Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 settembre 2020, n. 19067

Verbale di accertamento ispettivo - Diritto agli sgravi dell'impresa - Onere della prova - Decremento del livello occupazionale raggiunto - Valutazione della fondatezza del motivo, solo se positivamente accertata l'ammissibilità

 

Rilevato che

 

la Corte d'Appello di Palermo, con sentenza 164/2014, ha confermato il rigetto dell'opposizione proposta da Impresa di costruzioni A.G. & C. s.n.c. al verbale di accertamento ispettivo con cui l'INPS aveva richiesto il pagamento della somma di € 17.759,00 a titolo di somme dovute per indebita fruizione degli sgravi contributivi ex I. n. 448/1998 e 448/2001 relativamente ad un gruppo di lavoratori;

a fondamento della decisione, la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado in punto di riparto dell'onere della prova, attribuendo l'onere di provare il diritto agli sgravi all'impresa, e ritenendo non soddisfatto il medesimo onere da parte della società, posto che la prova per testi richiesta al fine di provare l'impossibilità di destinare i dipendenti ad altra idonea ed equivalente attività lavorativa sì poneva in contrasto con l'affermazione (effettuata solo in appello) secondo cui i lavoratori del gruppo interessato, ad eccezione di alcuni, avevano lavorato presso i cantieri di Agrigento, Caltanissetta e Serradifalco; inoltre, era rimasto accertato che la società aveva determinato un decremento del livello occupazionale raggiunto e che, quanto ai dipendenti indicati <dimissionari>, era rimasto accertato che tale M. non era stato preso in considerazione ai fini del disconoscimento degli sgravi e che, quanto al C., era pure stato accertato che il 31 dicembre 2002 la società aveva effettuato licenziamenti per riduzione di personale;

la Corte territoriale, infine, ha ritenuto generico e quindi inammissibile il capo dell'atto d'appello con il quale si era criticata la nozione di incremento occupazionale fatta propria dal primo giudice;

avverso detta sentenza, l’Impresa di costruzioni A.G. & C. s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4), c.p.c., denunciando la nullità della sentenza con riferimento all'art. 112 c.p.c. in ragione del fatto che la sentenza impugnata non aveva pronunciato sul secondo motivo d'appello, relativo alla scorretta interpretazione ed applicazione del concetto di <<incremento occupazionale>>

con riferimento temporale ai dodici mesi anteriori all'assunzione, ritenendolo inammissibile;

l'INPS ha resistito con controricorso;

 

Considerato che

 

il ricorso è infondato;

l'unico motivo, in modo contraddittorio, da un lato afferma che la sentenza impugnata non ha pronunciato sul motivo d'appello relativo alla interpretazione ed all' applicazione della nozione di incremento occupazionale e, dall'altro, rappresenta che la sentenza ha dichiarato inammissibile lo stesso motivo d'appello e ne riporta l'esplicita pronuncia;

è, dunque, evidente che la Corte territoriale non ha omesso la pronuncia sul motivo d'appello indicato in quanto sullo stesso ha pronunciato in modo esplicito, da ciò l'infondatezza del motivo qui proposto;

anche a voler prescindere dalla manifesta incongrua formulazione del motivo, volendo ritenere che in realtà la ragione di nullità della sentenza sia riferita, nelle intenzioni non esplicitate della parte ricorrente, alla violazione dell'art. 434 c.p.c., in punto di specificità dell'atto d'appello, va ricordato che ( vd. Cass. n. 20954 del 5 agosto 2019 n. 6014 del 2018) la Corte di cassazione, qualora venga dedotto un "error in procedendo", è giudice anche del "fatto processuale" e può esercitare il potere-dovere di esame diretto degli atti purché la parte ricorrente li abbia compiutamente indicati, non essendo legittimata a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi;

tuttavia, preliminare ad ogni altro esame è quello concernente l'ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l'ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell'ambito di quest'ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali;

in applicazione di questo principio, il ricorrente, che ha censurato la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile un motivo d'appello, ha comunque l'onere di riprodurre gli atti e documenti (cioè in questo caso l'intero ricorso in appello) del giudizio di merito nei loro passaggi essenziali alla decisione e di precisare l'esatta collocazione dei documenti nel fascicolo d'ufficio al fine di renderne possibile l'esame nel giudizio di legittimità);

il motivo non contiene tali specificazioni e la denuncia non può essere sottoposta al controllo di legittimità;

il ricorso deve essere, quindi, rigettato;

le spese seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo; sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente soccombente.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive € 4200,00 di cui € 4000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater D.P.R. n.115 del 2002 si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.