Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 novembre 2019, n. 28935

Insegnati in servizio all'estero - Trattenuta stipendiale - Quota di indennità integrativa speciale - Assegno di sede - Restituzione delle somme trattenute

Rilevato

 

che con sentenza depositata il 19 marzo 2014 la Corte d'appello di Roma respinge l'appello del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca (d'ora in poi: MIUR) avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 13934/2011 che: 1) ha accolto la domanda di E. B. numerosi litisconsorti indicati in epigrafe, i quali nella qualità di insegnati in servizio all'estero, avevano chiesto l'accertamento dell'illegittimità della trattenuta stipendiale — corrispondente alla quota di indennità integrativa speciale (IIS), ormai conglobata nella retribuzione tabellare — operata nei loro confronti dal MIUR a partire dall'1 gennaio 2006, sull'assunto dell'inconciliabilità della IIS con l'assegno di sede loro spettante quali docenti in servizio all'estero (art. 658 del d.lgs. n. 297 del 1994); 2) ha condannato l'Amministrazione alla restituzione delle somme trattenute e al pagamento delle spese processuali; che la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la questione relativa alla compatibilità tra assegno di sede e IIS del personale della scuola è stata risolta dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 17134 del 2013;

b) in tale sentenza la Corte di cassazione ha affermato, sulla base della contrattazione collettiva, che la clausola contrattuale di cui alla nota a verbale dell'art. 76 del CCNL del 24 luglio 2003 Comparto Scuola, va interpretata nel senso che la ritenuta relativa all'indennità integrativa speciale sullo stipendio, ivi stabilita, per il personale in servizio all'estero deve ritenersi non applicabile con riferimento al successivo CCNL Comparto Scuola del 29 novembre 2007 visto che in tale ultimo contratto non si rinviene sul punto una esplicita reiterazione, sia pure nella forma indiretta, della previsione contenuta al riguardo nelle precedenti pattuizioni collettive;

c) tale decisione e le sue argomentazioni sono da condividere in toto;

d) ne consegue che, per il periodo che qui viene in considerazione, la trattenuta, corrispondente alla misura dell'IIS, deve essere esclusa, come affermato anche dal primo Giudice; che avverso tale sentenza il MIUR, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, propone ricorso affidato a due motivi, al quale oppongono difese E.B. dei suoi numerosi litisconsorti indicati in epigrafe, con un unico controricorso, illustrato da memoria;

 

Considerato

 

che il ricorso è articolato in due motivi;

che con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, inserito dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148 nonché degli artt. 170 e 171 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, sostenendosi che erroneamente la Corte d'appello avrebbe omesso di considerare tale disposizione - che, secondo il Ministero ricorrente, è applicabile anche al personale docente all'estero - la quale, sotto la rubrica "Indennità di amministrazione" alla lettera a) prevede che l'art. 170 del d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18 si interpreta nel senso che il trattamento economico complessivamente spettante al personale dell'Amministrazione degli affari esteri nel periodo di servizio all'estero, anche con riferimento a "stipendio" e "assegni di carattere fisso e continuativo previsti per l'interno", non include né l'indennità di amministrazione nè l'indennità integrativa speciale e alla lettera b) stabilisce che al suddetto personale, durante il periodo di servizio all'estero, possono essere attribuite soltanto le indennità previste dal d.P.R. n. 18 del 1967;

che con il secondo motivo - proposto in subordine rispetto al primo motivo - si denuncia in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 76 CCNL Scuola 2002-2005, degli artt. 77, 78 e 146 CCNL Scuola 2006-2009 del 29 novembre 2007, sostenendosi che comunque la sentenza impugnata sarebbe erronea per la delimitazione dell'arco temporale di attribuzione del riconosciuto diritto che, sulla base della richiamata Cass. n. 17143 del 2013, potrebbe essere attribuito soltanto dal 27 novembre 2007 (data di stipulazione del CCNL 2006-2009 cit.), mentre gli attuali controricorrenti hanno prestato servizio all'estero anche prima;

