Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 settembre 2021, n. 33844

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Bancarotta preferenziale - Prelievo in condizione prefallimentare - Pagamento finalizzato a favorire uno dei creditori

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del giorno 11/06/2020 la Corte d'appello di Firenze: a) ha confermato la decisione di primo grado, quanto all'affermazione di responsabilità di P.D.L., prima presidente del consiglio di amministrazione e poi amministratrice unica di A.C. s.r.l., dichiarata fallita in data 01/08/2012, per i reati di bancarotta semplice documentale (capo a), di bancarotta semplice per avere concorso ad aggravare il dissesto della società non osservando l'obbligo previsto dall'art. 2482 cod. civ. (capo b), di bancarotta fraudolenta per distrazione (d'ora innanzi, per comodità espositiva, capo c, anche se non risulta che siffatto autonomo reato sia stato indicato in tal modo); b) ha rideterminato la durata delle pene accessorie fallimentari di cui all'ultimo comma dell'art. 216, I. fall.; c) ha confermato le statuizioni civili.

2. Nell'interesse dell'imputata è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato sub c), sottolineando: a) che i giudici di merito si erano erroneamente concentrati solo sulla porzione finale della condotta, rappresentata dal prelievo, in data 13/08/2012, della somma di 7.000,00 euro, dal conto corrente bancario della società, senza considerare che il 20/07/2012 l'imputata aveva versato sullo stesso conto la somma di 20.000,00 euro, al fine di ottenere un assegno circolare da offrire banco judicis al creditore istante per il fallimento, cercando inutilmente di ottenerne la desistenza; b) che l'insuccesso del tentativo, l'aveva indotta a riversare l'assegno sul conto della società e a prelevare una parte dell'importo - i 7.000,00 euro appunto -, mentre i restanti 13.000,00 euro, incamerati dalla banca costituirono oggetto di azione revocatoria da parte della curatela; c) che siffatta operazione non aveva determinato alcun trasferimento della somma originaria in favore della società poi fallita; d) che ciò peraltro corrispondeva alla comune intenzione delle parti, come confermato dal fatto che la stessa banca non aveva trattenuto l'importo in vista della riduzione dello scoperto; e) che, in definitiva, non si era realizzata la distrazione di 7.000,00 euro ma un incremento di 13.000,00 euro.

2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del reato, alla luce della complessiva condotta dell'imputata - creditrice per almeno 150.000,00 euro nei confronti della società, garante della società per un importo anche più consistente e comunque ignara, nel momento in cui aveva operato il prelievo, dell'intervenuta dichiarazione di fallimento.

In tale contesto, il prelievo della minor somma di 7.000,00 euro, prontamente restituita a richiesta del curatore, rappresentava indice non equivoco di buona fede.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge, censurando la decisione della Corte territoriale di non riqualificare il reato come bancarotta preferenziale, dal momento che la condotta si era tradotta in una parziale restituzione del finanziamento di un socio.

2.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta semplice documentale, rilevando che il lavoro di recupero svolto dal professionista incaricato e pagato dall'imputata aveva consentito una puntuale ricostruzione della contabilità, elidendo, in radice e ab origine, la messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice.

Accanto a tali considerazioni il motivo sviluppa poi considerazioni dedicate alla carenza dell'elemento soggettivo, criticando la contraria conclusione della Corte territoriale che aveva omesso di considerare il comportamento successivo e aveva correlato la colpa al mero elemento materiale del reato.

2.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui. al capo b), sottolineando: a) che, per effetto della negoziazione del debito con l'Agenzia delle Entrate, la pretesaci quest'ultima era stata ricondotta ad un terzo dell'importo originario; b) che, al momento del fallimento, il debito tributario era stato estinto del 50%; c) che a cavallo tra il 2010 e il 2011 la società, come riconosciuto dalla stessa Corte territoriale, stava realizzando il suo progetto imprenditoriale, fondando la legittima aspettativa dell'amministratrice di nuovi profitti; d) che la Corte aveva omesso di considerare il continuo apporto di capitale da parte dell'imputata nel periodo in questione; e) che, in definitiva, la scelta di non richiedere il fallimento era legata a fondate scelte di natura gestionale; f) che del tutto mancante era la motivazione in tema di sussistenza della necessaria colpa grave richiesta dall'art. 217, primo comma, n. 4, I. fall.

2.6. Con il sesto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., in ragione dell'immediata restituzione della somma di 7.000,00 euro, in dipendenza della conforme richiesta del curatore e delle iniziative assunte, al fine di elidere o attenuare le conseguenze dannose della propria condotta, attraverso l'incarico di ricostruzione della contabilità ad un professionista.

2.7. Con il settimo motivo si lamentano vizi motivazionali in ordine al bilanciamento delle circostanze.

Rilevato che la Corte territoriale aveva completamente trascurato di considerare il documento acquisito all'udienza del 09/05/2020, dal quale emergeva che i beni personali dell'imputata, nel novembre 2012, erano stati oggetto di procedura esecutiva da parte di un creditore ipotecario che aveva in tal modo viste soddisfatte le proprie ragioni.

Tale profilo dava conto del vizio della decisione, che aveva valorizzato la notevole gravità del fatto, collegandola alla contestazione di una aggravante che non era dato individuare.

