Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 09 settembre 2021, n. 24257

Tributi - Accertamento - Reddito d’impresa - Determinazione - Costi iscrivibili a bilancio e deducibili - Criteri di competenza, certezza e sicurezza della posta - Requisito di inerenza - Onere di prova a carico del contribuente

 

Fatti di causa

 

1. Con avviso di accertamento, seguente al p.v.c., elevato in data 13 giugno 2006, l'Agenzia delle entrate muoveva alla società M.B.S. s.p.a una serie di rilievi, relativi all'anno di imposta 2003, tutti originanti dalla ritenuta indeducibilità di singole voci di costo per violazione del principio di competenza e/o inerenza.

2. La società proponeva ricorso avverso l'avviso di accertamento che veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Roma con sentenza n. 109/41/2011.

3. L'Agenzia delle entrate proponeva appello avverso tale sentenza innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lazio, che, con la sentenza in epigrafe, accoglieva in parte il gravame dell'Ufficio, confermando l'avviso con riguardo ai rilievi nn. 3, 4, 6, 8 e, viceversa, ritenendo deducibili i costi di cui ai rilievi nn. 1, 2, 7 e 5.

4. L'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.

5. La società contribuente ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, affidato a due motivi.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo, l'Agenzia delle entrate censura la decisione di cui in epigrafe sotto il profilo della violazione e falsa applicazione degli artt. 109, d.P.R. 22/12/1986, n. 917, 39, primo comma, lettera d), d.P.R. 29/07/1973 n. 600, 54, secondo comma, d.P.R. 26/10/1972 n. 633, 2697 cod. civ. e, quindi, del principio di competenza ivi sancito, nella parte in cui la CTR ha ritenuto deducibili, per l'anno 2003, i costi di cui ai rilievi, contenuti nell'avviso di accertamento, nn. 1, 2, 7 e 5, nonché nella parte relativa all'applicazione delle regole di riparto dell'onere probatorio sulla deducibilità dei costi.

1.1. Col secondo mezzo la ricorrente Amministrazione si duole, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (previgente formulazione, trattandosi d' impugnazione di sentenza pubblicata nel maggio 2012), dell'insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo e controverso, riguardante l'assolvimento dell'onere probatorio, gravante sul contribuente, circa la deducibilità dei costi di cui ai rilievi nn. 1, 2, 7 e 5 nell'annualità in contestazione (2003).

1.2. Il passo della motivazione della CTR aggredito con entrambi i mezzi è il seguente: «quanto ai rilievi nn. 1, 2, e 7, ritiene che le fatture relative agli affitti del primo semestre 2003, proprio per la descrizione del costo in esse contenuto siano di competenza per l'anno 2003, anche se datate 10/12/02, e ciò in ossequio alla giurisprudenza della Cassazione secondo cui il costo deve essere imputabile a fatti oggettivi e non alla volontà dei soggetti altrimenti avrebbero la possibilità di fornire il documento rappresentativo del costo nel momento più opportuno a seconda della convenienza. Parimenti deducibili e per i medesimi motivi si ritengono i costi ripresi con il rilievo n. 5 e di cui alle fatture contabilizzate per il 2004, in quanto relative a prestazioni ultimate nel 2003».

2. I due motivi, raggruppabili per connessione di censure, si esaminano congiuntamente.

2.1. Contrariamente a quanto dedotto dalla società controricorrente, il ricorso principale dell'Agenzia delle entrate non solo supera il vaglio di ammissibilità avendo la ricorrente Amministrazione selezionato i profili di fatto e di diritto della vicenda "sub iudice", anche con specifica localizzazione delle allegazioni difensive dei precedenti gradi, sì da rendere intellegibili le questioni giuridiche prospettate, nonché di individuare, in relazione a tali profili, le ragioni critiche nell'ambito dei vizi previsti dall'art. 360, cod. proc. civ. (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 8425 del 30/04/2020, Rv. 658196-01), ma risulta fondato per le ragioni di seguito esposte.

2.1. Come affermato da questa Corte, con condivisi argomenti, le regole sull'imputazione temporale dei componenti del reddito, sono tassative ed inderogabili, non essendo consentito al contribuente di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo del reddito ad un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come "esercizio di competenza" (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 26665 del 18/12/2009, Rv. 610993-01; id., Sez. 5, Sentenza n. 16349 del 17/07/2014, Rv. 632246-01 e Sez. 5, Sentenza n. 23521 del 27/10/2020, Rv. 659641-01).

