Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 13 settembre 2021, n. 582

Regime del margine per gli oggetti d'arte - Debitore d'imposta ai fini IVA

 

Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

Alfa (di seguito, "Società" o "Istante") rappresenta di fungere da rappresentante fiscale della ditta individuale "Beta", soggetto di diritto svizzero.

La Società riferisce che Beta svolge nel proprio Paese un'attività di compravendita di opere d'arte, antica, moderna e contemporanea, che la porta a operare sull'intero territorio della UE, Italia compresa.

Le opere d'arte saranno acquistate prevalentemente all'asta o presso gallerie d'arte. Tali opere potranno:

1. essere importate in territorio svizzero (opzione non oggetto di interpello);

2. rimanere in territorio della UE (Italia inclusa), venendo rivendute a soggetti privati;

3. rimanere in territorio della UE (Italia inclusa), venendo rivendute a soggetti passivi d'imposta;

4. rimanere nel territorio della UE (Italia inclusa) e rivendute parzialmente (comproprietà), al costo, a gallerie e commercianti d'arte in genere, che ne curerebbero a loro volta la rivendita, avvenuta la quale, Beta fatturerebbe alla galleria italiana/UE la propria quota di prezzo finale, lucrando sulla differenza.

In tutte queste operazioni si inserisce l'Istante in qualità di rappresentante fiscale di Beta.

In merito alle diverse fattispecie sopra evidenziate, la Società chiede l'interpretazione del combinato disposto degli articoli 44, del Decreto Legge 30 agosto 1993, n. 331 (i.e. rappresentanza fiscale di soggetto extra-UE), 17 secondo e terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (i.e. adempimenti degli obblighi fiscali nel caso di operazioni B2B) e 36, comma 1 del Decreto Legge 23 febbraio 1995, n. 41 (i.e. regime del margine per gli oggetti d'arte).

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

L'istante ritiene che il rappresentante fiscale debba intervenire in tutte le operazioni di compravendita senza uscita dal territorio dello Stato o della UE, anche qualora involgenti soggetti passivi d'imposta in quanto il regime del margine di cui all'articolo 36, comma 1, del D.L. 41 del 1995 è ancorato alla natura del bene piuttosto che ai requisiti soggettivi di coloro che, a vario titolo, intervengono nella sequenza di passaggi di acquisto e rivendita.

La Società ricorda che per l'articolo 17, secondo comma, del dPR n. 633 del 1972 (in seguito, "Decreto IVA") "Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all'articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti".

Tuttavia, nella fattispecie oggetto del presente interpello, a parere dell'Istante, è sempre necessario l'intervento del rappresentante fiscale in tutte le operazioni, siano esse B2C, B2B, in Italia e nel territorio della UE.

Ciò risiede nella modalità stessa di funzionamento del regime del margine, il quale prevede l'applicazione dell'IVA sul differenziale "prezzo di vendita - costo d'acquisto - eventuali costi afferenti all'opera (trasporto, restauro, perizie, custodia, ecc..)".

L'eventuale applicazione, invece, della regola generale di cui al menzionato articolo 17, secondo comma, senza dunque l'intervento del rappresentante fiscale, porterebbe l'acquirente, soggetto passivo italiano, a dover autoliquidare il margine in reverse charge e versare la relativa imposta. Beta sarebbe a sua volta costretta, per assurdo, a comunicare all'acquirente italiano il prezzo d'acquisto pagato per l'opera d'arte, disvelando così la redditività dell'operazione.

L'Istante rileva poi che, nell'ambito delle opere d'arte, stante le particolari modalità di liquidazione, assolvimento dell'IVA che caratterizzano il regime de quo, peraltro di matrice comunitaria, nemmeno le operazioni intracomunitarie sono considerate tali. Questo perché sarebbe impossibile, per l'acquirente, applicare il meccanismo del reverse charge (salvo, come detto, che quest'ultimo non venga a conoscenza di quanto pagato dal venditore).

 

Parere dell'Agenzia delle entrate

 

Il presente parere è reso assumendo acriticamente la descrizione presentata dalla Società, per come illustrata nel presente interpello e prescindendo da ogni valutazione sulla presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi di applicazione del regime del margine per le opere d'arte richiesti dal DL n. 41 del 1995 - non oggetto di quesito - sui quali resta fermo ogni potere di sindacato da parte dell'Amministrazione finanziaria.