che il ricorso non è da accogliere;

che il primo motivo è inammissibile in quanto, come si desume chiaramente dal suo chiaro e univoco tenore letterale, il richiamato art. 1-bis del d.l.n. 148 del 2011 non si applica ai docenti che prestano servizio all'estero, in quanto la disposizione si riferisce esplicitamente all'indennità di servizio estero prevista per il personale dell'Amministrazione degli Affari Esteri, che è analoga ma non coincidente, neppure negli importi, con l'assegno di sede percepito dagli attuali docenti controricorrenti (d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, art. 171, comma 2, lett. a);

che la norma di interpretazione autentica invocata abbia riguardo al solo personale di tale ultima Amministrazione lo si ricava anche dalla lettera b) dello stesso art. 1-bis, che prevede che "durante il periodo di servizio all'estero al suddetto personale possono essere attribuite soltanto le indennità previste dal d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18";

che tale decreto, infatti, disciplina appunto il trattamento economico del personale dell'Amministrazione degli Affari Esteri, diverso da quello del personale della Scuola (vedi, in tal senso: Cass. 30 ottobre 2014, n. 23058 e Cass. 16 novembre 2017, n. 27219);

che ne consegue che non può lamentarsi sul punto la violazione delle norme invocate, visto che mancano i presupposti di fatto per l'applicazione delle norme stesse e, di conseguenza, la deduzione del vizio di violazione di legge - che consiste nella denuncia dell'erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (cd. Vizio di sussunzione) (vedi, per tutte: Cass. 13 marzo 2018, n. 6035) - risulta inammissibile non potendo la suddetta denuncia riguardare norme inapplicabili alla fattispecie considerata, in quanto questo equivale ad esprimere un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa invocando, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse;

che anche il secondo motivo è infondato;

che, infatti, le censure con esso proposte muovono dalla premessa ermeneutica secondo cui il CCNL 2006-2009 Comparto Scuola preso in considerazione da Cass. 10 luglio 2013, n. 17134 - per escludere la persistente applicabilità della ritenuta relativa alla IIS sullo stipendio nei confronti del personale del suddetto Comparto in servizio all'estero (prima prevista dalla nota a verbale dell'art. 76 del CCNL del 24 luglio 2003 Comparto Scuola) - avrebbe avuto efficacia soltanto dal 27 novembre 2007, data della sua stipulazione, sicché il diritto ad ottenere la restituzione delle trattenute di cui si discute non sarebbe attribuibile agli attuali contro ricorrenti che hanno prestato servizio all'estero anche prima della data suindicata;

che tale premessa risulta però smentita dall'art. 1, comma 2, dell'indicato CCNL, secondo cui: "Il presente contratto concerne il periodo 1 gennaio 2006 - 31 dicembre 2009 per la parte normativa, ed è valido dal 1 gennaio 2006 fino al 31 dicembre 2007 per la parte economica";

che, pertanto, non può dubitarsi dell'applicabilità nella specie del suddetto regime, esplicitato dalla sentenza n. 17134 del 2013 cit. (cui si è uniformata la Corte d'appello);

che, infatti, è pacifico che gli insegnanti nel presente giudizio hanno chiesto l'accertamento dell'illegittimità della trattenuta stipendiale - corrispondente alla quota di indennità integrativa speciale (IIS), ormai conglobata nella retribuzione tabellare - operata nei loro confronti dal MIUR a partire dall'1 gennaio 2006, primo giorno di vigenza del CCNL 2006-2009 cit.;

che tanto basta per l'illegittimità della trattenuta stipendiale de qua, correttamente affermata nella sentenza impugnata;

che, in sintesi, il ricorso va respinto;

che le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo - seguono la soccombenza;

che nulla va disposto con riguardo al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, non potendo tale normativa trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, quale è il Ministero ricorrente (vedi, per tutte, in tal senso: Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778).

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 6500,00 (seimilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.