Prassi - NORMA DI COMPORTAMENTO 01 febbraio 2020, n. 208

Diritto al rimborso dell’euroritenuta e procedura di collaborazione volontaria

Massima

 

Il riconoscimento del rimborso relativo all’euroritenuta operata sui redditi emersi nelle procedure di collaborazione volontaria, è rispettosa del principio del divieto di doppia imposizione, sancito dalla normativa interna e dalle direttive comunitarie. Tale principio generale non può subire limitazioni in ragione della speciale procedura disposta per la voluntary disclosure.

 

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La disciplina dell’euroritenuta trova applicazione in virtù di quanto previsto dalla Direttiva n. 2003/48 CE, al fine di assoggettare a imposizione i redditi di capitale derivanti da attività finanziarie detenute all’estero da parte di persone fisiche beneficiarie effettive che risultino fiscalmente residenti in altro Stato membro.

L’attuazione domestica di tale disposizione, trova collocazione nel D.Lgs. n. 84/2005, in cui si prevede, all’art. 10 che:

- per i redditi percepiti da contribuenti residenti in Italia assoggettati ad euroritenuta, trova applicazione il credito di imposta di cui all’art. 165, T.U.I.R.;

- qualora l’importo della ritenuta fosse superiore al credito d’imposta o, comunque nei casi in cui lo stesso non sia azionabile, spetta al contribuente il rimborso dell’euroritenuta o l’utilizzo della stessa in compensazione con altri debiti secondo quanto previsto dall’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997.

Nella generalità dei casi, si deve osservare come tali redditi siano soggetti a imposizione sostitutiva (NOTA 1), con la conseguenza che gli stessi non possano godere del credito d’imposta di cui all’art. 165, T.U.I.R. (NOTA 2), consentendo quindi al contribuente di proporre richiesta di rimborso, alternativamente all’utilizzo in compensazione del credito derivante da tale ritenuta.

Tale preliminare (e sintetica) descrizione del meccanismo di funzionamento dell’euroritenuta è necessario al fine di inquadrare la gestione della stessa nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria di cui alla L. n. 186/2014: sulla base delle risultanze derivanti dalla liquidazione delle imposte dovute ai fini del perfezionamento della voluntary disclosure, si è riscontrato un generalizzato orientamento da parte dell’autorità fiscale italiana a non voler riconoscere (nell’ambito di tale procedura) il diritto allo scomputo dell’euroritenuta ai quali taluni redditi oggetto di regolarizzazione erano stati assoggettati.

Di conseguenza, una volta perfezionata la procedura di cui sopra, molti contribuenti hanno proposto istanza di rimborso dell’euroritenuta versata.

Sulla base dei principi generali dell’ordinamento tributario, occorre subito rilevare come tale diritto non possa essere precluso in considerazione del fatto che un eventuale diniego causerebbe una doppia imposizione (NOTA 3) sul medesimo reddito. Il mancato riconoscimento del diritto al rimborso integrerebbe non solo la fattispecie di doppia imposizione economica, ma anche quello di doppia imposizione giuridica, essendo peraltro indubitabile come il reddito assoggettato a doppia tassazione sia il medesimo, andando a incidere anche il concetto di capacità contributiva di cui all’art. 53, Cost.

Peraltro, occorre notare che l’art. 14 della Direttiva 2003/48/CE (rubricato proprio "eliminazione delle doppie imposizioni") riconosce la necessità di evitare quanto sopra descritto: tale principio è stato poi recepito anche dalla norma interna (NOTA 4) e la stessa Agenzia delle entrate ha evidenziato come la finalità di tali disposizioni sia proprio quella di evitare le doppie imposizioni (NOTA 5).

Si deve altresì evidenziare come non sia rintracciabile nell’ordinamento una disposizione che disconosca il diritto al rimborso di un credito tributario, qualora spettante, documentato in maniera idonea e richiesto nei termini previsti dall’articolo 38 del DPR 602/1973 ovvero quelli previsti dall’articolo 21 del D.Lgs. n. 546/1992 (che nel caso della voluntary disclosure, decorrono dal perfezionamento della procedura).

