Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 22 luglio 2021, n. 501

Interpello - Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n. 212 - erroneo assolvimento dell'IVA ordinaria in luogo del meccanismo dell'inversione contabile - regime sanzionatorio

 

Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

[ALFA], sede secondaria italiana di [BETA], nel prosieguo istante, fa presente quanto di seguito sinteticamente riportato.

L'istante, operante nel commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento, accessori e calzature, riferisce che nell'allestimento del proprio negozio sito a [...] si è avvalsa - per i servizi di stoccaggio, trasporto di materiale ed installazione impianti elettrici e fibra ottica - delle prestazioni della società di diritto tedesco [GAMMA] (di seguito prestatore), identificata in Italia ai sensi dell'articolo 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA).

Il prestatore ha emesso nei confronti dell'istante - con addebito dell'IVA ordinaria nella misura del 22% - le seguenti fatture:

- n. [...] del 6 febbraio 2020 per un imponibile pari a [...] euro e [...] euro a titolo di IVA;

- n. [...] del 6 febbraio 2020 per un imponibile pari a [...] euro e [...] euro a titolo di IVA;

- n. [...] del 6 febbraio 2020 per un imponibile pari a [...] euro e [...] euro a titolo di IVA.

Le menzionate fatture, ricevute dall'istante in formato cartaceo, sono state regolarmente registrate ai sensi dell'articolo 25 del decreto IVA ed integralmente pagate in data 4 marzo 2020.

L'istante riferisce che - in sede di predisposizione della dichiarazione IVA per l'anno d'imposta 2020 - sono sorti dubbi in merito agli obblighi di assolvimento dell'IVA ex articolo 17, secondo comma, del decreto IVA.

In particolare, dai controlli è emerso l'errato esercizio della rivalsa da parte del prestatore, soggetto passivo stabilito in Germania e senza una stabile organizzazione in Italia che, peraltro ha emesso le fatture cartacee senza inviarle mediante il Sistema di Interscambio (SdI), stante l'assenza di un obbligo per i soggetti non stabiliti in Italia.

L'istante riferisce che a seguito di richiesta di chiarimenti, il prestatore ha riferito «di aver debitamente assolto, ai sensi degli art. 23 e 27 del DPR 633/1972, a tutti gli obblighi di registrazione e versamento dell'imposta erroneamente addebitata e a riprova di ciò ha fornito i propri registri IVA e il giustificativo del bonifico internazionale in favore del bilancio dello Stato».

Ciò detto, l'istante chiede se, alla violazione sopra descritta, possa applicarsi quanto disposto dall'articolo 6, comma 9-bis.1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, che dispone unicamente l'applicazione della sanzione amministrativa di 250 euro, riducibile mediante l'istituto del ravvedimento operoso, lasciando fermo per il committente il diritto alla detrazione dell'imposta erroneamente addebitata dal prestatore, né richiedendogli l'assolvimento dell'IVA.

Secondo l'istante «Il dubbio interpretativo sorge alla luce del principio che vede l'esercizio del diritto alla detrazione dell'IVA subordinato al ricevimento di una valida fattura d'acquisto (cfr. Circolare Agenzia Entrate n. 1 del 17/1/2018) e ciò in quanto tutte le fatture d'acquisto portanti un addebito di IVA in via di rivalsa da parte dei fornitori dovrebbero pervenire (...) unicamente con modalità elettroniche, tramite il Sistema di Interscambio».

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

In sintesi, l'istante ritiene che «al caso di specie torni in ogni caso applicabile la disciplina di cui all'articolo 6, comma 9-bis1, del D. Lgs. 471/1997 in quanto:

- il fornitore, in qualità di soggetto non stabilito in Italia, non è obbligato a emettere le fatture elettroniche e, dunque, a farle transitare sul Sistema di Interscambio. Pertanto, le fatture emesse da [GAMMA] nei confronti di [ALFA] con addebito di IVA sono state regolarmente emesse a norma dell'art. 21 del D.P.R. 633/1972;

- risultano salvaguardati gli interessi erariali, avendo il fornitore versato tempestivamente l'imposta erroneamente addebitata;

- la mancata applicazione dell'articolo 6, comma 9-bis1 al caso concreto risulterebbe in contrasto con la ratio della disposizione medesima, volta a salvaguardare i principi di proporzionalità e semplificazione».

 

Parere dell'Agenzia delle entrate

 

In via preliminare si evidenzia che il parere della scrivente viene reso unicamente sulla fattispecie concreta così come descritta dall'istante, senza dunque entrare nel merito della qualificazione delle prestazioni ricevute dallo stesso né sull'effettivo assolvimento dell'IVA da parte del prestatore.

Al riguardo, si rammenta che qualora in sede di attività di controllo dovessero emergere fatti e circostanze idonei a modificare lo scenario sopra descritto, il presente parere non esplicherebbe alcuna efficacia.

L'articolo 17, secondo comma, del decreto IVA dispone che «Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all'articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell'Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decretolegge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427».

Il terzo comma dell'articolo 17 dispone, tuttavia, che «Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dall'applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell'articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato nominato nelle forme previste dall'articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441. [...]».

