Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 18 settembre 2020, n. 19617

Contratti di lavoro stipulati dalla AUSL - Conferimento incarichi dirigenziali a tempo determinato - Disapplicazione della delibera - Risarcimento del danno patrimoniale e del danno professionale

 

Rilevato

 

1. il Tribunale di Viterbo aveva rigettato la domanda proposta da C.A. nei confronti della Azienda U.L. di Viterbo (anche AUSL, di seguito), di C.L., B.A. e Q.M. volta alla disapplicazione della delibera n. 2201 del 28.12.2007 di conferimento ai convenuti degli incarichi dirigenziali a tempo determinato ex art. 15 septies c. 2 del d.lgs n. 502del 1992, l'annullamento dei contratti di lavoro stipulati dalla AUSL di Viterbo, la condanna al risarcimento del danno patrimoniale (perdita del trattamento economico superiore proprio del dirigente) e del danno professionale (mancata attribuzione dell'incarico);

2. le domande erano fondate sull'assunto che i candidati C., B. e Q. non potevano partecipare alla procedura selettiva perché in possesso di laurea triennale e non di diploma di laurea quadriennale, titolo questo posseduto dalla ricorrente;

3. con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado;

4. avverso questa sentenza C.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi al quale resistono la Azienda USL di Viterbo e, con distinto controricorso, C.L., B.A. e Q.M.); la ricorrente e la controricorrente Azienda USL di Viterbo hanno depositato memorie;

 

Considerato

 

Sintesi dei motivi del ricorso la ricorrente:

5. con il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 cod.proc.civ., Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di accesso alla dirigenza dell'ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale ex art. 15 septies, 2° comma, del d.lgs. 502/92, degli artt. 19 e 26 T.U. n. 165/2001 in tema di accesso alla dirigenza del Servizio Sanitario Nazionale in combinato disposto con il D.P.C.M. del 25.1.2008 e in relazione al D.M. 270/2004;

6. addebita alla Corte territoriale di non avere tenuto conto che il legislatore aveva diversificato di diversi titoli accademici rilasciabili dalle Università in base a standard culturali e scientifici; assume che la laurea o i diplomi di primo livello presuppongono il conseguimento di una preparazione di livello generale orientata al grado formativo richiesto da specifiche aree professionali mentre i titoli accademici di secondo livello sono funzionali all'effettivo raggiungimento di una formazione di livello avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici e sostiene che i requisiti culturali sottostanti alla qualificazione di dirigente sanitario non possono essere rinvenuti nella formazione di base orientata al raggiungimento "del grado formativo richiesto da specifiche aree professionali" ma devono essere rinvenuti in un livello di specializzazione e di qualificazione di grado più elevato conseguibile solo attraverso corsi universitari di secondo livello; sostiene eh? proprio l'interesse perseguito dalla AUSL, presupposto dall'art. 15 septies del d.lgs. n. 502 del 1992, ha carattere strategico e che l'espletamento delle funzioni o degli incarichi da conferire, in conformità alla normativa vigente, devono essere ritenute di particolare rilevanza; asserisce che, come già il diploma di laurea ex L. n. 341 del 1990 e la laurea specialistica, solo la laurea magistrale ( titoli di studio equiparati ex lege ai diplomi di laurea del vecchio ordinamento) costituisce ad oggi titolo accademico di secondo livello per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici;

7. imputa alla Corte territoriale di avere fatto mal governo delle norme in tema di accesso alla dirigenza sanitaria laddove ha reputato requisito sufficiente per la partecipazione alla procedura selettiva dedotta in giudizio il possesso della laurea cd. breve o triennale, e asserisce che quest'ultima è prevista dal legislatore solo per l'inserimento nel modo del lavoro in luogo del titolo di studio di secondo livello conseguito nel vecchio ordinamento e/o la laurea specialistica e/o magistrale;