2.2. E' stato considerato che, ai sensi dell'art. 109 t.u.i.r., i ricavi, i costi e gli altri oneri sono imputabili nell'esercizio di competenza in cui si è formato il titolo giuridico che ne costituisce la fonte, purché l'esistenza o l'ammontare degli stessi sia determinabile in modo oggettivo, circostanze, queste ultime, che rientrano, per i componenti positivi, nell'onere probatorio dell'Amministrazione finanziaria e, per quelli negativi, in quello del contribuente (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 28671 del 09/11/2018, Rv. 65110201; Sez.5, Ordinanza n. 13048 del 24/05/2017, Rv. 644243-01).

2.3. Sulla deducibilità dei costi, questa Corte, con indirizzo assolutamente unanime, ha affermato la stretta correlazione con il principio dell'inerenza, quale espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'impresa, secondo un giudizio di natura qualitativa, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo, nonché da una valutazione di congruità del costo (ex piurimis, cfr., Sez. 5, Sentenza n. 18904 del 17/07/2018, Rv. 649772-01; adde, Sez. 5, Ordinanza n. 13882 del 31/05/2018, Rv. 649087-01, che evidenzia come il principio dell'inerenza dei costi deducibili non si ricava dall'art. 109, comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986 che attiene alla correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili, ma costituisce espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all'esercizio dell'impresa, concetto ripreso da Sez. 5, Sentenza n. 30366 del 21/11/2019, Rv. 655932-01, per giustificare la verifica qualitativa e non quantitativa che giustifica la inerenza; cfr., altresì, Sez. 5, Ordinanza n. 22938 del 26/09/2018, Rv. 650335-01; Sez. 5, Ordinanza n. 450 del 11/01/2018, Rv. 646804-01).

2.4. Infine, quanto alla prova dell'inerenza gravante sul contribuente, è stato chiarito con argomenti ampiamente condivisi, che essa va intesa in termini qualitativi e, dunque, di «compatibilità, coerenza e correlazione, non già ai ricavi in sé, ma all'attività imprenditoriale svolta, sicché il contribuente deve provare e documentare l'imponibile maturato, ossia l'esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione» (v. Sez. 5, Sentenza n. 2224 del 02/02/2021, Rv. 660447-01; id. Sez. 5, Sentenza n. 30366 del 21/11/2019, Rv. 65593201, secondo cui, poiché il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo, il costo deducibile non deve rispondere ad una verifica di utilità - anche solo potenziale o indiretta - in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico senza che assuma rilevanza la congruità delle spese).

3. Alla luce di tali principi, i costi ¡scrivibili a bilancio e deducibili vanno valutati alla stregua di due elementi, e cioè, da un lato, il criterio di competenza (per il quale non è necessario un esborso di cassa ma è sufficiente il titolo giuridico della componente negativa) e, dall'altro, la certezza e la sicurezza della posta, rimanendo a carico del contribuente dimostrare la deducibilità nell'anno dell'iscrizione a bilancio e l'inerenza del costo, ovvero che si tratti di costo sostenuto per l'esercizio dell'attività di impresa, in quanto ad essa non estraneo ma strettamente funzionale alla sua produzione.

3.1. Viceversa, nella specie, la CTR si è limitata ad una parte del principio di diritto applicabile (quella riguardante l'oggettività del costo rispetto alla impossibilità del contribuente di scegliere l'anno in cui iscriverlo a bilancio), senza compiere la verifica necessaria ai fini della deducibilità dei costi (di cui ai rilievi nn. 1, 2, 5 e 7) e cioè sulla certezza e sicurezza della posta iscritta a bilancio nonché sull'inerenza del costo all'attività di impresa, anche con riguardo alle regole di riparto dell'onere probatorio, con conseguente fondatezza delle censure proposte col ricorso principale.

4. Il ricorso incidentale deve essere rigettato per i seguenti motivi.

4.1. Il primo mezzo (con il quale la società M.B.I. s.p.a. deduce la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in relazione all'eccezione di inammissibilità dell'appello proposta innanzi ai giudici di secondo grado ma sulla quale la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi) è inammissibile, non superando lo scrutinio di cui all'art. 360-bis, n. 1), cod. proc. civ., per mutare l'orientamento di questa Corte, mai contrastato, secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata, pur in mancanza di un'espressa statuizione del giudice, comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte. Nella specie, dunque, va ravvisato il rigetto implicito dell'eccezione d'inammissibilità dell'appello, avendo la sentenza impugnata valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 5351 del 08/03/2007, Rv. 595290-01, richiamata da Sez. 5, Ordinanza n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290-01; adde, Sez. 1, Sentenza n. 10696 del 10/05/2007, Rv. 596362-01; Sez. 61, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019, Rv. 654304-01; Sez. 5, Ordinanza n. 2153 del 30/01/2020, Rv. 656681-01; Sez. 3, Sentenza n. 2151 del 29/01/2021, Rv. 660437-01).

