Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 settembre 2021, n. 25799

Tributi - Riscossione - Cartella di pagamento - Notifica - Prescrizione

 

Rilevato che

 

1. A.L.O. Spa (in seguito "ALO") impugnò la cartella esattoriale (notificata il 03/07/2009) per le imposte non pagate da N.A.L. Spa, relative all’anno d’imposta 1995; allegò che, quale società neocostituita, era stata beneficiaria della scissione (avvenuta nel 1999), della debitrice (principale) N.A.L. Spa, insieme con A.L. Spa (in seguito "ALSpa"), anch’essa neocostituita; oltre a fare valere vizi propri della cartella, eccepì la decadenza del Concessionario dal termine per la riscossione, maturato in data 31/12/1999, ai sensi dell’art. 25, d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo modificato dal d.l. n. 106 del 2005.

E.S. Spa, nelle proprie difese, replicò tra l’altro che, già in data 29/01/2002, aveva notificato la medesima cartella, che però non era stata opposta;

2. la Commissione tributaria provinciale di Napoli, ritenendo inammissibile e tardiva la produzione documentale dell’Agente della riscossione, riguardante la prima notifica della cartella, quella del 29/01/2002, con sentenza (n. 507/03/2011), accolse il ricorso in ragione della decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal credito oggetto della cartella;

3. la Commissione tributaria regionale ("C.T.R.") della Campania, con la pronuncia menzionata in epigrafe, ha rigettato l’appello dell’Agente della riscossione (cfr. pagg. 3 e seguenti della sentenza) sulla base delle seguenti considerazioni: (i) «La notifica effettuata alla ricorrente in data 29 gennaio 2002, è avvenuta già maturata la decadenza in danno dell’erario nei confronti di ciascun dei contribuenti, parte del contratto di scissione, in ragione del carattere solidale dell’obbligazione. Invero, per le dichiarazioni presentate negli anni dal 1994 al 1998 [...] la notifica della cartella andava effettuata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, cioè, nella specie, in data 31 dicembre 1999»; (ii) tale era il termine decadenziale di notifica della cartella risultante dall’applicazione del d.l. n. 106 del 2005, che ha dettato la disciplina transitoria dei termini di notifica delle cartelle, dopo che la Corte costituzionale, con sentenza n. 280 del 2005, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, d.P.R. n. 602 del 1973, nella parte in cui non prevedeva un termine di decadenza per la notifica, da parte del Concessionario, delle cartelle di pagamento delle imposte liquidate ai sensi dell’art. 36-bis, d.P.R. n. 600 del 1973; (iii) «Nella specie, alla società ricorrente era stata notificata in data 3 luglio 2009 la cartella oggi opposta, decaduto il diritto dell’Amministrazione a riscuotere il proprio credito.»; (iv) «Tuttavia, pur prescindendo dai ricordati rilievi e ritenendo corretta e rituale la notifica effettuata in data 29 gennaio 2002, l’inerzia nell’agire nei confronti della società sin dal 29 gennaio 2002, determina, decorsi cinque anni da tale epoca, la prescrizione del diritto ad agire esecutivamente nei confronti di essa.»;

4. E. ricorre con quattro motivi, illustrati con una memoria, e il Fallimento A.L.O. Spa ha depositato atto di costituzione, datato 29/01/2021, ai sensi e per gli effetti dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ., nonché una memoria, in data 22/02/2021, nella quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione di E. per difetto di rappresentanza processuale e, in subordine, ha chiesto il rigetto del ricorso;

5. questa Corte (in diversa composizione), nell’adunanza camerale del 24/03/2021, ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo, assegnando alla Curatela il termine di 60 giorni (dalla comunicazione dell’ordinanza interlocutoria) per notificare alla ricorrente la memoria sopra indicata (cfr. p. 4.) con i documenti ad essa allegati, attinenti (tra l’altro) all’intervento in giudizio della Curatela. Quest’ultima ha notificato alla ricorrente tramite PEC (datata 29/04/2021) la memoria e i documenti ad essa allegati;

6. dopodiché, la Curatela ed E. hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1., cod. proc. civ., per questa adunanza camerale; infine, la Curatela ha depositato un’ultima nota difensiva denominata «Memoria di replica all’avversa memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.»;

 

Considerato che

 

