Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 26 marzo 2020, n. 7532

Tributi - Reddito d’impresa - Determinazione - Costi di manutenzione nelle "immobilizzazioni materiali" - Capitalizzazione e ammortamento in quote costanti in cinque anni - Legittimità

 

Rilevato che

 

1. la società F. S.p.A. ricorre con quattro motivi contro l'Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 129/29/1 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, emessa in data 12/7/2012, depositata in data 19/10/2012 e non notificata, che ha accolto l'appello dell'Ufficio, in controversia avente ad oggetto l'impugnativa dell'avviso di accertamento con cui l'Amministrazione rettificava i redditi della società per l'anno di imposta 2004, determinando una maggiore Ires ed Irap;

2. con la sentenza impugnata la C.T.R. esponeva in fatto che l'avviso di accertamento considerava indeducibili gli ammortamenti per i costi di manutenzione degli immobili di Milano e Roma, ritenuti spese incrementative, con riferimento alla ristrutturazione dell'immobile di Milano, e, comunque, eccedenti il limite fissato dall'art.102 T.u.i.r.;

la società aveva impugnato l'atto impositivo, deducendo, in via preliminare, la nullità dell'accertamento, per vizio di motivazione, ed, in subordine, la deducibilità, ai sensi dell'art. 102 T.u.i.r, sia delle spese di manutenzione ordinaria, sia di quelle di manutenzione straordinaria, con il solo limite quantitativo previsto dalla norma;

la ricorrente sosteneva che la capitalizzazione dei costi pluriennali con ammortamento a cinque anni, anziché l'integrale deduzione degli stessi con il limite del 5%, non comportava alcun danno per l'erario, ma piuttosto un aggravio per la contribuente, che deduceva in cinque anni quanto avrebbe potuto dedurre in un solo esercizio;

la C.T.P. di Milano aveva accolto parzialmente il ricorso della società, ritenendo che l'esame del dettaglio delle spese eseguite consentiva di individuare un complesso di opere di manutenzione, per euro 619.114,49, diverse da quelle svolte dalla L. S.p.A., che ricadevano nell'ambito applicativo dell'art.102 T.u.i.r., fermo restando la correttezza delle deduzioni effettuate dalla società per gli altri costi;

avverso la decisione di primo grado interponevano appello, sia l'Agenzia delle Entrate, deducendo la contraddittorietà della motivazione, atteso che le spese, diverse da quelle relative alle opere eseguite dalla ditta L., ammontavano, per gli anni 2002, 2003 e 2004 ad euro 1.590.726,57, sia la società contribuente, che insisteva sulla nullità dell'atto impositivo per vizio di motivazione;

la C.T.R., con la decisione impugnata, premesso che le spese di manutenzione eseguite nel periodo 2002/2004 da fornitori diversi dalla ditta L. ammontavano ad euro 1.590.726,57 e che quelle eseguite da tale ultima ditta ammontavano invece ad euro 652.631,01, riteneva che la sentenza del primo giudice fosse di difficile comprensione, in quanto non esplicitava gli elementi in base ai quali il recupero degli ammortamenti indeducibili sarebbe stato parzialmente infondato, accogliendo l'appello dell'Ufficio;

3. a seguito del ricorso, l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 26 giugno 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197;

 

Considerato che

 

1.1. con il primo motivo, la società ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art.112 c.p.c., in relazione all'art.360, comma 1, n.4, c.p.c., non avendo rispettato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato;

secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe omesso l'esame delle specifiche eccezioni di merito, sollevate da entrambe le parti, ed avrebbe confermato integralmente l'avviso di accertamento, prescindendo da ogni esame del merito;

1.2. il motivo è infondato e va rigettato;

1.3. invero, la censura è infondata, atteso che, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico - giuridica della pronuncia (ex multis, Cass. n. 24155/2017);

nel caso in esame, l'omessa pronuncia non sussiste perché la C.T.R., in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato integralmente il ricorso della contribuente, confermando la legittimità dell'accertamento impugnato;

