Diniego di rimborso: l'impugnazione obbliga la prova contraria

Nella controversia contro il diniego da parte del Fisco al rimborso delle maggiori ritenute subite a causa del mancato riconoscimento dell’agevolazione sulle somme percepite a titolo di incentivo all’esodo volontario, il contribuente è tenuto a produrre la documentazione necessaria a provare la natura delle somme percepite (Corte di Cassazione - Ordinanza 11 febbraio 2020, n. 3624)

Nell’ambito della controversia per l’impugnazione del silenzio rifiuto sull'istanza di rimborso delle maggiori ritenute IRPEF operate dal sostituto d'imposta sulle somme erogate al momento della cessazione del rapporto di lavoro, asseritamente corrispondenti all’agevolazione prevista per i contributi di incentivo all’esodo dei lavoratori dipendenti, i giudici della Suprema Corte hanno confermato la legittimità del diniego, in considerazione del fatto che il contribuente non abbia in concreto dimostrato che le somme ricevute per la cessazione volontaria del rapporto siano state corrisposte a titolo di incentivo all'esodo e non ad altro titolo.
Secondo la norma agevolativa (applicabile ratione temporis), le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori dipendenti che abbiano superato l'età di 50 anni se donne e di 55 anni se uomini, sono assoggettate ad IRPEF applicando l'aliquota prevista per la tassazione separata del trattamento di fine rapporto, ridotta al 50 per cento.
La Corte di Cassazione ha precisato che nel caso in cui l’agevolazione, non applicata dal sostituto d’imposta, sia richiesta mediante istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria delle ritenute indebitamente subite, il lavoratore è tenuto a dimostrare, mediante idonea documentazione da allegare alla richiesta, che l'attribuzione patrimoniale sia stata erogata effettivamente a titolo di incentivo all’esodo.
In caso di controversia avente ad oggetto il diniego del rimborso, inoltre, è dovere del giudice di merito verificare la sufficienza della documentazione prodotta a sostegno delle ragioni creditorie (da rimborso) allegate dal contribuente, con un giudizio di merito che, se congruamente e logicamente motivato è incensurabile in sede di legittimità.
In merito alle condizioni per il riconoscimento della tassazione agevolata, peraltro, la Corte di Cassazione ha sottolineato che essa deve ritenersi applicabile a tutti i lavoratori che abbiano superato una determinata età anagrafica, anche se non in possesso dei requisiti minimi per l'età pensionabile e, inoltre, il suo ambito operativo non può essere ridotto con l'inserimento negli accordi aziendali di limiti non contemplati dalla legge (come, ad esempio, un termine temporale per la manifestazione dell'adesione dei lavoratori alla possibilità di esodo), in quanto, ai fini del riconoscimento dell'agevolazione, le aziende non sono tenute a prevedere piani ed incentivi generalizzati o indirizzati ad una pluralità di destinatari. Pertanto, l’agevolazione è applicabile alle somme corrisposte al lavoratore a titolo d'incentivo per le dimissioni anticipate indipendentemente dal carattere individuale o collettivo della corrispondente pattuizione.