(i) preliminarmente, si rileva che, come ha bene eccepito la ricorrente nella memoria da ultimo depositata, è inammissibile l’intervento in giudizio della Curatela, che si è costituita tardivamente, in luogo dell’intimata società contribuente, al solo fine di partecipare all’udienza. Infatti, la legittimità di un simile intervento tardivo è negata dalla costante giurisprudenza di questa Corte (da Cass. 21/10/1995, n. 10989, fino a Cass 12/02/2021, n. 3630), che il Collegio condivide, per la quale «Nel giudizio di Cassazione, dominato dall’impulso di ufficio, non trova applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e segg. cod. proc. civ., sicché il fallimento di una delle parti non ne determina l’interruzione. Ne consegue che, una volta instauratosi il giudizio di Cassazione con la notifica ed il deposito del ricorso, il curatore del fallimento non è legittimato a stare in giudizio in luogo del fallito, essendo irrilevanti i mutamenti della capacità di stare in giudizio di una delle parti e non essendo ipotizzabili, nel giudizio di cassazione, gli adempimenti di cui all’art. 302 cod. proc. civ. (il quale prevede la costituzione in giudizio di coloro ai quali spetta di proseguirlo).»;

(ii) in secondo luogo, è necessario chiarire che il deposito del ricorso con unita la procura speciale al difensore di E. esclude che esso sia improcedibile. Passando, quindi, all’esame della questione, rilevabile d’ufficio, circa la sussistenza o meno della rappresentanza processuale in capo al responsabile dell’ufficio contenzioso che, su delega del legale rappresentante di E., ha conferito la procura alle liti al difensore dell’ente, si rileva che la ricorrente, nelle more di questo giudizio di legittimità, ha depositato la procura notarile, menzionata nel ricorso per cassazione, rilasciata in favore della dott.ssa C.B., che conferisce al detto funzionario il potere di rappresentare la società in giudizio, dinanzi a qualsiasi autorità giudiziaria, compresa questa Corte di cassazione. E ciò appare sufficiente ai fini dell’ammissibilità del ricorso, come è già stato chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (così Cass. 15/02/2002, n. 7062), secondo cui «Nel ricorso per cassazione proposto da persona giuridica, l’indicazione nella procura delle generalità della persona fisica che assume di esserne il rappresentante non è sufficiente, dovendo essere indicata anche la qualifica attributiva del potere di rappresentanza legale dell’ente, ovvero il titolo (procura notarile od altro) conferente alla medesima il potere rappresentativo dell’ente; in difetto di tali indicazioni, il ricorso proposto deve ritenersi inammissibile per mancanza di una idonea procura alle liti.»;

1. con il primo motivo di ricorso [«I. Nullità della sentenza ex art. 360, n. 4) c.p.c. in relazione all’art. 112, 115 c.p.c.»], E. assume che la C.T.R. ha confermato la validità della notificazione già avvenuta, ritenendo corretta la notifica operata 29/01/2002; indi, denuncia l’error in procedendo della sentenza impugnata per omessa pronuncia sull’eccezione dell’Agente della riscossione relativa alla mancata impugnazione della cartella nei termini previsti, ciò che aveva determinato il consolidarsi della pretesa impositiva;

1.1. il motivo è infondato;

è sufficiente ricordare che, per giurisprudenza pacifica, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (Cass. 6/12/2017, n. 29191 - conf.: 08/03/2007, n. 5351; 13/10/2017, n. 24155; 04/06/2019, n. 15255; 30/01/2020 n. 2153; 02/04/2020, n. 7662 - ha affermato che: «Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia.»);

nella specie, in vero, non vi è stata alcuna omessa pronuncia poiché la C.T.R. ha disatteso l’eccezione dell’Agente della riscossione di tardività dell’impugnazione della cartella, rilevando che la notifica della prima cartella, in data 29/01/2002, era stata eseguita quando era già maturata la decadenza dell’erario nei confronti di ciascuna delle tre società partecipanti alla scissione (obbligate in solido al pagamento dei debiti tributari della società scissa);

2. con il secondo motivo [«II. In subordine, rispetto al motivo che precede si deduce violazione degli artt. 21 e 19 comma 3 del D.Lgs. 546/1992, ex art. 360, n. 3), c.p.c..»], E., in subordine rispetto al primo motivo, ascrive alla sentenza impugnata di non avere rilevato che la società "ALO" aveva ricevuto la cartella di pagamento nel 2002 e non l’aveva impugnata, ciò che aveva reso definitiva la pretesa impositiva, sicché l’opposizione alla seconda cartella, quella notificata nel 2009, doveva essere dichiarata inammissibile in quanto tutte le questioni con essa sollevate avrebbero dovuto essere proposte entro 60 giorni dalla notifica risalente al 2002;

