Prassi - INPS - Messaggio 14 luglio 2020, n. 2797

Regolamentazione comunitaria - Svolgimento di brevi periodi di lavoro in Germania: chiarimenti in materia di legislazione applicabile e criteri di utilizzo dei periodi assicurativi ai fini pensionistici

 

1. Premessa

 

Con il presente messaggio, anche in considerazione delle segnalazioni pervenute dalle Strutture territoriali, si forniscono chiarimenti relativamente ai lavoratori privati e pubblici, nonché ai percettori di NASPI, che svolgono, di solito per brevissimi periodi, attività lavorativa dipendente in Germania.

La legislazione tedesca (Sozialgesetzbuch VI - paragrafo 122, comma 1) riconosce, anche nel caso di attività lavorativa dipendente svolta per periodi inferiori al mese, l’accredito contributivo di un mese pieno, sufficiente per valorizzare, gratuitamente, a fini pensionistici fino a 8 anni di contribuzione figurativa per periodi di formazione scolastica (Anrechnungszeiten) svolti dal 17° al 25° anno di età (Sozialgesetzbuch VI - paragrafo 58, comma 1, n. 4).

Nei casi segnalati, l’attività lavorativa, svolta in Germania per brevissimi periodi, ha comportato l’accredito di contribuzione obbligatoria nell’assicurazione tedesca, sovrapposta a quella versata in Italia.

Tale contribuzione ha consentito, in forza delle citate disposizioni normative, la valorizzazione dei periodi di istruzione universitaria svolta in Italia e, per effetto della totalizzazione internazionale, in alcuni casi è stato possibile ottenere l’anticipazione della decorrenza della pensione italiana.

Tanto rappresentato, evidenziato che sulla questione è in atto un contenzioso amministrativo e giudiziario, si rende necessario, in linea con la posizione espressa sull’argomento dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e con riferimento alle singole tipologie di lavoratori, fornire le seguenti indicazioni per la corretta gestione di eventuali casi analoghi.

 

2. Dipendenti privati

 

Per i lavoratori dipendenti privati che, oltre all’attività lavorativa in Italia, esercitano contemporaneamente e per un breve periodo di tempo un’attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro, la legislazione applicabile, in base alle previsioni contenute nell’articolo 13, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 883/2004, è quella dello Stato di residenza del lavoratore, a condizione che in detto Stato venga svolta attività sostanziale (almeno il 25% dell’attività complessivamente svolta).

Inoltre, le disposizioni applicative della norma sopra citata, contenute nell’articolo 14 del Regolamento (CE) n. 987/2009, precisano che, ai fini della determinazione della legislazione applicabile, non devono essere considerate le attività marginali ossia quelle attività poco significative in termini di tempo e remunerazione (attività che coprono meno del 5% del normale orario di lavoro e/o meno del 5% della retribuzione globale).

In tali situazioni si deve, pertanto, ritenere che la persona eserciti l’attività in un solo Stato e la legislazione da applicare è quella dello Stato in cui è svolta abitualmente l’attività principale.

Al riguardo, la Commissione Amministrativa per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, nella Guida pratica sulla legislazione applicabile nell’UE (allegata al messaggio n. 65 del 10 gennaio 2020), chiarisce che: "Se l’attività marginale comporta l’iscrizione ad un regime di sicurezza sociale, i contributi saranno versati nello Stato membro competente per l’insieme dei redditi di tutte le attività. Questa misura ha lo scopo di prevenire gli abusi consistenti, ad esempio, nel costringere una persona a lavorare per un periodo molto breve in un altro Stato membro per evitare l’applicazione della legislazione del "primo" Stato membro. In questa fattispecie le attività marginali non sono prese in considerazione per determinare la legislazione applicabile. Esse devono essere valutate separatamente da ciascuno Stato membro e non possono essere totalizzate".

L’esclusione ai fini della determinazione della legislazione applicabile delle attività marginali costituisce un criterio di portata generale e trova applicazione in tutte le situazioni lavorative disciplinate ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento (CE) n. 883/2004 (cfr. art. 14, paragrafo 5-ter, del Regolamento (CE) n. 987/2009).

Con specifico riferimento alla fattispecie in esame si chiarisce che, qualora il lavoratore svolga un’attività subordinata in Italia e un’attività in Germania di portata marginale o comunque non sostanziale, la legislazione applicabile, alla luce della normativa sopra richiamata, è unicamente quella italiana.

Inoltre, come espressamente previsto dall’articolo 14, paragrafo 5-ter, del Regolamento (CE) n. 987/2009, e precisato nella citata Guida pratica, anche nel caso in cui l’attività svolta abbia carattere marginale resta, tuttavia, applicabile la procedura dell’articolo 16 del Regolamento (CE) n. 987/2009, poiché la norma in esame si applica in tutti i casi nei quali una persona esercita un’attività in due o più Stati, quali che siano le modalità di lavoro.

Pertanto, il lavoratore, anche se svolge in Germania un’attività lavorativa per un breve periodo, deve comunque informare l’INPS - in qualità di Istituzione designata dall’autorità competente dello Stato membro di residenza - della propria situazione lavorativa.