Ne consegue che l'IVA relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia rese da un cedente o prestatore "estero" (i.e. soggetto passivo IVA stabilito in Stato estero), senza stabile organizzazione in Italia, è assolta dal cessionario o committente italiano (i.e. soggetto passivo IVA stabilito in Italia) mediante l'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile (cosiddetto reverse charge). Tale obbligo ricorre anche se il cedente o prestatore "estero" è identificato ai fini IVA in Italia, mediante l'identificazione diretta o la nomina di un rappresentante fiscale, che non fanno venire meno la qualifica di "non residente" del fornitore (cfr. circolari 18 marzo 2010, n. 14 e 21 giugno 2010, n. 36, quesito n. 31, nonché risoluzione 20 febbraio 2015, n. 21/E).

Pertanto, nel caso di specie, ai fini del corretto assolvimento dell'imposta relativa ai servizi resi dal prestatore - soggetto passivo IVA stabilito in Germania ed identificato in Italia - l'istante - soggetto passivo IVA stabilito in Italia - avrebbe dovuto considerare irrilevante la fattura emessa dal rappresentante fiscale con la partita IVA italiana attribuita al fornitore estero, e avrebbe dovuto richiedere a quest'ultimo l'emissione di una fattura con la sua partita IVA estera, da integrare ed annotare nei registri IVA delle vendite e degli acquisti, per assolvere l'IVA con il sistema dell'inversione contabile (cfr. risoluzione 21/E del 2015).

Ciò detto, con riferimento alle violazioni consistenti nell'erroneo assolvimento dell'imposta in via ordinaria in luogo del meccanismo dell'inversione contabile, l'articolo 6, comma 9-bis.1, del d.lgs. n. 471 del 1997, dispone che, «In deroga al comma 9-bis, primo periodo, qualora, in presenza dei requisiti prescritti per l'applicazione dell'inversione contabile l'imposta relativa a una cessione di beni o a una prestazione di servizi di cui alle disposizioni menzionate nel primo periodo del comma 9-bis, sia stata erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il cessionario o il committente anzidetto non è tenuto all'assolvimento dell'imposta, ma è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. Al pagamento della sanzione è solidalmente tenuto il cedente o prestatore. Le disposizioni di cui ai periodi precedenti non si applicano e il cessionario o il committente è punito con la sanzione di cui al comma 1 quando l'applicazione dell'imposta nel modo ordinario anziché mediante l'inversione contabile è stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cessionario o committente era consapevole».

Come già chiarito nella circolare n. 16/E del 11 maggio 2017, il comma 9-bis.1 prevede che «(...) se - in presenza dei requisiti prescritti per l'applicazione dell'inversione contabile - l'imposta, seppure in modo irregolare (cioè con il sistema ordinario anziché in reverse charge), è stata comunque assolta dal cedente o prestatore per effetto dell'avvenuta registrazione, di cui all'articolo 23 del d.P.R. n. 633 del 1972, con conseguente confluenza nella liquidazione di competenza, non occorre che il cessionario o committente regolarizzi l'operazione ed è fatto salvo il diritto alla detrazione. Per tale irregolarità, al cessionario o committente, debitore d'imposta, è applicata una sanzione in misura fissa da un minimo di 250 euro fino a un massimo di 10.000 euro. Del pagamento di tale sanzione è responsabile, in via solidale, il cedente o prestatore.

In particolare, in considerazione di quanto già chiarito al par. 3, sul momento in cui si realizza la violazione, la sanzione compresa tra 250 euro e 10.000 euro è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun fornitore.

Come previsto espressamente dalla norma, infine, il cessionario o committente è punito con la più grave sanzione proporzionale nella misura compresa tra il novanta e il centoottanta per cento dell'imposta, di cui all'articolo 6, comma 1, se l'applicazione dell'IVA in modo ordinario anziché con l'inversione contabile è stata determinata da una finalità di evasione o frode di cui è provata la consapevolezza del cessionario o committente».

Quanto, invece, agli obblighi di fatturazione, con decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, è stato previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'obbligo di fatturazione elettronica tramite il Sistema di Interscambio (SdI), per tutte le operazioni effettuate tra soggetti residenti e stabiliti in Italia.

Pertanto l'istante, nell'erroneo convincimento di ricevere una prestazione da un soggetto stabilito, avrebbe dovuto accertarsi di ricevere una fattura tramite SdI, ovvero procedere alla regolarizzazione della stessa mediante emissione di un'autofattura tramite SdI.

Ciononostante, si è dell'avviso che alla violazione commessa si applichi comunque la disciplina sanzionatoria sopra descritta, ex articolo 6, comma 9-bis.1, del d.lgs. n. 471 del 1997, secondo cui, quando l'imposta è stata, seppur irregolarmente, assolta, in un'ottica di semplificazione, fa salvo il comportamento del cessionario/committente che non ha applicato il meccanismo dell'inversione contabile, cristallizzando gli esiti dell'errore.

Pertanto, nel caso prospettato, se l'imposta è stata effettivamente assolta (seppur irregolarmente) dal prestatore - circostanza non verificabile in sede d'interpello - il cessionario, fermo restando il diritto a detrazione, non ha l'onere di regolarizzare l'operazione, ma resta soggetto alla sanzione compresa tra 250 euro e 10.000, definibile mediante l'istituto del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del d.lgs. n.472 del 1997.

In tale evenienza resta per l'istante l'obbligo di comunicazione dei dati delle operazioni di cui si discute tramite esterometro, ai sensi dell'articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015 (obbligo la cui omissione è punita con la sanzione di cui all'articolo 11, comma 2-quater, del d.lgs. n. 471 del 1997, anch'essa definibile mediante l'istituto del ravvedimento operoso).

[...]