4.2. Col secondo mezzo, la società ricorrente incidentale deduce il vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, riguardante la ritenuta legittimità dei rilievi nn. 3 e 4 alla stregua del parametro di censura di cui al n. 5 del primo comma dell'art. 360, cod. proc. civ., previgente formulazione. Il passo della motivazione della CTR oggetto di censura è il seguente: «Quanto al rilievo n. 3 ritiene che correttamente l'Ufficio abbia recuperato a tassazione l'importo relativo alle spese promozionali che la società non ha dimostrato di aver ribaltato ad altre società del gruppo. Quanto al rilievo n. 4 ritiene che correttamente l'Ufficio abbia recuperato a tassazione i costi per le multe e contravvenzioni stradali, atteso che si tratta di costi oggettivamente ed incondizionatamente indetraibili».

4.3. La motivazione appena riportata evidenzia come la CTR non abbia affatto omesso di pronunciarsi sulla deducibilità dei rilievi di cui al motivo di ricorso incidentale, anzi, le argomentazioni della decisione evidenziano come, con tale motivo di ricorso, la ricorrente società prospetti una richiesta di rivisitazione degli elementi di fatto già presi in considerazione dai secondi giudici, che, tuttavia non possono essere oggetto del presente giudizio di legittimità (v. Sez. 6-3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017, Rv. 64369001).

5. Col terzo mezzo di ricorso incidentale, si assume la violazione e falsa applicazione di legge (artt. 5 e 11, comma 3, d.lgs. 15/12/1997, n. 446) per non aver la CTR considerato che i rimborsi assicurativi, conseguiti a seguito del furto di autovetture appartenenti a M.B. s.p.a., rappresentassero proventi straordinari esclusi dalla base imponibile Irap, classificabili alla voce E20 del conto economico. A parere della società ricorrente, i componenti reddituali collegati ai rimborsi per il furto dell'autovetture sono da classificare nella gestione straordinaria del conto economico e, pertanto, ai sensi dell'art. 11, comma 4, d.lgs. n. 446 del 1997, essi non concorrono alla formazione della base imponibile IRAP.

5.1. Il passo della motivazione oggetto di censura è il seguente: «Quanto al rilievo n. 8 ritiene che correttamente l'Ufficio abbia considerato proventi ordinari ai fini Irap, i rimborsi assicurativi riguardanti le autovetture facenti parte del parco rotabile della società, in quanto devono ritenersi sopravvenienze attive derivanti da fatti inerenti alla gestione di attività oggetto di impresa diversamente da quanto si può ritenere per altre ipotesi di attività imprenditoriale, ove i rimborsi assicurativi possono effettivamente risultare come proventi straordinari in quanto estranei all'attività e ricollegabili a circostanze veramente occasionali ed accidentali».

5.2. La censura è infondata.

6. La questione posta - relativa al se i rimborsi assicurativi, conseguiti a seguito del furto di autovetture appartenenti a M.B. s.p.a., siano qualificabili come proventi straordinari esclusi dalla base imponibile Irap e classificabili alla voce E20 del conto economico o invece proventi ordinari inerenti alla gestione dell'impresa e come tali rientranti nella base imponibile Irap e classificabili alla voce "A.5 -Altri ricavi e proventi"- riguarda quella più generale relativa alle modalità ed ai limiti di imposizione fiscale degli indennizzi assicurativi.

6.1. E' opinione unanime che l'indennizzo assicurativo, sostitutivo del bene-merce perduto, costituisce di per sé stesso ricavo e quindi reddito a mente dall'art. 85, co. 1, lett. f), t.u.i.r. («sono considerati ricavi: (...) f) le indennità conseguite a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni di cui alle precedenti lettere»), disposizione derivante, a sua volta, dal principio generale di cui all'art. 6, comma 2, t.u.i.r. secondo cui «i proventi conseguenti in sostituzione di redditi (...) e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di tali crediti (...) costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti (...)».

La norma de quo consacra, dunque, l'intrinseca valenza reddituale dei proventi oggettivamente realizzati dall'impresa, indipendentemente dal carattere intenzionale o volitivo, e quindi per il solo fatto che quel provento sia stato realizzato.

