Licenziamento per scarso rendimento: illegittimo senza la previa affissione del codice disciplinare

È inefficace il licenziamento disciplinare per scarso rendimento intimato al lavoratore senza la previa affissione del codice disciplinare (Corte di Cassazione, Ordinanza 11 agosto 2022 n. 24722).

Il caso

La Corte d'appello di Roma accoglieva parzialmente il reclamo di un lavoratore e dichiarava inefficace il licenziamento disciplinare intimato a questi dalla s.r.l. datrice di lavoro, senza la previa affissione del codice disciplinare.

Il dipendente in questione, dopo aver ricevuto varie contestazioni disciplinari per scarso rendimento e provvedimenti disciplinari di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, era stato licenziato con preavviso a seguito di una contestazione disciplinare con cui gli si addebitava "una voluta lentezza nello svolgere la mansione affidata", unitamente alla recidiva specifica.
Nel giudizio di primo grado era emerso che i rendimenti del lavoratore (invalido civile al 50% ma giudicato idoneo alla mansione assegnatagli) risultavano pari o inferiori al 50% rispetto alla media produttiva del reparto.

I giudici di appello evidenziavano, tuttavia, che la contestazione disciplinare avesse ad oggetto la violazione, non di doveri fondamentali del lavoratore o del c.d. minimo etico, che devono presumersi conosciuti da tutti, bensì di una specifica regola tecnica di produttività, legata ad un determinato standard medio fissato dall'azienda in base alla propria organizzazione produttiva e alla media raggiunta dagli altri dipendenti con identiche mansioni. In ragione di tali caratteristiche, il datore di lavoro avrebbe dovuto preliminarmente informare i lavoratori della rilevanza disciplinare della violazione della citata regola di produttività, mediante affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti.
Tale adempimento non poteva considerarsi irrilevante nel caso in esame, in cui la medesima condotta era già stata oggetto di sei precedenti contestazioni disciplinari e di corrispondenti sanzioni nei confronti del lavoratore, poiché l'obbligo di preventiva pubblicazione era riferito anche alla previsione della recidiva specifica, idonea a determinare una progressione sanzionatoria, nel senso di legittimare l'irrogazione di una sanzione estintiva e non più solo conservativa.
Nella caso di specie l'onere di preventiva pubblicazione del codice disciplinare non era stato assolto dal datore di lavoro.

Avverso tale sentenza la s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza d'appello nella parte in cui aveva ritenuto pacifica la mancata preventiva affissione del codice disciplinare.

La decisione della Corte

La Suprema Corte ha ritenuto non meritevole di accoglimento il ricorso, affermando preliminarmente che, in tema di sanzioni disciplinari, qualora le violazioni contestate non consistano in condotte contrarie ai doveri fondamentali del lavoratore, rientranti nel cd. minimo etico o di rilevanza penale, bensì nella violazione di norme di azione derivanti da direttive aziendali, suscettibili di mutare nel tempo, in relazione a contingenze economiche e di mercato ed al grado di elasticità nell'applicazione, l’ambito ed i limiti della loro rilevanza e gravità, ai fini disciplinari, devono essere previamente posti a conoscenza dei lavoratori, secondo le prescrizioni dell'articolo 7 St. lav..

L'affissione del codice disciplinare (art. 1, co. 7, L. n. 300 del 1970) costituisce una forma di pubblicità condizionante il legittimo esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro, il cui adempimento deve essere provato dal datore medesimo. Tale formalità pubblicitaria, che non ammette equipollenti, è diretta ad assicurare la conoscibilità legale della normativa disciplinare (di fonte convenzionale od unilaterale), sicché, come il lavoratore non può invocare la personale ignoranza delle norme disciplinari regolarmente affisse, così il datore di lavoro, ove sia mancata la regolare affissione delle stesse norme, non può utilmente sostenere che il lavoratore ne fosse altrimenti a conoscenza.

Tanto premesso, i Giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte di merito avesse correttamente addossato alla parte datoriale l'onere di prova della preventiva affissione ed avesse ritenuto tale onere non assolto, non risultando formulate istanze istruttorie sul punto.