Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 dicembre 2019, n. 31586

Tributi - Variazione di classamento catastale - Procedura DOCFA - Avviso di accertamento a seguito di sopralluogo - Rettifica della rendita catastale rispetto a quella proposta - Motivazione dell’atto - Caratteristiche - Validità

 

Ritenuto in fatto

 

1. I ricorrenti, comproprietari di quattro unità immobiliari a destinazione ordinaria site nel Comune di Zugilano (VI), il 22.8.2010 presentavano all'Agenzia del territorio di Vicenza dichiarazione di variazione del classamento catastale (DOCFA).

2. L'Agenzia del territorio, a seguito di sopralluogo, con avviso di accertamento n. VI0160263/2013, rettificava i dati indicati dai ricorrenti relativi ad alcuni degli immobili oggetto di dichiarazione e, per l'effetto, ne determinava una diversa rendita catastale.

3. I contribuenti impugnavano il predetto avviso sul presupposto che il suindicato classamento era avvenuto in assenza di specifica motivazione.

4. La CTR, con la sentenza n. 360/17, nel confermare integralmente la sentenza di primo grado, rigettava il ricorso ritenendo l'atto impugnato sufficientemente motivato.

5. Avverso tale pronuncia G.D. e G.C. propongono ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

6. L'Agenzia dell'entrate ha depositato controricorso.

7. In prossimità dell'udienza i ricorrenti hanno depositato memoria.

 

Considerato in diritto

 

1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 7 della legge n. 212 del 2000, dell'art. 1 del d.m. n. 701 del 1994 e dell'art. 38 del d.p.r. n. 1142 del 1949. In particolare, i ricorrenti lamentano che la CTR con la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto assolto l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento con il quale sono stati rettificati gli elementi di fatto posti a fondamento della loro proposta di classamento.

2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, dell'art. 7 della legge n. 212 del 2000, risultando l'avviso di accertamento carente sotto il profilo motivazionale anche perché, ai fini della determinazione del classamento, richiama metodologie comparative senza indicazione e allegazione delle relative fonti.

3. Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 9 e 61 del d.p.r. n. 1142 del 1949, in quanto risulta carente nell'avviso di accertamento la motivazione circa l'eventuale comparazione dei loro immobili con le cd. "unità tipo" posta a fondamento del conseguente loro classamento da parte dell'Agenzia del territorio.

4. Con il quarto motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 111 Cost., 6 della CEDU, 132, n. 4 e 118 disp. att. c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, essendo la motivazione della sentenza della CTR meramente apparente e riproduttiva di quella di primo grado con generici richiami alla giurisprudenza di legittimità.

5. I primi tre motivi del ricorso, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non sono fondati.

I ricorrenti censurano, sotto diversi profili, il presunto difetto di motivazione dell'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia del Territorio di Vicenza a seguito di procedimento DOCFA; omissione che, tra l'altro, avrebbe impedito di rendere effettivo l'esercizio del loro diritto di difesa.

Con riferimento all'attribuzione della rendita catastale mediante la procedura disciplinata dall'art. 2 del d.l. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, in legge 24 marzo 1993, n. 75, e dal d.m. 19 aprile 1994, n. 701 (cosiddetta procedura DOCFA), questa Corte (Cass. n. 3394 del 2014) ha, condivisibilmente, ritenuto che, in ipotesi di classamento di un fabbricato mediante la indicata procedura, l'atto con il quale l'amministrazione disattende le indicazioni date dal contribuente deve contenere un'adeguata - ancorché sommaria - motivazione che delimiti l'oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria, affermando, appunto, che l'Ufficio «non può limitarsi a comunicare il classamento che ritiene adeguato, ma deve anche fornire un qualche elemento che spieghi perché la proposta avanzata dal contribuente con la Dofca viene disattesa».

Tale principio contrasta, solo in apparenza, con la giurisprudenza (Cass. n. 2268 del 2014) secondo cui in tali ipotesi l'obbligo di motivazione è soddisfatto mediante la mera indicazione nell'atto di rettifica dei dati oggettivi e della classe attribuiti dall'Agenzia, trattandosi di elementi conosciuti o comunque facilmente conoscibili per il contribuente e tenuto conto della struttura fortemente partecipativa dell'atto.