8. sostiene che la formula "diploma di laurea" contenuta nell'art. 26 del d.lgs n. 165 del 2001, nell'art. 15 del d. Igs. n. 502 del 1992, nell'art. 70 del D.P.R. n. 483 del 1997 (che disciplina la procedura concorsuale per il personale dirigenziale del S.S.N.) in applicazione del criterio di equiparazione introdotto dal D.M. 5.5.2004, deve intendersi riferita al vecchio corso di laurea di quattro anni e non anche alla laurea di primo livello , non equiparata al diploma di laurea quadriennale;

9. imputa alla Corte territoriale di non avere tenuto conto del D.P.C.M. del 25.1.2008 e del D.P.C.M. 26.10.2010, sostenendo che gli artt. 4 e 6 del D.P.C.M. del 2010 equiparano la laurea magistrale, quella specialistica e il diploma di laurea del precedente ordinamento;

10. invoca le decisioni della Corte dei Conti sez. contr. Sato n. 3 del 2003, della sezione giurisdizionale per la Regione Campania n. 127/2009, della sezione giurisdizionale della Regione Lombardia n. 627/2010, della sezione Toscana n. 542/2006, della sezione III /A n. 279/2001, e la deliberazione n. 3 del 2003 assunta nell'Adunanza congiunta del I e del II collegio del 9 gennaio 2003 sezione controllo di legittimità degli atti di Governo;

11. con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di responsabilità civile per colpa della P.A., nesso di "causalità e di risarcimento del danno; violazione dell'art. 63 comma 2 del T.U. n. 165/2001 , degli artt. 1218 e 2043 cod.civ., violazione delle norme e dei principi in tema di correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto di impiego pubblico privatizzato ex art. 5 comma 1 e 2 del T.U. n. 165 del 2001, violazione degli artt.1175, 1375 cod.civ., in relazione agli obblighi di trasparenza, imparzialità e buona amministrazione ex art. 2 T.U. n. 165/2001 costituzionalizzati agli artt. 3 e 97 Cost. , violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di onere della prova, presunzioni semplici, di cui agli artt. 2697 cod.civ. , 2721 cod.civ. e segg, 115 e 16 cod.proc.civ;

12. sostiene che la statuizione di rigetto della domanda risarcitoria è errata perché se la Corte territoriale avesse applicato correttamente il combinato disposto di cui agli artt. 15 septies c. 2 del d.lgs. n. 502 del 1992 e 19 e 26 del T.U. n. 165 del 2001 e se avesse correttamente ritenuto che i titoli accademici di primo livello non costituiscono valido requisito per la partecipazione alla procedura selettiva dedotta in giudizio avrebbe dovuto accogliere la domanda volta alla condanna del risarcimento dei danni che deduce di avere provato ampiamente;

esame dei motivi:

13. è utile premettere che la procedura selettiva dedotta in giudizio è stata avviata dalla Azienda USL di Viterbo ai sensi dell'art. 15 septies c. 2 del d. Igs. n. 502 del 1992 con deliberazione n. 21267 del 20 dicembre 2007 per il conferimento degli incarichi a tempo determinato di dirigente amministrativo presso le strutture complesse: "Risorse Umane-Area Sindacali e Amministrazione del Personale", ''Risorse Umane-Area Controllo di Gestione e Fondi Aziendali", "Direzione Sanitaria- Area Amministrativa del Servizio delle Professioni Sanitarie" (cfr. sentenza impugnata pg. 4, non oggetto di alcuna censura sul punto);