3. Sono stati depositati motivi aggiunti nell'interesse della ricorrente.

 

Considerato in diritto

 

1. I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente alla stregua della loro stretta connessione.

La questione posta dal primo motivo è manifestamente infondata, dal momento che proprio la ricostruzione della vicenda operata dalla ricorrente dimostra che le somme da lei fornite - appunto a titolo di finanziamento soci - alla società entrarono nel patrimonio di quest'ultima (giacché altrimenti altri strumenti la L., come persona fisica distinta dalla società, avrebbe utilizzato per intervenire come terzo nelle trattative scaturite dall'istanza di fallimento).

In realtà, anche la considerazione del primo segmento della vicenda rende palese che le somme sono state acquisite dalla società e la scelta della banca di non utilizzarle per ridurre l'esposizione rappresenta un atto di autonomia privata (ragionevole, nella misura in cui non intendeva pregiudicare il tentativo di salvataggio della società) che non incide sulla giuridica e sostanziale disponibilità di tali somme in favore della persona giuridica.

Ne discende che, nel momento nel quale è stata posta in essere la condotta contestata, le somme erano sicuramente della società poi fallita.

E, tuttavia resta il fatto che, alla luce di siffatta ricostruzione - nei suoi elementi fattuali condivisa dalla Corte d'appello - il prelievo della somma di 7.000,00 euro, in una condizione prefallimentare e in difetto di distinti profili valutativi - non avvertiti né scandagliati dai giudici di merito - rappresenta null'altro che un pagamento finalizzato a favorire uno dei creditori, ossia integra una bancarotta preferenziale, ormai estinta per il decorso del termine di prescrizione, maturato in data 01/02/2020.

L'assoluta consapevolezza della pendenza della procedura fallimentare e dell'inutilità del tentativo di conseguire la desistenza del creditore istante rende evidente la sussistenza del dolo preferenziale, senza che la condotta restitutoria successiva, a richiesta del curatore, elida l'antigiuridicità di un prelievo, che non ha altra giustificazione se non quella di recuperare una parte delle risorse ancora esistenti.

Quest'ultima precisazione viene effettuata, ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen., in relazione all'esercizio nel presente processo di pretese civilistiche.

2. Il quarto motivo investe, come detto, la bancarotta semplice di cui al capo a).

Ora, proprio l'attività susseguente al fallimento, necessaria alla ricostruzione di una contabilità attendibile, dimostra che la condotta illecita è stata tenuta, mentre quanto accaduto all'indomani della dichiarazione di fallimento non elide affatto, secondo l'assertiva proposizione del ricorso, l'antigiuridicità originaria della condotta stessa.

Piuttosto, va osservato che il motivo di appello che aveva valorizzato la ricostruzione successiva nella prospettiva dell'art. 62, n. 6, cod. pen. (si tratta di una delle articolazioni del sesto motivo) non è stato esaminato dalla Corte territoriale e rende la censura sviluppata in parte qua dal ricorso per cassazione fondata.

Ne discende che, anche in relazione a tale capo di imputazione, la sentenza va annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione, con rigetto del ricorso agli effetti civili, dal momento che il profilo di fondatezza riguarda un aspetto che attiene al momento sanzionatorio e non all'affermazione di responsabilità.

3. Il quinto motivo, con riguardo ai temi correlati all'affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo b), è manifestamente infondato, per assenza di specificità, dal momento che le critiche relative al ridimensionamento del debito tributario non incidono sulla tenuta della motivazione che, valorizzando le dichiarazioni del curatore, ha rilevato come, a partire dalla fine del 2010, si era realizzata la perdita totale del capitale sociale e che le conclusioni non mutavano, anche assumendo il debito erariale nell'importo definito a seguito dell'accertamento con adesione.

Il ricorso, anziché concentrarsi sulla rilevanza che il contestato inadempimento degli obblighi di cui all'art. 2482 ter cod. civ. ha assunto rispetto all'aggravamento del dissesto, indugia sul profilo delle ragioni che avrebbero giustificato la prosecuzione dell'attività imprenditoriale, sostanzialmente sottraendosi alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

Le superiori considerazioni, se giustificano il mancato accoglimento del ricorso agli effetti civili, non impediscono, tuttavia, l'annullamento della sentenza, anche in relazione a tale capo, agli effetti penali, per intervenuta prescrizione.

Siffatta conseguenza discende dal fatto che il settimo motivo di ricorso pone, sia pure in vista della dosimetria sanzionatola, questioni relative alla complessiva condotta dell'imputata nel soddisfacimento di alcune delle obbligazioni contratte dalla società che avrebbero richiesto un puntuale esame del quale non si rinviene traccia adeguata nella sentenza impugnata.

4. L'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata comporta l'assorbimento delle censure sviluppate nel sesto motivo, quanto al rilievo della condotta restitutoria della somma di 7.000,00, correlabile solo all'aspetto sanzionatorio relativo al reato di cui al capo c).

 

P.Q.M.

 

Riqualificato il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in quello di bancarotta preferenziale, annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché i reati sono estinti per prescrizione.

Rigetta il ricorso agli effetti civili.