Prassi - CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON - Comunicato 04 agosto 2022

Lavoro, per il Consiglio nazionale il decreto trasparenza va semplificato

 

Lettera al Ministro Orlando. De Nuccio: "Considerevole appesantimento burocratico, serve un periodo transitorio" Lavoro, per il Consiglio nazionale il decreto trasparenza va semplificato

"Le nuove disposizioni emanate in materia di condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea, con il Decreto Legislativo 27 giugno 2022 n. 104, in mancanza di reali e concrete misure di semplificazione degli obblighi di informazione gravanti sui datori di lavoro, lasciano temere l’insorgere di un considerevole appesantimento burocratico nella gestione e amministrazione del personale". È l’allarme lanciato dal Consiglio nazionale dei commercialisti in una lettera inviata oggi al Ministro del lavoro, Andrea Orlando, nella quale il presidente della categoria, Elbano de Nuccio, scrive che "ragioni di opportunità suggerirebbero la modifica del Decreto, nella prospettiva di uno snellimento e di una semplificazione degli obblighi, oltre che della possibile previsione di un periodo transitorio concesso ai datori di lavoro per l’adeguamento, neutralizzando temporaneamente il regime sanzionatorio". "Grande preoccupazione", viene espressa dal Consiglio nazionale (al cui interno la delega alle tematiche del lavoro è affidata ai consiglieri Marina Andreatta e Aldo Campo) anche in relazione alla data di entrata in vigore del Decreto dal 13 agosto, "per le difficoltà, per i datori di lavoro e per i professionisti incaricati, di provvedere tempestivamente all’adeguamento delle prassi aziendali nonché alla risoluzione delle problematiche nascenti dalla richieste di informazioni dei lavoratori già assunti alla data del 1° agosto 2022, oltretutto in mancanza di circolari o note esplicative da parte del Dicastero o degli enti competenti". "Il contesto di difficoltà in cui gli imprenditori e gli operatori del diritto del lavoro sono costretti a muoversi, a causa degli effetti di lunga durata dell’emergenza pandemica nonché delle ripercussioni sui mercati delle materie prime causate dallo scenario bellico, richiede cautela rispetto ad ulteriori ipotesi di aggravamento burocratico e di appesantimento organizzativo", afferma de Nuccio.

Nella missiva, si sottolinea anche come "a fronte del notevole accrescimento dei contenuti delle comunicazioni previsti in relazione all’instaurazione di rapporti di lavoro, con le modifiche apportate al decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, è stata soppressa la possibilità di effettuare molte informazioni di legge mediante il rinvio alle norme del contratto collettivo applicato al lavoratore. D’altronde, con riferimento a molti degli elementi essenziali del rapporto di cui ciascun lavoratore ha diritto di conoscenza, tale opzione è compendiata dalla direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, ai sensi della quale le informazioni possono, se del caso, essere fornite sotto forma di un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o statutarie o ai contratti collettivi".

Per questo, sottolinea il numero uno dei commercialisti, "non si comprendono le ragioni della scelta legislativa, anche avuto riguardo alla circostanza che essa non valorizza la condotta virtuosa dei datori di lavoro che, seppur in mancanza di un obbligo legalmente imposto, intendano applicare i contratti collettivi di settore per disciplinare i rapporti di lavoro da instaurare". De Nuccio aggiunge poi che "la normativa non chiarisce la natura delle informazioni di cui è richiesta l’introduzione nel contratto di lavoro, ossia se queste assurgano a vere e proprie clausole contrattuali individuali oppure a mere informazioni riportanti il contenuto del contratto collettivo per tempo vigente. La questione è pregnante con particolare riguardo al consolidato meccanismo di rinvio mobile al contratto collettivo, quest’ultimo ormai pacificamente qualificato come fonte eteronoma del rapporto individuale di lavoro. In forza del quadro legislativo ormai delineato, i datori di lavoro dovranno infittire i contratti di lavoro e la documentazione di assunzione, riportando una mole di informazioni che, per un verso, rischierebbero di essere poco intelligibili e, per altro verso, disincentiverebbero i lavoratori dalla consultazione dei contratti collettivi di categoria, ove applicati, che rappresentano il principale presidio degli standard economici e normativi del rapporto".