2.1. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia, con riferimento all'art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., l'omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, così come previsto dall'art.360, comma 1, n.5 c.p.c., nella formulazione introdotta dall'art. 54 d.l. n. 83/2012, e consistente nella conferma integrale dell'avviso di accertamento, omettendo qualsivoglia analisi del merito della controversia;

con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art.7, comma 13, L. n.358/1991, modificato dall'art. 23 d.P.R. n. 107/2001, deducendo l'incompetenza funzionale alla verifica della DRE Lombardia, in relazione all'art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;

la ricorrente, ammettendo la novità della questione, per la prima volta avanzata con il ricorso in Cassazione, ne chiede il rilievo d'ufficio;

con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art.102, comma 2, T.u.i.r., 7, comma 13, L. n.358/1991, con riferimento all'art.360, comma 1, n.3, c.p.c.;

in particolare, sotto un primo profilo di doglianza, la ricorrente deduce la violazione dell'art.102, comma 2, T.u.i.r., in relazione all'art.108, comma 3, T.u.i.r., che la società ha ritenuto applicabile alla fattispecie in esame, contabilizzando separatamente i costi di manutenzione nelle "immobilizzazioni materiali" e procedendo ad ammortamento in quote costanti in cinque anni;

con un secondo profilo di doglianza, la ricorrente deduce l'applicabilità al caso di specie dell'art. 102, comma 6, T.u.i.r., vigente ratione temporis, secondo cui "le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili";

2.2. il secondo profilo di doglianza del quarto motivo è fondato e deve essere accolto, con conseguente assorbimento del primo profilo, nonché del secondo motivo di ricorso;

2.3. come questa Corte ha chiarito, "in tema di determinazione del reddito d'impresa, le spese sostenute per la manutenzione, riparazione, trasformazione ed ammodernamento di beni strumentali, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo degli stessi, ex art. 102, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, non assumendo rilevanza, a tal fine, il carattere eccezionale di dette spese" (Cassazione civile sez. trib., 09/02/2018, n. 3170; vedi anche Cass. n. 7885/2016 e n.18810/2017);

è principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui la citata disposizione normativa «consente all'imprenditore di esercitare l'opzione tra la capitalizzazione delle spese incrementative, quale aumento del costo del bene ammortizzabile, ovvero la loro deduzione immediata entro i limiti quantitativi prefissati (deduzione di importo non superiore al 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili; deduzione dell'eccedenza per quote costanti nei cinque esercizi successivi)»;

risulta, quindi, errata l'interpretazione adottata dall'Agenzia delle Entrate, secondo cui le spese di manutenzione sostenute nella specie dalla società contribuente, in quanto straordinarie e come tali di natura incrementativa del valore dei beni immobili interessati, dovevano obbligatoriamente essere imputate ad aumento dei costi dei beni ammortizzabili e dedotti con il meccanismo previsto dall'art. 102, comma 2, d.P.R. n. 917 del 1986 e dal d.m. 31/12/1988;

invero, nel caso in esame, l'Amministrazione Finanziaria, con l'avviso di accertamento impugnato dalla società contribuente, considerava indeducibili gli ammortamenti per i costi di manutenzione degli immobili di Milano e Roma, ritenuti spese incrementative, con riferimento alla ristrutturazione dell'immobile di Milano, e, comunque, eccedenti il limite fissato dall'art.102 T.u.i.r.;

la società aveva impugnato l'atto impositivo, deducendo, in via preliminare, la nullità dell'accertamento, per vizio di motivazione, ed, in subordine, la deducibilità, ai sensi dell'art.102 T.u.i.r., sia delle spese di manutenzione ordinaria, sia di quelle di manutenzione straordinaria, con il solo limite quantitativo previsto dalla norma;

la C.T.R., omettendo ogni valutazione sulla correttezza del criterio adottato dalla società e sul rispetto dei limiti quantitativi previsti dall'art. 102, comma 6, T.u.i.r., laddove ha ritenuto interamente indetraibili le spese in esame, sul presupposto che la sentenza di primo grado non avesse esplicitato i motivi di infondatezza dell'accertamento in questione, non ha fatto corretta applicazione della normativa riferibile al caso di specie;

in conclusione, il quarto motivo di ricorso deve essere accolto nei sensi specificati in motivazione, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;

2.4. il terzo motivo di ricorso, invece, è inammissibile, non potendosi rilevare d'ufficio l'eventuale l'incompetenza funzionale alla verifica fiscale da parte della D.R.E. Lombardia;

invero, ove anche si ritenesse che la verifica fiscale effettuata da un Ufficio funzionalmente incompetente dia luogo alla nullità dell'avviso di accertamento, in tema di contenzioso tributario, la nullità dell’avviso di accertamento non è rilevabile d'ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta per la prima volta nelle successive fasi del giudizio;

infine, la questione è comunque infondata, come chiarito da questa Corte, con l'Ordinanza n. 4484 del 21 febbraio 2017, che ha riconfermato che le Direzioni Regionali delle Entrate sono dotate di potere di accesso, ispezione e verifica;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il quarto motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, rigetta il primo, assorbito il secondo e dichiarato inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.