Anche l’eccezione secondo cui il rimborso delle ritenute subite su tali redditi non sarebbe spettante in quanto, la collaborazione volontaria viene a essere ricondotta a un accertamento con adesione, il cui perfezionamento risulta essere definitivo non appare sostenibile alla luce dell’impianto normativo con cui è stata attuata la voluntary disclosure: occorre rilevare che eventuali richiami all’adesione hanno la sola finalità di individuare la procedura attraverso cui gli Uffici dell’amministrazione finanziaria gestiscono gli atti conseguenti alla collaborazione volontaria, senza che però il Legislatore abbia mai inteso ricondurre gli effetti della stessa a quelli del D.Lgs. n. 218/1997.

A supporto di quanto sopra, sussistono alcune differenze fondamentali tra i due istituti:

- l’accertamento con adesione è un procedimento che prende avvio da una contestazione, assente nel caso della voluntary disclosure;

- l’accertamento con adesione ha lo scopo di mediare tra interpretazioni diverse di circostanze che l’Agenzia delle Entrate abbia già accertato, la voluntary disclosure aveva lo scopo di permettere al contribuente di operare un ravvedimento operoso "speciale" che, a fronte della minore onerosità e di particolari garanzie, agevolasse il controllo (NOTA 6) in ordine a circostanze sconosciute all’Agenzia delle Entrate;

- l’accertamento con adesione prevede che sia l’amministrazione finanziaria a riliquidare gli importi dovuti sulla base delle risultanze emergenti dal contraddittorio (NOTA 7), nella procedura di voluntary disclosure era il contribuente che "autoaccertava" la propria posizione: fatti generatori e imposte dovute;

- nella voluntary disclosure la fase di contraddittorio era puramente eventuale, potendo il contribuente accettare quanto proposto dall’Agenzia delle entrate (prima edizione), oppure avere già autoliquidato correttamente quanto dovuto;

- anche le modalità di versamento e di rateazione sono profondamente differenti tra i due istituti e non alterati nemmeno nel caso in cui la procedura di collaborazione volontaria sfociava, da un punto di vista procedimentale, nella fase di accertamento con adesione;

- l’eventuale richiesta di contraddittorio - fase essenziale nelle procedure di adesione - aveva l’esito sostanziale di vanificare i benefici premiali della procedura di collaborazione volontaria.

 

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(1) Ciò comporta l’indicazione in appositi quadri dichiarativi del modello UNICO, quali il quadro RM per i redditi di capitale.

(2) Cfr. anche circolare Agenzia entrate n. 9/E del 2015.

(3) Assoggettamento a euroritenuta e successiva imposizione domestica; l’eliminazione della doppia imposizione è in proposito prevista anche dalla Direttiva 2003/48/CE.

(4) Si consideri che con riferimento all’euroritenuta, l’eliminazione di tali fenomeni di doppie imposizioni, si applica anche nei casi di esistenza di specifici accordi stipulati con Paesi al di fuori dell’ambito CEE: a questo proposito, si vedano a titolo d’esempio, l’accordo stipulato dalla Comunità europea con la Confederazione svizzera del 26.10.2004 (pubblicato su G.U. UE n. L 385 del 29.12.2004), nel quale vi è un apposito articolo in tal senso (art. 9 - "eliminazione delle doppie imposizioni"), oppure quello stipulato con il Principato di Monaco pubblicato su G.U. UE L 19/55 del 21.01.2005 (art. 10 - "eliminazione delle doppie imposizioni e/o rimborso della ritenuta alla fonte").

(5) Cfr. circolare Ag. entrate n. 55/E del 2005. A livello giurisprudenziale, non risultano esservi ancora pronunce da parte della Corte di Cassazione, mentre sono state già depositate sentenze di Commissione Tributaria Provinciale e una di Commissione Tributaria Regionale (CTR della Lombardia n. 4031 del 26.9.2018) che confermano questo principio.

(6) Per questo motivo era previsto che il contribuente presentasse un’istanza, corredata da una relazione e dalla relativa documentazione.

(7) Con la riapertura della procedura di collaborazione volontaria, l’autoliquidazione era una delle modalità consentite per l’assolvimento dell’obbligazione tributaria derivante dalla procedura in questione.