Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 maggio 2025, n. 12091

IRAP - IVA - Cartella di pagamento - Estratti di ruolo - Notifica - D.P.R. 602/1973 - Legittimità costituzionale - Inammissibilità del ricorso

 

Rilevato che

 

1. Mo.An., in data 1 agosto 2014, richiedeva all'Agente della riscossione il rilascio degli estratti di ruolo riguardanti iscrizioni esistenti nei suoi confronti.

Il concessionario per la riscossione rilasciava, quindi, alla contribuente i seguenti estratti di ruolo:

a) estratto di ruolo n. (...) del 7 gennaio 2009, relativo a cartella di pagamento n. 017-(...), asseritamente notificata il 26 marzo 2009, per IRAP e IVA anno 2005 per l'importo di Euro 5.220,28;

b) estratto di ruolo n. (...) del 25 gennaio 2010, relativo a cartella di pagamento n. 017-(...), asseritamente notificata il 12 marzo 2010, per IRAP ed IVA anno 2006, per l'importo di Euro 3.421,43;

c) estratto di ruolo n. (...) del 26 gennaio 2011, relativo a cartella di pagamento n. 017-(...), asseritamente notificata il 30 novembre 2011, per IRAP ed IVA anno 2007, per l'importo di Euro 3.808,56;

d) estratto di ruolo n. (...) del 24 novembre 2011, relativo a cartella di pagamento n. 017-(...), asseritamente notificata il 24 gennaio 2012, relativa ad IVA anno 2008 per l'importo di Euro 1.324,96.

2. Avverso tali estratti di ruolo Mo.An. proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Benevento la quale, con sentenza n. 618/01/2015, depositata il 29 giugno 2015 - verificata la rituale notifica delle cartelle di pagamento, effettuata direttamente a mani dell'interessata o di familiare convivente, e rilevato che tali cartelle non erano state tempestivamente impugnate - rigettava il ricorso, condannando la ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

3. Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 4503/20/2017, pronunciata il 20 aprile 2017 e depositata in segreteria il 18 maggio 2017, rigettava l'appello, condannando l'appellante al pagamento delle spese di giudizio.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Mo.An., sulla base di tre motivi (ricorso notificato il 15 dicembre 2017).

L'Agenzia delle Entrate, l'Agenzia delle Entrate-Riscossione ed il Ministero dell'Economia e Finanze sono rimasti intimati.

5. Con decreto del 9 ottobre 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l'adunanza in camera di consiglio del 22 gennaio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1 cod. proc. civ.

 

Considerato che

 

1. Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a tre motivi.

1.1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 137,138,139 c.p.c., nonché degli artt. 26 e 60, lett. b-bis), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all'art. 360, comma 1, num. 3) e 4), c.p.c.

Deduce, in particolare, la ricorrente che la C.T.R. aveva omesso di valutare la denunciata valutazione dell'intero iter notificatorio riguardante sia le cartelle di pagamento che l'atto di controllo formale della dichiarazione n. (...), mancando, peraltro, l'invio della raccomandata informativa al contribuente dell'avvenuta notificazione.

1.2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 139 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, num. 5), dello stesso codice di rito.

Rileva, in particolare, la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., ella, con l'atto di appello, aveva contestato la regolarità della notificazione delle cartelle di pagamento di cui agli estratti di ruolo impugnati, nonché la regolarità della notificazione anche dell'atto di controllo formale della dichiarazione suindicato, e che pertanto l'omessa notifica di un atto presupposto costituiva vizio procedurale che comportava la nullità di tutti gli atti successivi; inoltre, con riferimento all'atto di controllo formale della dichiarazione in oggetto, erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto la persona alla quale l'atto era stato consegnato (Mo.Gi., figlia della sig.ra Mo.An.) convivente con la contribuente, in quanto era stata data prova della inesistenza ed assenza della convivenza a mezzo di certificato storico di residenza e di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà della stessa Mo.Gi.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell'art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché dell'art. 1, comma 5-bis, e 5-ter, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, conv. dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, e dell'art. 2948 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, num. 3) e num. 5), c.p.c.

Rileva, in particolare, che la Corte regionale aveva omesso l'esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, e cioè l'intervenuta prescrizione e decadenza del diritto alla riscossione delle imposte, in quanto tale eccezione - contrariamente a quanto affermato dalla C.T.R. - era stata formulata già con il ricorso in primo grado.

2. Così delineati i motivi di ricorso, ritiene questa Corte che tali motivi possano essere esaminati congiuntamente, e che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile.

2.1. Deve, innanzitutto, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che non era parte nel giudizio di merito.

2.2. Con riferimento all'Agenzia delle Entrate e all'Agenzia delle Entrate-Riscossione, va innanzitutto evidenziato che la ricorrente ha impugnato degli estratti di ruolo, rilasciati dal concessionario per la riscossione il 1° agosto 2014, e dai quali emergeva l'esistenza pregresse cartelle di pagamento ritualmente notificate (come accertato dalla C.T.P., con statuizione non contestata dalla Mo.An. con l'atto di appello).

Orbene, è noto che questa Corte, con sentenza delle Sezioni unite del 2 ottobre 2015, n. 19704, ha affermato che "il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale - a causa dell'invalidità della relativa notifica - sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l'ultima parte del comma 3 dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l'impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato - impugnabilità prevista da tale norma - non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l'invalidità stessa anche prima, giacché l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione".

