Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 25 gennaio 2022, n. 1

Rilevanza delle ipotesi di controllo congiunto agli effetti dell'applicazione della disciplina antielusiva specifica ACE - articolo 10 del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 3 agosto 2017

Con la consulenza giuridica specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

L'articolo 10 del DM 3 agosto 2017 (di seguito anche Nuovo Decreto ACE) contiene una disciplina antielusiva specifica volta a prevenire duplicazioni dei benefici derivanti dall'agevolazione ACE nell'ambito dei gruppi societari.

A tal fine, la norma contempla l'irrilevanza, ai fini del computo della cd. base ACE, dei trasferimenti di liquidità in favore di altre società del gruppo derivanti da conferimenti in denaro, finanziamenti, acquisizioni di aziende o rami di aziende e di partecipazioni di controllo.

L'ambito soggettivo della disciplina in questione è definito dall'articolo 10, comma 1, del DM 3 agosto 2017 secondo cui, agli effetti delle relative disposizioni, si considerano "società del gruppo" le società controllate, controllanti o controllate da un medesimo soggetto ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

In altri termini, il perimetro applicativo del citato articolo 10 è circoscritto alle società che sono legate tra di loro da un rapporto di controllo nonché a quelle che sono comunque controllate dal medesimo soggetto, anche non societario. Il rapporto di controllo rilevante ai fini dell'individuazione delle società del gruppo è poi declinato mediante rinvio all'articolo 2359 c.c.

La definizione di gruppo influisce anche sull'ambito oggettivo delle operazioni oggetto della disciplina antielusiva specifica che ha riguardo ai conferimenti in denaro e ai finanziamenti in favore di soggetti del gruppo nonché agli acquisti di aziende o di partecipazioni di controllo già appartenenti a soggetti del gruppo (cfr. l'articolo 10, commi 2 e 3, del DM 3 agosto 2017).

Ciò posto, si chiede di conoscere se le previsioni del citato articolo 10 del DM 3 agosto 2017 possano o meno trovare applicazione anche quando una società sia controllata pariteticamente da due (o più) soggetti appartenenti a gruppi distinti (cd. controllo congiunto). Il tema, cioè, è quello di stabilire se una società che sia oggetto di controllo congiunto possa o meno considerarsi come società appartenente al gruppo di ciascuno dei soci anche quando i soci detengano una partecipazione paritetica e nessuno dei soci sia in grado di esercitare una influenza dominante sulla società in questione.

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

In vigenza Dual Income Tax (di seguito anche DIT), l'articolo 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. 466 del 1997 stabiliva che la variazione in aumento del capitale investito, ai fini del calcolo della base DIT, non aveva effetto fino a concorrenza del corrispettivo per l'acquisizione di aziende già appartenenti ad impresa controllata o comunque facente capo allo stesso soggetto economico.

L'amministrazione finanziaria, in considerazione del riferimento all'appartenenza al medesimo soggetto economico, aveva ritenuto che in un'ipotesi di partecipazione paritetica in una società nell'ambito di un accordo di joint venture, il trasferimento da parte dei soci di un ramo di azienda in favore di tale società rientrasse nell'ambito di applicazione della norma antielusiva specifica appena ricordata. In altri termini, il soggetto economico unitario avrebbe dovuto identificarsi in ciascuno dei due gruppi societari partecipanti all'accordo di joint venture con l'effetto di attivare la regola di sterilizzazione della base DIT collegata a tale presupposto (cfr. la circolare n. 57/e del 2001, par. 5.1.) .

Nel contesto della vigente disciplina ACE il DM 3 agosto 2017, si considerano rilevanti ai fini della disciplina antielusiva specifica le sole operazioni intercorse all'interno del medesimo gruppo identificate espressamente come quelle nei cui confronti può ritenersi sussistente un rapporto di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

In considerazione della diversa formulazione della norma, l'istante ritiene che le conclusioni già espresse in relazione alla DIT non conservino di per sé una loro validità per l'ACE e che si debba piuttosto verificare se le fattispecie di controllo congiunto possano o meno ricondursi alla nozione di controllo di cui all'articolo 2359 c.c.

L'istante segnala che un problema analogo si è posto con riguardo alla disciplina relativa alle società controllate estere (articolo 167 TUIR). Come è noto, anche tale disciplina si rende applicabile nel presupposto che l'impresa, società o ente non residente sia controllato ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da un soggetto residente. Anche in relazione alla disciplina CFC, dunque, si è reso necessario stabilire se il richiamo alla nozione di controllo di cui all'articolo 2359 c.c. sia riferibile anche alle ipotesi di controllo congiunto.

Nella bozza di circolare sulla disciplina CFC posta in consultazione il 5.7.2021, l'Agenzia delle Entrate ha affermato che "come ricordato nella risoluzione del 30 luglio 2008, n. 326/E, la nozione di controllo individuata dall'articolo 2359 c.c. presuppone necessariamente l'esistenza di una situazione in cui un unico soggetto abbia la capacità di influire in modo determinante sulle scelte operate da un altro soggetto". Di conseguenza, si legge nella bozza di circolare, devono ritenersi irrilevanti le ipotesi di controllo congiunto perché estranee alla nozione di controllo di cui all'articolo 2359 c.c.