14. la Corte territoriale ha ritenuto che: l'art. 15 septies comma 2 del d.lgs n. 502 del 1992, al pari dell'art. 26 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel prevedere il possesso del diploma di laurea, non fa riferimento alla sola laurea quadriennale del "vecchio" ordinamento, successivamente equiparata a quella specialistica e a quella magistrale; nell' anno 2001 l'ordinamento universitario risultava già modificato per effetto degli artt. 3 e 8 del D.M. 3 novembre 1999 n. 509 con l'introduzione della cd. laurea breve conseguibile, una volta maturati i crediti formativi previsti dal decreto, all'esito di un corso di studi di durata triennale; il titolo di studi richiamato dal legislatore del 2001 per l'accesso alla dirigenza è quello previsto dall'art. 3 lett. a) del D.M. n. 509 del 1999 (titolo di studio "base", ossia laurea triennale); tanto poteva desumersi anche dalla legge n. 145 del 2002 che aveva modificato soltanto il comma 3 dell'art. 28 del d.lgs n. 165 del 2001 (richiedendo il possesso della laurea specialistica quale requisito di accesso al corso-concorso selettivo di formazione) e aveva lasciato, invece, immutato il testo del c. 2 dell'art. 28 e il testo dell'art. 26 dello stesso d.lgs. n. 165 del 2001; era irrilevante, a fini interpretativi, la circostanza che l'art. 26 fa riferimento al "diploma di laurea" e non alla semplice laurea, richiamata del comma 2 dell'art. 28 in quanto l'intervento riformatore del sistema universitario era finalizzato alla armonizzazione della normativa interna con la Direttiva 89/48/CEE del Consiglio del 21.12.2008 che all'art. 1 definisce come "diploma" qualsiasi titolo "da cui risulti che il titolare ha seguito con successo un ciclo di studi post-secondari di durata minima di tre anni..."; il termine "diploma" non è da sé solo indicativo della intenzione del legislatore italiano di richiedere un titolo ulteriormente specializzante rispetto al corso di studi di durata triennale; poiché la laurea triennale era stata istituita per accelerare l'ingresso nel modo del lavoro in quanto sufficiente ad assicurare "un'adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali" ( art. 3 D.M. 509 del 1999, D.M. 207 del 2004), ove non diversamente statuito dal legislatore, il richiamo alla "laurea" senza ulteriori specificazioni doveva intendersi riferito al titolo di studio "base" e non a quello specialistico; anche nell'art. 15 septies del d.lgs. n. 502 del 1992 il riferimento al diploma di laurea doveva intendersi riferito al possesso della laurea triennale; la AUSL aveva del tutto correttamente ammesso alla procedura concorsuale coloro che erano in possesso della laurea triennale, avendo richiesto una maggiore durata (cinque anni) del servizio di ruolo nella posizione di collaboratore amministrativo professionale rispetto alla anzianità (tre anni) richiesta a coloro che erano in possesso della laurea quadriennale prevista dal precedente ordinamento;

15. la Corte territoriale ha escluso la violazione dei principi di correttezza e buona fede perché, la ricorrente non aveva dedotto alcunché sulla valutazione comparativa effettuata dal Direttore Generale all'esito della quale "gli appellati sono stati ritenuti meritevoli in quanto più rispondenti alle esigenze correlate agli incarichi da conferire sulla base della formazione professionale e delle esperienze lavorative dimostrate";

16. essa, inoltre, ha affermato l'insussistenza dell'interesse della C. a denunciare la totale illegittimità della procedura di selezione (sotto il profilo della dedotta violazione del limite percentuale di cui all'art. 15 septies del d. Igs. n. 502 del 1992 e sotto il profilo dell'assenza del presupposto della necessarietà ed urgenza della medesima procedura) in quanto la domanda risarcitoria in tanto si giustifica in quanto la parte lamenti di essere stata ingiustamente privata della possibilità di accedere alla qualifica dirigenziale alla quale poteva legittimamente aspirare;

esame dei motivi

17. il ricorso deve essere rigettato perché la sentenza impugnata non è scalfita dalle censure formulate nel ricorso;

18. è infondato il primo motivo con il quale la ricorrente denuncia l'erroneità della statuizione che ha ritenuto sufficiente per la partecipazione alla procedura selettiva dedotta in giudizio e per la conseguente attribuzione degli incarichi dirigenziali, il requisito del conseguimento della sola laurea di primo livello da parte dei candidati C, B. e Q.;