L'analisi è, pertanto, limitata alle sole operazioni svolte dal rappresentante italiano di Beta per le opere dallo stesso cedute nella UE, sia a soggetti passivi IVA sia a privati, siano essi "italiani" o "UE".

Le norme che disciplinano il regime del margine sono contenute negli articoli da 311 a 343 della direttiva 2006/112/CE (c.d. Direttiva IVA), trasfuse negli articoli da 36 a 40-bis del DL n. 41 del 1995, convertito con legge n. 85 del 22 marzo 1995.

La scrivente Agenzia ha avuto modo di commentare la presente disciplina con la circolare del 22 giugno 1995, n. 177, in cui è stato tra l'altro chiarito che il regime del margine è finalizzato a evitare fenomeni di doppia o reiterata imposizione sui beni usati, oggetti d'arte, d'antiquariato e da collezione, che dopo la prima uscita dal circuito commerciale sono ceduti a un soggetto passivo d'imposta per la successiva rivendita, con conseguente ulteriore imposizione ai fini IVA in relazione al prezzo di vendita da questi praticato.

Si tratta in sostanza di beni acquistati da un soggetto passivo d'imposta (c.d. rivenditore) nel territorio dello Stato o di altro Stato membro, presso privati o un altro soggetto passivo che non ha potuto detrarre l'IVA afferente l'acquisto o l'importazione degli stessi.

Per detti beni, il cessionario/rivenditore corrisponde normalmente al proprio cedente un prezzo d'acquisto comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto anche se questa non ha formato oggetto di specifica rivalsa, e dunque, ove fosse assoggetto a IVA l'intero corrispettivo della rivendita, si verificherebbe una duplicazione dell'imposta.

Al fine di evitare questa doppia tassazione, il regime del margine prevede l'applicazione dell'IVA al solo utile lordo realizzato dal rivenditore, cioè la differenza (cosiddetto "margine") fra il prezzo di vendita e quello d'acquisto maggiorato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.

La determinazione del margine presuppone naturalmente l'effettuazione di due operazioni che fanno perno sul rivenditore: quest'ultimo infatti rivende il bene a un terzo con addebito dell'IVA, avendolo in precedenza acquistato da un privato o da un "soggetto equivalente" ai sensi dell'articolo 36, comma 1, DL n. 41 del 1995 (per ulteriori dettagli in merito al regime in commento, si rimanda agli dal 36 a 40-bis del citato DL e alla circolare n. 177 del 1995).

La peculiarità di questo regime induce a dare prevalenza - nella fattispecie in esame - alle disposizioni speciali in commento rispetto all'ordinaria modalità di assolvimento dell'imposta prevista dall'articolo 17, secondo comma, del Decreto IVA per le operazioni, territorialmente rilevanti nel territorio dello Stato, effettuate "da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato ". In virtù della norma appena richiamata, gli obblighi relativi a tali transazioni sono adempiuti dai cessionari o committenti "residenti" in inversione contabile (i.e. reverse charge).

In tal senso depone la prevalenza accordata dal legislatore al regime in commento nell'ambito delle operazioni intra-UE, per le quali il debitore d'imposta è normalmente il cessionario.

Ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del citato DL, infatti, non sono considerate "operazioni intracomunitarie", bensì "operazioni interne" le cessioni effettuate da un cedente che - nel suo Stato UE di residenza - le assoggetta al regime del margine.

Analogamente, le cessioni di beni effettuate, con applicazione del regime del margine, da operatori nazionali nei confronti di soggetti residenti in altri Stati comunitari non costituiscono cessioni intracomunitarie.

Il regime del margine, dunque, in quanto derogatorio di quello ordinario, presuppone il rispetto di alcuni adempimenti, esperibili dal solo rivenditore che, nel caso in cui sia stabilito in uno Stato non UE, possono essere adempiuti in Italia dal proprio rappresentante fiscale, cioè l'Istante, per le operazioni ivi territorialmente rilevanti. Questo regime prevede, infatti, una modalità di calcolo dell'imposta dovuta (sulla differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto oppure con le percentuali forfetarie) riservato al solo cedente.

D'altro canto, la disposizione di cui all'articolo 17, secondo comma, del Decreto IVA presuppone invece l'applicazione delle regole ordinarie.