Ciò posto, nelle more del giudizio è intervenuto il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che, all'art. 3-bis, ha modificato l'art. 12 del D.P.R. 29 settembre 1973, mediante l'aggiunta, a tale norma, del comma 4-bis, che testualmente dispone: "L'estratto di ruolo non è impugnabile.

Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione".

La norma in questione, dunque, ha limitato l'accesso alla tutela immediata avverso il ruolo e la cartella di pagamento non notificata, configurata dalle sezioni unite di questa Corte come alternativa, e rimessa alla facoltà della parte, rispetto alla tutela differita prevista dall'art. 19, comma 3, ultima parte, del D.Lgs. n. 546/1992.

Il problema che si pone, pertanto, in questo caso, è quello di stabilire se la nuova norma si applichi anche ai giudizi pendenti, qual è il presente, e se quindi essa vada ad incidere sull'ammissibilità dei ricorsi già proposti avverso estratti di ruolo e cartelle non notificate, nei quali - come nel caso di specie - non sia allegato un concreto pregiudizio in merito alla partecipazione ad appalti pubblici, ovvero alla riscossione di somme dovute da soggetti pubblici.

Sul punto, sono intervenute nuovamente, di recente, le sezioni unite di questa Corte, le quali, con sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022, hanno affermato il seguente il seguente principio di diritto: "In tema di riscossione coattiva delle entrate pubbliche (anche extratributarie) mediante ruolo, l'art. 12, comma 4-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall'art. 3-bis del D.L. n. 146 del 2021, come convertito dalla L. n. 215 del 2021) trova applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3,24,101,104,113 e 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 della CEDU e all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione", che, successivamente, ha trovato avallo anche nella giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost. 17 ottobre 2023, n. 190; Corte cost. ord. 9 maggio 2024, n. 81).

La disciplina in questione - specificano le SS.UU. - non è difatti irragionevole, né arbitraria. Essa asseconda non soltanto l'esigenza di contrastare la prassi di azioni giudiziarie proposte anche a distanza di tempo assai rilevante dall'emissione delle cartelle, e al cospetto dell'inattività dell'agente per la riscossione, ma anche quella di pervenire a una riduzione del contenzioso.

Le finalità deflattive, in particolare rispondono alla consapevolezza, già sottolineata dalla Corte costituzionale (in particolare con la sentenza 19 aprile 2018, n. 77), che, "a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera".

Ciò, del resto, è coerente con la natura di atto meramente interno dell'estratto di ruolo, per la cui impugnazione il contribuente non ha uno specifico interesse, trattandosi di atto di per sé non "lesivo", nel mentre, con riferimento alle cartelle di pagamento non notificate o invalidamente notificate, l'interesse sussiste unicamente allorquando tale situazione determina un concreto pregiudizio economico, come specificato dalla stessa norma.

La norma in questione, nel regolamentare le ipotesi di azione diretta (così come la definisce la stessa Corte), stabilisce quando l'invalidità della notificazione della cartella esattoriale provochi di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, dimostrato dalla presenza dell'interesse ad agire che, quale condizione dell'azione, assume diverse configurazioni.

Ne deriva che di questo interesse ad agire - che conforma il bisogno di tutela giurisdizionale - è necessario fornire una dimostrazione che si può dare anche nel corso dei giudizi pendenti e che può essere allegato anche nel giudizio di legittimità.

Né, secondo la Corte, possono ritenersi fondati i dubbi di legittimità costituzionale della norma, in relazione agli artt. 3,24,113 e 117 Cost., né la prospettata intrinseca irrazionalità della norma stessa.

Tali dubbi devono essere superati, considerando l'ampia discrezionalità di cui il legislatore gode nell'ambito della disciplina del processo, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.

I casi previsti dalla nuova disciplina, peraltro, sono "tassativi" e "non esemplificativi" e, pertanto, insuscettibili di interpretazione e applicazione analogica o anche semplicemente estensiva.

Con la conseguenza che la norma in esame non provoca alcuna compressione della effettività della tutela giurisdizionale dato che, almeno rispetto al giudizio tributario, essa ne provoca un ampliamento; in secondo luogo, perché il potere cautelare di cui è fornito il giudice tributario e quello ordinario, anche dell'esecuzione, evita il rischio che si creino zone non coperte dalla tutela giurisdizionale stessa.

Infatti, anche laddove la notificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento sia stata omessa o sia invalida, vi è sempre un giudice che può pronunciarsi sulle doglianze avanzate dal contribuente che impugni l'atto successivo, pur se esecutivo, o alternativo all'esecuzione (come, ad esempio, nel caso concreto che ha originato la pronuncia in commento, l'impugnazione dell'iscrizione ipotecaria).

Ne consegue che, nel caso di specie, anche a prescindere da qualsivoglia considerazione sull'ammissibilità del ricorso originario introduttivo del giudizio di merito, il ricorso per cassazione, con riferimento alle ipotesi del sopravvenuto art. 12, comma 4-bis, D.P.R. n. 602/1973, deve essere dichiarato inammissibile anche nei confronti dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle entrate - Riscossione, non avendo specificato la ricorrente neanche in questa sede lo specifico interesse all'impugnazione della cartella di pagamento che si assume non ritualmente notificata.

3. Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio dell'Agenzia delle Entrate, dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione e del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare parte ricorrente tenuta al pagamento di un importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara la ricorrente tenuta al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.