Ed invero, questa Corte ha precisato che l’obbligo di motivazione dell'avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall'Ufficio e l'eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l'oggetto dell'eventuale contenzioso (Cass. n. 31809 de 2018, n. 23237 del 2014, n. 21532 del 2013). Nel primo caso, infatti, gli elementi dì fatto indicati nella dichiarazione presentata dal contribuente non disattesi dall'Ufficio risultano immutati, di tal che la discrasia tra la rendita proposta e la rendita attribuita si riduce ad una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati. In simili ipotesi risulta evidente che la presenza e la adeguatezza della motivazione rilevino, non già ai fini della legittimità dell'atto, ma della concreta attendibilità del giudizio espresso. Diversamente, laddove la rendita proposta con la Dofca non venga accettata in ragione di ravvisate differenze relative a taluno degli elementi di fatto indicati dal contribuente, l'Ufficio dovrà, appunto, specificarle per i motivi sopra indicati.

Nel caso in esame la commissione tributaria regionale ha fatto corretta applicazione di tali principi, laddove ha evidenziato che l'avviso di accertamento, con il quale l'Ufficio aveva riconosciuto all'immobile oggetto di procedura DOCFA la categoria A/8 rispetto alla A/7 proposta dai contribuenti (contraddistinto al foglio 7, sub. 4), doveva ritenersi congruamente motivato con «il mero richiamo (...) degli elementi tecnici essenziali che ne determinano la classificazione catastale e la conseguente rendita, in maniera tale da consentire al contribuente la possibilità di confrontarli con quelli esposti nella propria dichiarazione e potersi tutelare mediante il ricorso al giudice tributario». Tali indicazioni, peraltro, per come indicato sempre nella sentenza oggetto di censura sono risultate pienamente esaustive tanto da consentire ai contribuenti di svolgere, sin dal primo grado, pienamente le proprie difese.

In particolare, assume rilievo la circostanza che il suddetto classamento non si fonda su elementi di fatto diversi da quelli indicati dai contribuenti, ma su una differente valutazione compiuta dall'Ufficio sul valore economico del bene di talché l'onere motivazionale, anche in ragione della procedura partecipata in esame (DOCFA), può dirsi pienamente adempiuto in quanto l'attribuzione della diversa classe e categoria trova ragione proprio sulla indicata valutazione tecnica. Allo stesso modo deve affermarsi la legittimità dell'avviso di accertamento nella parte in cui esso ha attribuito agli immobili oggetto di DOCFA e contraddistinti al catasto al foglio 7, sub 2 e 3, una consistenza diversa da quella proposta dai contribuenti.

Ed invero, in tali ipotesi, se la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e per delimitare l'oggetto dell'eventuale contenzioso, tali esigenze risultano pienamente soddisfatte nel caso di specie tenuto conto, da un lato, che il riclassamento è avvenuto a seguito di sopralluoghi da parte dell'Ufficio e, dall'altro, che la diversa consistenza da quest'ultimo attribuita agli immobili sopra indicati non risulta essere stata oggetto di specifica contestazione da parte dei ricorrenti, la cui doglianze si sono incentrate piuttosto sulla valutazione tecnica degli elementi di fatto oggetto della procedura DOCFA che hanno portato all'attribuzione della categoria A/8 rispetto alla A/7 proposta.

6. Il quarto motivo non è fondato.

La CTR con la sentenza impugnata da conto dell'iter logico argomentativo posto a fondamento della stessa e, in particolare, i giudici di merito, con ampie argomentazioni, hanno reso evidente il ragionamento seguito per la formazione del proprio convincimento così da rendere possibile il controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento seguito (Cass. n. 9113 del 2012). In particolare, la CTR - dopo aver riportato l'orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di classamento a seguito di procedura DOCFA e del relativo onere motivazionale posto in capo all'Agenzia dell'Entrate nel caso in cui giunge ad una diversa classificazione del bene rispetto a quella proposta dal contribuente - indica le ragioni per le quali, nel caso di specie, ha ritenuto corretta l'attribuzione della rendita catastale contenuta nell'avviso di accertamento.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1 - quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 - bis dello stesso art. 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso;

Condanna i ricorrenti G.D. e G.C. al pagamento, in solido tra loro, in favore dell'Agenzia dell'Entrate delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 2.600,00 oltre spese prenotate a debito ed accessori come per legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 - bis dello stesso art. 13.