19. l'art. 26 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 recante norme per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale dispone (c. 1) che "Alla qualifica di dirigente dei ruoli professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio sanitario nazionale si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, al quale sono ammessi candidati in possesso del relativo diploma di laurea, con cinque anni di servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalità prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione funzionale di settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni";

20. l'art. 15 septies c. 2 del d. Igs. n. 502 del 1992, a mente del quale ( cfr. punto n. 13 di questa sentenza) fu indetta, con deliberazione del 20 dicembre 2007 la procedura selettiva dedotta in giudizio, nel testo « vigente e applicabile "ratione temporis" con disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 26 del d.lgs. n. 165 del 2001, prevede che "Le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere possono stipulare, oltre a quelli previsti dal comma precedente, contratti a tempo determinato, in numero non superiore al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, ad esclusione della dirigenza medica, nonché della diligenza professionale, tecnica ed amministrativa, per l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, ad esperti di provata competenza che non godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico;

21. l'art. 28 del d. Igs. n. 165 del 2001, nel testo sostituito dall'art. 3 c. 5 della I. 15 luglio 2002, n. 145 (Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato), che disciplina l'accesso alla dirigenza nell'ambito delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, prevedendo due distinti meccanismi di selezione (concorso e corso concorso selettivo bandito dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione) al comma 2 dispone che "Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea";

22. l'art. 28 c. 3 del d. Igs. n. 165 del 2001 prevede che "Al corso-concorso selettivo di formazione possono essere ammessi, con le modalità stabilite nel regolamento di cui al comma 5, soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: laurea specialistica, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Al corso-concorso possono essere ammessi dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali e richiesto il possesso del diploma di laurea. Possono essere ammessi, altresì, dipendenti di strutture private, collocati in posizioni professionali equivalenti a quelle indicate nel comma 2 per i dipendenti pubblici, secondo modalità individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tali dipendenti devono essere muniti del diploma di laurea e avere maturato almeno cinque anni di esperienza lavorativa in tali posizioni professionali all'interno delle strutture stesse";

23. nel contesto normativo innanzi ricostruito quanto ai meccanismi di reclutamento e di selezione dei dirigenti nell'ambito dell'impiego pubblico privatizzato e quanto alla attribuzione dei correlati incarichi dirigenziali emerge con chiarezza che il legislatore, quanto ai titoli di studio, ha fatto riferimento, anche nel corpo della medesima disposizione alla laurea ovvero al diploma di laurea o al diploma di specializzazione o alla laurea specialistica ovvero al dottorato di ricerca o anche ad altro titolo universitario senza alcuna ulteriore specificazione;

24. la ricostruzione del significato dei termini "laurea " e "diploma di laurea", che il legislatore ha utilizzato, come innanzi evidenziato, in modo generico ed indistinto e senza riferimento e senza confronto alcuno alle norme che nel corso del tempo hanno disciplinato l'ordinamento didattico universitario ed i titoli rilasciabili dalle Università ovvero da altre istituzioni, non può prescindere dall'analisi della disciplina di riforma dell'ordinamento didattico universitario, disciplina che va coordinata con quella che regola i sistemi e i meccanismi di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, alle quali accedono, tra gli altri, anche coloro che si sono formati nell'ambito delle Università;

25. la direttiva 89/48/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 ("relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni") ha previsto (art. 1) che si intende per "diploma, qualsiasi diploma, certificato o altro titolo o qualsiasi insieme di diplomi, certificati o altri titoli che sia stato rilasciato da un'autorità competente in uno Stato membro, designata in conformità delle sue disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, da cui risulti che il titolare ha seguito con successo un ciclo di studi post-secondari di durata minima di tre anni oppure di durata equivalente a tempo parziale, in un'università o un istituto di istruzione superiore o in un altro istituto dello stesso livello di formazione e, se del caso, che ha seguito con successo la formazione professionale richiesta oltre al ciclo di studi post-secondari e dal quale risulti che il titolare possiede le qualifiche professionali richieste per accedere ad una professione regolamentata in detto Stato membro o esercitarla..."