2.1. il motivo è inammissibile;

la C.T.R., sviluppando anche quest’autonoma ratio decidendi, ha negato che fosse indispensabile l’opposizione avverso la prima cartella, la cui notifica, in data 29/01/2002, era comunque tardiva in quanto, secondo Commissione regionale, la decadenza dell’A.F. era maturata in data 31/12/1999, decorso il terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del 1996;

3. con il terzo motivo [«III. In subordine, violazione ex art. 360 n. 3) c.p.c. dell’art. 25, d.P.R. n. 602/1973 e dell’art. 1 comma 5 bis, D.L. 106/2005.»], E., in ulteriore subordine, denunzia che, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R., la notifica della cartella di pagamento in data 29/01/2002 non era tardiva; anzi, la cartella era divenuta definitiva e non più sindacabile, non trovando applicazione, in questo caso, né l’art. 25, d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato nel 2005, né la disciplina transitoria contenuta nel d.l. n. 106 del 2005;

3.1. il motivo è infondato;

è pur vero che il dictum della sentenza d’appello (la cui motivazione in parte qua deve essere emendata) non collima in punto d’individuazione del termine di decadenza con la giurisprudenza di legittimità (Cass. 05/12/2012, n. 16990; nello stesso senso, ex aliis, Cass. 19/09/2012, n. 15786; 09/07/2014, n. 15661; 04/04/2018, n. 8321, e, in materia di riscossione delle imposte dirette, Cass. 26/02/2019, n. 5565) — cui va data continuità, in assenza di ragioni per discostarsene — per la quale «In tema di riscossione delle imposte sui redditi, l’art. 1 del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, convertito con modificazioni nella legge 31 luglio 2005, n. 156 - emanato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 di declaratoria d’incostituzionalità dell'art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 -, che ha fissato, al comma quinto bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il comma secondo dell’art. 36 del d.lgs. 29 febbraio 1999, n. 46, che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in giudicato, operando retroattivamente, sia in quanto introdotto per eliminare una lacuna normativa verificatasi per effetto di pronuncia costituzionale e per garantire - oltre che l’interesse del contribuente - l'interesse dell’erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la riscossione dei tributi, sia in considerazione del tenore testuale dell’esordio dei commi 5 bis e 5 ter.»;

tuttavia, in virtù dei precedenti principi, nel caso in esame che riguarda incontestabilmente una dichiarazione presentata nel 1996, per l’anno di imposta 1995, la cartella di pagamento doveva essere notificata entro il 31 dicembre 2001, ragion per cui, essendo altresì pacifico che la prima notifica della cartella è avvenuta in epoca successiva, e cioè il 29/01/2002, seppure per il maturare di un termine (quinquennale) diverso da quello (triennale) ritenuto applicabile dalla Commissione regionale (donde la correzione in parte qua della motivazione della gravata sentenza), la decadenza originariamente eccepita dalla contribuente è comunque maturata;

4. con il quarto motivo [«IV. Nullità della sentenza ex art. 360, n. 4) c.p.c. per ultrapetizione in relazione all’art. 112 c.p.c.»], si fa valere la nullità della sentenza impugnata che, in termini ipotetici, ha altresì affermato che il credito erariale era prescritto, superando il perimetro del petitum visto che "ALO", nel ricorso introduttivo, non aveva sollevato eccezione di prescrizione;

4.1. il motivo è inammissibile; l’accertata decadenza dell’A.F. dal credito tributario è dirimente rispetto all’ulteriore aspetto giuridico, sul quale si è soffermata la C.T.R., concernente la prescrizione della pretesa impositiva, come affermato da giurisprudenza costante (Cass. 11/05/2018, n. 11493; conf.: 14/02/2012, n. 2108; Sez. U. 29/03/2013, n. 7931; 18/06/2019, n. 16314), per la quale «Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle "rationes decidendi" rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa.»); 5. ne consegue il rigetto del ricorso; 6. nulla occorre disporre in punto di spese del giudizio, nel quale la contribuente non si è costituita con controricorso;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.