua con le modalità stabilite dall'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600», anziché «nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non via sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario».

Osserva al riguardo sostanzialmente parte ricorrente, di là dall'erroneo riferimento alla violazione del principio tempus regit actum, che, essendo intervenuta la notifica delle anzidette due cartelle nelle forme in cui era disciplinata dalla legge all'epoca vigente, non essendo state impugnate le cartelle nel termine previsto dall'art. 21 del d. lgs. n. 546/1992, ci si troverebbe di fronte ad un rapporto esaurito, ciò impedendo l'applicabilità nella fattispecie della pronuncia, pur certamente operante con effetto retroattivo, della Corte costituzionale.

Detta argomentazione si pone in chiaro contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte che ritiene ammissibile la deduzione della nullità della notifica di un atto alla stregua di intervenuta pronuncia d'illegittimità costituzionale in sede d'impugnazione dell'atto successivo (cfr., ad esempio, Cass. sez. 5, 4 dicembre 2013, n. 27154 e Cass. sez 5, 20 maggio 2009, n. 11759, in tema di notifica a contribuente iscritto all'AIRE, avvenuta presso il domicilio fiscale dello stesso, prima della pronuncia della Corte cost. 7 novembre 2007, n. 366; segnatamente, in caso di notifica di cartella di pagamento nei casi di irreperibilità relativa, come quello oggetto del presente giudizio, a seguito della citata Corte cost. n. 258/2012, Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25079, che chiarisce che è necessario, ai fini del perfezionamento della notifica, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, ivi incluso l'inoltro al destinatario della raccomandata informativa del deposito dell'atto presso la casa comunale, non essendo sufficiente la sola spedizione).

D'altronde la stessa Cass. sez. 5, 20 giugno 2014, n. 14047, pur citata impropriamente in modo parziale dalla ricorrente a sostegno del proprio assunto, nel fare applicazione — in giudizio relativo ad analogo caso d'irreperibilità relativa del destinatario, in cui il contribuente aveva dedotto, impugnando avviso d'intimazione di pagamento, la nullità della cartella prodromica per difetto di notifica, ha fatto applicazione della sopravvenuta pronuncia della Corte costituzionale, non ritenendo, evidentemente, esaurito il rapporto, proprio alla stregua della deduzione, con il primo atto successivo, della nullità della notifica effettuata in forza di disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.

Essendo incontroversa in fatto l'omissione, da parte del messo notificatore, dell'affissione di avviso del deposito delle cartelle presso la casa comunale in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione del destinatario, formalità prescritta come necessaria tra quelle previste dall'art. 140 c.p.c. ai fini della validità del procedimento notificatorio, il ricorso va dunque rigettato, dovendo ritenersi che la sentenza impugnata, nell'applicare nella fattispecie in esame il dictum della citata Corte cost. n. 258/2012, abbia fatto corretta applicazione dei succitati principi quanto all'applicabilità retroattiva della pronuncia del giudice delle leggi a rapporto che non può ritenersi esaurito.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13.