26. la legge 15 maggio 1997, n. 127 all'art. 17 c. 95 (nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'art. 6 c. 7 lett. a) della L. 19 ottobre 1999 n. 370) ha disposto che "L'ordinamento degli studi dei corsi universitari, con esclusione del dottorato di ricerca è disciplinato dagli atenei, con le modalità di cui all'articolo 11, commi 1 e 2, della legge 19 novembre 1990, n. 341, in conformità a criteri generali definiti, nel rispetto della normativa comunitaria vigente in materia, sentiti il Consiglio universitario nazionale e le Commissioni parlamentari competenti, con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con altri Ministri interessati, limitatamente ai criteri relativi agli ordinamenti per i quali il medesimo concerto è previsto alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero da disposizioni dei commi da 96 a 119 del presente articolo";

27. in attuazione di quanto previsto dall'art. 17 c. 95 della richiamata I. n. 127 del 1997 è stato emanato il D.M. 3 novembre 1999, n. 509 (in Gazz. Uff., 4 gennaio, n. 2), Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei (art. 1);

28. l'art. 3 del D.M. n. 509 del 1999 dispone che "Le università rilasciano i seguenti titoli di primo e di secondo livello: a) laurea (L); b) laurea specialistica (LS)" (c.l), "Le università rilasciano altresì il diploma di specializzazione (DS) e il dottorato di ricerca (DR)" ( c.2) "La laurea, la laurea specialistica, il diploma di specializzazione e il dottorato di ricerca sono conseguiti al termine, rispettivamente, dei corsi di laurea, di laurea specialistica, di specializzazione e di dottorato di ricerca istituiti dalle università (c. 3); "Il corso di laurea ha l’obiettivo di assicurare allo studente un'adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l'acquisizione di specifiche conoscenze professionali" (c. 4); "Il corso di laurea specialistica ha l'obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici" (c. 5 ); "Il corso di specializzazione ha l'obiettivo di fornire allo studente conoscenze e abilità per funzioni richieste nell'esercizio di particolari attività professionali e può essere istituito esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell'Unione europea"( c. 6); quanto ai "corsi di dottorato di ricerca e il conseguimento del relativo titolo" rinvia ( c.7) alla disciplina contenuta nell'art. 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210 " fatto salvo quanto previsto dall'art. 6, commi 5 e 6" ;

29. l'art. 8 (Durata normale dei corsi c di studio) statuisce che "Per ogni corso di studio è definita una durata normale in anni, proporzionale al numero totale di crediti di cui all'art. 7, tenendo conto che ad un anno corrispondono sessanta crediti ai sensi del comma 2 dell'art. 5" c. 1) e che "La durata normale dei corsi di laurea è di tre anni; la durata normale dei corsi di laurea specialistica è di ulteriori due anni dopo la laurea" ( c. 2).

30. il D.M. 22 ottobre 2004, n. 270 ( in Gazzetta Uff. 12 novembre 2004 n. 266), che ha modificato il regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, all’art. 3 ha previsto (comma 1) che "Le università rilasciano i seguenti titoli: a) laurea (L); b) laurea magistrale (L.M.)" la quale non è più la laurea specialistica e rilasciano, ( c. 2) "altresì il diploma di specializzazione (DS) e il dottorato di ricerca (DR)";