Naturalmente - viene precisato - non si può escludere in termini assoluti la possibilità che anche in presenza di una partecipazione paritetica alla società (50 per cento in capo a ciascun socio) sia individuabile una situazione di controllo da parte di uno dei due soci. Infatti, l'ampiezza del concetto di controllo prevista dall'articolo 2359 c.c. richiede un'analisi approfondita del complesso dei rapporti intercorrenti tra i soggetti coinvolti al fine di verificare se uno di essi eserciti sull'altro un'influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ciò posto, ad eccezione delle ipotesi in cui, in capo ad alcuno dei partecipanti ricorrano i presupposti per ravvisare l'esercizio di un controllo di fatto o contrattuale, le joint-venture paritetiche non rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 2359 c.c. Queste, infatti, sono normalmente regolate da accordi strutturati in modo da prevedere una partecipazione egualitaria dei soci al capitale e alle decisioni più importanti della società, nonché una ripartizione egualitaria della composizione degli organi di governo della stessa.

In definitiva, secondo l'impostazione che sembra emergere dalla bozza di circolare sulla disciplina CFC, qualora i diritti e i poteri dei soci risultino effettivamente paritetici e non vi sia la predominanza di uno dei soci, non sarebbe ravvisabile una fattispecie sussumibile nel rapporto di controllo di cui all'articolo 2359 c.c.

Poiché la nozione di controllo assunta ai fini della disciplina CFC è del tutto analoga a quella che viene presa in considerazione ai fini dell'ACE, dall'articolo 10 del DM 3 agosto 2017 - tenuto conto che si fa rinvio alla nozione civilistica di controllo dell'articolo 2359 c.c. - le ipotesi di controllo congiunto dovrebbero considerarsi irrilevanti in entrambi i casi.

L'istante ritiene, quindi, che anche in relazione alla disciplina antielusiva specifica di cui al più volte citato articolo 10 del DM 3 agosto 2017 debba concludersi nel senso che le società del gruppo siano solo quelle in cui il controllo venga esercitato, in modo autonomo, da un singolo socio - id est, quando un socio possieda da solo la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria o sia comunque in grado di esercitare un'influenza dominante - e che debbano perciò considerarsi escluse dal perimetro delle società del gruppo le società oggetto di controllo congiunto.

 

Parere dell'Agenzia delle entrate

 

L'articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante "Aiuto alla crescita economica (Ace)", ha introdotto un incentivo alla capitalizzazione delle imprese -al fine di riequilibrare il trattamento fiscale tra quelle che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale proprio - da operare mediante una deduzione dal reddito complessivo netto, commisurata, in estrema sintesi, agli incrementi del suddetto capitale proprio.

Le disposizioni di attuazione dell'articolo 1 del citato DL 201 del 2011 sono state emanate con il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 14 marzo 2012, poi sostituito dal decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 3 agosto 2017 (cd. nuovo Decreto ACE) che, all'articolo 10, detta alcune disposizioni di carattere antielusivo "tese ad evitare, soprattutto nell'ambito dei gruppi societari, effetti moltiplicativi del beneficio" (cfr. relazione illustrativa al D.M. 14 marzo 2012).

In particolare, la finalità è di evitare che, per effetto di transazioni poste in essere all'interno di gruppi societari, a fronte di un'unica immissione di capitale proprio in favore di una società del gruppo, si possano conseguire effetti moltiplicativi del beneficio ACE anche a vantaggio di altre società appartenenti al medesimo gruppo.

Per tale ragione l'articolo 10, comma 1, del nuovo decreto ACE, nel delimitare il perimetro applicativo della disciplina antielusiva, dispone che essa riguarda le imprese appartenenti al medesimo gruppo, determinato facendo rifermento alla nozione di controllo individuata dall'articolo 2359 del codice civile.

Ciò posto si chiede se la presenza di un controllo congiunto perfezioni il presupposto soggettivo per applicazione della disciplina antielusiva di cui all'articolo 10 del Decreto ACE.

Al riguardo si osserva che in tema di controllo congiunto, l'Agenzia delle entrate ha già chiarito, con le risoluzioni n. 376/E del 17 dicembre 2007 (ai fini dell'articolo 51, comma 2-bis, del TUIR) e n. 326/E del 30 luglio 2008 (ai fini del rapporto tra gli articoli 167 e 168 e 89 del TUIR, nella versione ratione temporis vigente), la non rilevanza dello stesso laddove una particolare norma fiscale richiami la nozione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile. In particolare, ad eccezione delle ipotesi in cui, in capo ad alcuno dei partecipanti, ricorrano i presupposti per ravvisare l'esercizio di un controllo di fatto o contrattuale, le joint-venture non rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 2359 del codice civile. Queste, infatti, normalmente sono regolate da accordi contrattuali che prevedono una partecipazione paritetica dei soci alle decisioni più importanti della società, nonché la ripartizione paritetica della composizione degli organi di governo della stessa (cfr., in particolare, la citata risoluzione n. 326/E del 2008).

Ciò posto, nel caso di soggetti costituiti in forma di joint venture paritetica tra due società appartenenti a gruppi diversi le operazioni elencate nell'articolo 10 del nuovo Decreto Ace effettuati tra i predetti soggetti non sono soggette all'applicazione delle menzionate disposizioni antielusive, poiché non sussiste tra le società il rapporto di controllo rilevante agli effetti dell'articolo 2359 codice civile, cui fa espresso riferimento la disciplina ACE.

Si ricorda, ad ogni modo, che le considerazioni sopra esposte riguardano esclusivamente gli aspetti di natura interpretativa della disciplina contenuta nell'articolo 10 del decreto ACE e, pertanto, non hanno ad oggetto valutazioni afferenti a diversi profili che possano configurare ipotesi di abuso del diritto di cui all'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000 n. 212.