A seguito di tale comunicazione, l’Istituto deve procedere alla determinazione della legislazione applicabile e rilasciare la certificazione "A1", che attesta l’applicazione della legislazione italiana (art. 15 del Regolamento (CE) n. 987/2009).

Nel caso in cui, per effetto dell’omessa comunicazione, lo svolgimento dell’attività in Germania abbia dato luogo ad un accredito di contribuzione obbligatoria nell’assicurazione tedesca, l’Istituto, non appena viene a conoscenza della situazione dell’interessato, dovrà valutare se l’attività svolta possa essere considerata "attività marginale" o comunque non sostanziale. In caso affermativo, la legislazione applicabile è quella italiana e ciò farebbe venir meno il riconoscimento del periodo assicurativo tedesco. La legislazione in tal modo determinata dovrà essere notificata all’istituzione previdenziale tedesca.

 

3. Dipendenti pubblici

 

Il dipendente pubblico che, in costanza di rapporto di lavoro, intende svolgere - ad esempio durante un periodo di aspettativa - un breve periodo di lavoro in un altro Stato comunitario deve, in primo luogo, conformemente alle disposizioni previste dalla normativa nazionale in materia di pubblico impiego (art. 60 del D.P.R. n. 3/1957; art. 53 del D.lgs n. 165/2001), informarne l’Amministrazione di appartenenza, affinché la stessa possa verificare in concreto la compatibilità dello specifico incarico con il rapporto di impiego.

Qualora l’occupazione nello Stato estero sia ritenuta compatibile con l’impiego pubblico, si prefigura una fattispecie di esercizio di attività lavorativa in due o più Stati membri che, in base alle disposizioni comunitarie, comporta per il lavoratore l’obbligo di comunicare all’INPS - in qualità di Istituzione designata dall’Autorità competente dello Stato membro di residenza - la propria situazione lavorativa. A seguito di tale comunicazione, l’Istituto deve procedere alla determinazione della legislazione applicabile (art. 16 del Regolamento (CE) n. 987/2009).

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3 b), del Regolamento (CE) n. 883/2004, la legislazione applicabile al pubblico dipendente è quella dello Stato membro a cui appartiene l’Amministrazione da cui lo stesso dipende. Tale criterio trova applicazione anche nel caso in cui il lavoratore, oltre ad essere occupato in qualità di pubblico dipendente, svolga un’attività subordinata e/o autonoma in uno o più Stati comunitari (art. 13, paragrafo 4, del Regolamento (CE) n. 883/2004).

Determinata alla luce delle predette disposizioni la legislazione applicabile, l’Istituto deve procedere al rilascio della certificazione "A1" (art. 15 del Regolamento (CE) n. 987/2009).

Pertanto, se il dipendente pubblico svolge un’attività di breve durata in Germania - sia essa subordinata che autonoma - la legislazione applicabile, in base alle norme sopra richiamate, è quella dello Stato a cui appartiene l’Amministrazione, ossia quella italiana. Anche in tale fattispecie, come in quella descritta al paragrafo precedente, qualora, per effetto dell’omessa comunicazione all’INPS da parte del lavoratore ai sensi dell’articolo 16 del Regolamento (CE) n. 987/2009, lo svolgimento dell’attività in Germania abbia dato luogo ad un accredito di contribuzione obbligatoria nell’assicurazione tedesca, l’Istituto dovrà avviare d’ufficio la procedura per la determinazione della legislazione applicabile non appena venga a conoscenza della situazione lavorativa dell’interessato (art. 16, paragrafo 2, Regolamento (CE) n. 987/2009).

 

4. Percettori di NASPI

 

Ai fini della determinazione della legislazione applicabile, i percettori di indennità di disoccupazione, in applicazione di quanto precisato all’articolo 11, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 883/2004, devono essere considerati come se esercitassero un’attività subordinata. Ne consegue che, nel caso di percettore di Naspi che svolga un’attività marginale in un altro Stato membro, ai fini della determinazione della legislazione applicabile trovano applicazione i criteri sopra illustrati per i lavoratori dipendenti privati (cfr. il precedente paragrafo 2).

Tuttavia, per queste situazioni, al fine di accertare un’eventuale indebita percezione delle prestazioni di disoccupazione, si rende necessaria anche una valutazione con riferimento alle disposizioni specifiche in materia di disoccupazione contenute nel capitolo 6 del Regolamento (CE) n. 883/2004 e, in particolare, alle disposizioni degli articoli 63, 64 e 65 del Regolamento (CE) n. 883/2004.

A tale riguardo si rinvia alle indicazioni fornite con la circolare n. 85/2010 e ai chiarimenti contenuti nella circolare n. 177/2017, sul principio dell’esportabilità della prestazione NASpI per quei beneficiari che si rechino in altro paese dell’Unione europea alla ricerca di un’occupazione, previo assolvimento dei previsti adempimenti.

 

5. Istruzioni operative per le Strutture territoriali

 

Alla luce di quanto sopra esposto, le Strutture territoriali sono tenute a riesaminare d’ufficio i provvedimenti adottati in difformità ai chiarimenti contenuti nel presente messaggio.

Di conseguenza, anche le domande di pensione già istruite e/o definite in difformità dovranno essere riesaminate d’ufficio e i ricorsi pendenti dovranno essere gestiti sulla base delle predette disposizioni.