31. il richiamato art. 3 dispone che ( c. 3 ) che "La laurea, la laurea magistrale, il diploma di specializzazione e il dottorato di ricerca sono conseguiti al termine, rispettivamente, dei corsi di laurea, di laurea magistrale, di specializzazione e di dottorato di ricerca istituiti dalle università", precisa ( c. 4) che "il corso di laurea ha l'obiettivo di assicurare allo studente un'adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, anche nel caso in cui sia orientato all'acquisizione di specifiche conoscenze professionali", aggiunge che (c. 5) "L'acquisizione delle conoscenze professionali, di cui al comma 4 è preordinata all'inserimento del laureato nel mondo o del lavoro ed all'esercizio delle correlate attività professionali regolamentate, nell'osservanza delle disposizioni di legge e dell'Unione europea e di quelle di cui all'articolo 11, comma 4;

32. al corso di laurea magistrale l'art. 3 del richiamato D.M. n. 509 del 1999 attribuisce (c,6) l'obiettivo "di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici, laddove il corso di specializzazione ( c. 7) "ha l'obiettivo di fornire allo studente conoscenze e abilità per funzioni richieste nell'esercizio di particolari attività professionali e può essere istituito esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell'Unione europea".

33. la disciplina relativa ai corsi di dottorato di ricerca e il conseguimento del relativo titolo (c.8) è dettata con rinvio a quella contenuta nell'articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210," fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6, commi 5 e 6";

34. l'esame le disposizioni di fonte legale primaria e secondaria innanzi richiamate, da leggersi in conformità all'art. 1 della Direttiva la direttiva 89/48/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988, conduce ad affermare che:

35. l'unico titolo universitario conosciuto dall'ordinamento prima della riforma attuata con la I. n. 127 del 1997 e con le successive disposizioni attuative di fonte secondaria (il D.M. n. 509 del 1999 e, successivamente il D.M. n. 270 del 2004), costituito dal diploma di laurea (D.L.), è stato sostituito dalla laurea (L. di cui ai D.M. innanzi citati) che si consegue al termine del corso di studi di durata triennale;

36. tanto comporta che il legislatore con le disposizioni di legge che disciplinano l'accesso alla dirigenza, i criteri di selezione dei dirigenti, i meccanismi degli incarichi dirigenziali, ma più in generale i criteri ed i meccanismi di reclutamento, di selezione, di progressione e riqualificazione professionale dei dipendenti pubblici, laddove non ha inteso richiedere in modo espresso un titolo di studi ulteriore e specializzante, ma ha fatto riferimento alla laurea o al diploma di laurea ha inteso richiedere il possesso dell'unica "laurea" oggi riconosciuta in quanto tale che è quella cd. triennale, ossia quella conseguita all'esito di un corso di studi universitari di durata triennale (TAR Lazio 16 gennaio 2012 n. 430; TAR Lazio 3 novembre 2009 n. 10729);

37. la prospettazione difensiva formulata dalla ricorrente che valorizza il termine "diploma di laurea" per escludere che alla procedura di selezioni dedotta in giudizio avessero diritto di partecipare i controricorrenti C., B., Q. in quanto in possesso della laurea "triennale" e non del diploma di laurea quadriennale, conseguito secondo il "vecchio" ordinamento universitario non è condivisibile in quanto:

38. trascura le modifiche intervenute nell'ordinamento universitario e non è conforme alla "ratio" ispiratrice della riforma attuata con la L. n. 127 del 1997 e successivamente con i D.M. n. 509 del 1999 e n. 270 del 2004, tesa a consentire ai cittadini italiani di completare, come accadeva e accade in altri paesi europei e non solo, di completare il loro percorso formativo universitario con un anno (teorico) di anticipo rispetto al precedente ordinamento didattico e ciò attraverso l'introduzione delle lauree conseguite al termine di corso di studi di durata triennale, cui può seguire un ulteriore percorso formativo più specializzate di durata biennale;

39. non considera che nel nuovo ordinamento l’espressione diploma di laurea non può che riferirsi alla laurea triennale, il che non esclude che possano essere comprese anche le lauree del vecchio ordinamento;