6.2. Quanto all'IRAP, le perdite subite dall'impresa, costituendo oneri straordinari non determinati da trasferimenti d'azienda, entrano a far parte della base imponibile IRAP e, di conseguenza, risultano deducibili. Correlativamente, gli indennizzi assicurativi corrisposti a fronte di tali perdite, se ed in quanto collocati alla voce. "A.5-Altri ricavi e proventi", concorrono alla formazione del valore della produzione e sono, di conseguenza, imponibili anche ai fini IRAP.

7. Ed invero, la disciplina delle imposte sui redditi discrimina e sottopone a regimi differenziati le diverse ipotesi: a) indennità e risarcimenti sostituivi di redditi (art. 6, co. 2, Io periodo; art. 85, co. 1, lett. f), t.u.i.r. per i beni-merce); b) indennità e risarcimento sostitutivi di beni strumentali perduti o danneggiati (art. 86, co. 1, lett. b) t.u.i.r. per le plusvalenze imponibili), c) indennità e risarcimenti relativi a danni diversi (art. 88, co. 3, lett. a) t.u.i.r. per le sopravvenienze attive).

7.1. Anche la prassi amministrativa, opera tali distinzioni.

In una prima risoluzione (n. 19/E del 25/02/2000) l'Agenzia delle entrate ha osservato che, in base a corretti principi contabili, tra i ricavi e proventi diversi, collocati nella voce A5 del conto economico, devono essere computati anche i rimborsi assicurativi, se erogati per indennizzare sinistri che non abbiano comportato la contabilizzazione di oneri straordinari. Solo in tale ultimo caso, infatti, i rimborsi assicurativi costituiscono proventi straordinari, da rilevare alla voce E20 del conto economico. In una seconda risoluzione (n. 294 del 18/10/2007, richiamata dalla società contribuente nel ricorso incidentale), l'Agenzia delle entrate ha precisato che il valore della produzione netta nella regione include ordinariamente i soli indennizzi «straordinari»; se, però, gli indennizzi sono correlati a variazioni negative registrate anche in altri esercizi ed hanno carattere sostitutivo rispetto a componenti che avrebbero concorso alla base imponibile, gli stessi indennizzi risultano rilevanti agli effetti dell'IRAP. Tanto è chiaramente esposto anche rispetto alla parte della risoluzione in parola riportata alla pagina 35 del ricorso incidentale, ove l'Agenzia distingue tra eventi (generatori del risarcimento del danno) "fisiologici" nello svolgimento dell'attività produttiva, realizzanti un costo dell'attività di impresa, dalla perdita di beni che non hanno tale correlazione con i ricavi di produzione in quanto perdite "straordinarie" collocate nella gestione straordinaria del bilancio (aggregato E, proventi e oneri straordinari).

7.2. Va, altresi, considerato che anche secondo la relazione illustrativa al decreto legislativo del 09/04/1991 n. 127 (di recepimento della IV Direttiva CEE del 25/07/1978), il carattere di «straordinarietà» non vale a indicare l'eccezionaiità o anormalità dell'evento, bensì l'estraneità della fonte del provento e dell'onere all'attività ordinaria,

8. Da tali considerazioni ne discende che, per il principio di correlazione tra perdite, indennizzi e ricavi (sostitutivi), il risarcimento assicurativo assume rilevanza ai fini IRAP se finalizzato a fronteggiare la perdita e se sia stato ricevuto in sostituzione di una componente reddituale che sarebbe stata inclusa nel valore della produzione dell'esercizio stesso o di esercizi futuri. In altri termini, qualora la perdita abbila carattere reddituale, il suo rimborso, anche conseguente ad un indennizzo assicurativo, rientra nella base imponibile Irap. Viceversa, qualora la perdita non sia correiabile ad un I ricavo (es. indennizzo assicurativo conseguente alla perdita del macchinario che produce i beni merce) essa assume carattere "straordinario" classificabile nella gestione straordinaria del conto economico e non soggetta ad Irap.

8.1. La sentenza impugnata va, dunque, immune dalle censure prospettate nella parte in cui ha ritenuto che il rimborso assicurativo ottenuto da M.B. Italia s.p.a. per la perdita derivante dal furto di autovetture fosse "sostitutivo" del reddito e realizzasse un ricavo di produzione rientrante nella base imponibile Irap.

9. In conclusione, il ricorso principale va accolto ed il ricorso incidentale va rigettato con cassazione della sentenza impugnata in relazione al ricorso principale accolto e rinvio alla CTR de Lazio, in diversa composizione, affinché proceda all'esame del merito della controversia limitatamente ai rilievi dell'Agenzia dell'entrate ed in base ai principi di diritto esposti dal paragrafo 2.1 al paragrafo 3 della presente motivazione.

10. La CTR in sede di rinvio è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale.

Rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso principale accolto, con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.