Configurabilità della cessione d'azienda: i chiarimenti della Cassazione

Si configura la cessione di ramo d'azienda ove venga ceduto un complesso di beni che, indipendentemente dal mutamento del titolare, conservi la propria identità, consentendo la prosecuzione dell’attività svolta prima del trasferimento (Corte di Cassazione, Ordinanza 16 novembre 2022, n. 33814).

 

Il caso

Un lavoratore ricorreva in giudizio al fine di essere ammesso allo stato passivo del fallimento della società con la quale lo stesso sosteneva di aver instaurato un rapporto di lavoro subordinato a seguito della cessione di ramo d’azienda presso cui era adibito.

Il Tribunale negava la sussistenza di un rapporto di subordinazione tra le parti, ritenendo le risultanze istruttorie idonee a dimostrare la sola prestazione dal lavoratore di un’attività di collaborazione a progetto, in favore della società fallita.
Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione avverso detta sentenza, deducendo, tra i motivi, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, quale la comunicazione inviata al lavoratore a firma congiunta della cedente e della cessionaria, relativa al trasferimento del ramo di azienda cui egli era addetto.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rilevando preliminarmente che, nel caso di specie, il documento (comunicazione inviata al lavoratore, a firma congiunta della cedente e della cessionaria, relativa al trasferimento del ramo di azienda), decisivo ai fini della controversia, sia pure prodotto in allegato alla domanda di insinuazione allo stato passivo e debitamente richiamato nella sua sede di produzione con il ricorso in opposizione, non era stato esaminato dal Tribunale, che ne aveva, anzi, escluso la produzione. Tale documento avrebbe invece dovuto essere acquisito, posto che, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza, deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato; sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito.

Il Collegio ha, inoltre, ricordato che, secondo un consolidato principio di legittimità, la cessione di ramo d'azienda è configurabile ove venga ceduto un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un'attività volta alla produzione di beni o servizi.
Detta nozione di trasferimento di ramo d'azienda è, altresì, coerente con la disciplina in materia dell'Unione Europea, secondo cui è considerato come trasferimento quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria; criterio decisivo per stabilire se si configuri un trasferimento è, dunque, l’individuazione della circostanza che l'entità economica, indipendentemente dal mutamento del titolare, conservi la propria identità, il che risulta in particolare dal fatto che la sua gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa.

I Giudici di legittimità non hanno, infine, mancato di evidenziare che la prova dell'esistenza di tutti i requisiti che condizionano l'operatività del trasferimento incombe su chi intenda avvalersi degli effetti previsti dall'art. 2112 c.c.; in particolare, spetta alla società cedente l'onere di allegare e provare l'insieme dei fatti concretanti un trasferimento di ramo d'azienda.
Deve, invece, essere negata l’esistenza di alcun principio, secondo il quale la dimostrazione del buon fondamento del diritto vantato dipenda unicamente dalle prove prodotte dal soggetto onerato e non possa altresì desumersi da quelle espletate, o comunque acquisite, ad istanza ed iniziativa della controparte, alla luce del principio cd. "di acquisizione probatoria", secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice, senza che la relativa provenienza possa condizionare tale convincimento in un senso o nell'altro e senza che conseguentemente possa escludersi l’utilizzabilità di una prova fornita da una parte per trarne argomenti favorevoli alla controparte; da tanto discendeva che, nel caso in esame, non era prospettabile alcuna inversione dell'onere probatorio posto a carico del datore di lavoro e, nella specie, assolto ai fini della individuazione degli elementi integranti la fattispecie del trasferimento del ramo d'azienda.