40. il riferimento alle decisioni della Corte dei Conti sez. contr. Sato n. 3 del 2003, della sezione giurisdizionale per la Regione Campania n. 127/2009, della sezione giurisdizionale della Regione Lombardia n. 627/2010, della sezione Toscana n. 542/2006, della sezione III/A n. 279/2001, e la deliberazione n. 3 del 2003 assunta nell'Adunanza congiunta del I e del II collegio del 9 gennaio 2003 sezione controllo di legittimità degli atti di Governo, richiamate nel ricorso, non è pertinente in quanto nella fattispecie in esame non viene in rilievo la questione della equipollenza ed è inappropriato perché nessuna delle decisioni invocate ha affrontato la questione della equipollenza tra laurea "triennale" nuovo ordinamento e "diploma di laurea" vecchio ordinamento; altrettanto non pertinente è il richiamo fatto nella memoria difensiva della ricorrente alla sentenza del Consiglio di Stato del 15 giugno 2006 n. 3528, perché essa affronta la questione della equiparazione del diploma ISEF a quello della laurea breve di I livello, nell'ambito del reclutamento dei dirigenti scolastici di cui all'art. 29 del d.lgs n. 165 del 2001;

41. il secondo motivo è inammissibile;

42. la Corte territoriale (punti nn. 15 e 16 di questa sentenza) ha rigettato la domanda risarcitoria sul rilievo che una volta affermata la legittimità del bando non v'era alcuno spazio per l'invocazione dei principi di correttezza e buona fede posto che C. non aveva dedotto alcunché sulla valutazione comparativa effettuata dal Direttore Generale all'esito della quale "gli appellati sono stati ritenuti meritevoli in quanto più rispondenti alle esigenze correlate agli incarichi da conferire sulla base della formazione professionale e delle esperienze lavorative dimostrate"; ha aggiunto che non sussisteva l'interesse della C. a denunciare la totale illegittimità della procedura di selezione (sotto il profilo della dedotta violazione del limite percentuale di cui all'art. 15 septies del d. Igs. n. 502 del 1992 e sotto il profilo dell'assenza del presupposto della necessarietà ed urgenza della medesima procedura) in quanto la domanda risarcitoria in tanto si giustifica in quanto la parte lamenti di essere stata ingiustamente privata della possibilità di accedere alla qualifica dirigenziale alla quale poteva legittimamente aspirare;

43. con queste argomentazioni motivazionali la ricorrente non si confronta affatto;

44. essa, prospettando un'ipotetica erroneità della statuizione sul danno in via derivata dalla statuizione di rigetto della domanda fondata sulla illegittimità della procedura selettiva per avvenuta ammissione di candidati privi di idoneo titolo universitario, si limita a denunciare violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di responsabilità civile per colpa della P.A., nesso di causalità e di risarcimento del danno, violazione dell'art. 63 comma 2 del T.U . n. 165/2001 , degli artt. 1218 e 2043 cod.civ., violazione delle norme e dei principi in tema di correttezza e buona fede nell'esecuzione del rapporto di impiego pubblico privatizzato ex art. 5 comma 1 e 2 del T.U. n. 165 del 2001, 1175, 1375 cod.civ., in relazione agli obblighi di trasparenza, imparzialità e buona amministrazione ex art. 2 T.U. n. 165/2001 costituzionalizzati agli artt. 3 e 97 Cost. , violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di onere della prova, presunzioni semplici, di cui agli artt. 2697 cod.civ., 2721 cod.civ. e segg, 115 e 16 cod.proc.cìv.;

45. in conclusione, il ricorso va rigettato;

46. le spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

47. ai sensi dell'art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano quanto alla Azienda USL di Viterbo in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie oltre IVA e CPA e quanto a C.L., B.A. e Q.M., in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA, spese queste ultime da distrarsi in favore dell'Avvocato M.P., difensore dei controricorrenti C., B., e Quintarelli, dichiaratosi antistatario.

Ai sensi dell'art. 13 c. 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.