Docenti delle Accademie e delle Università: trattamento economico e contrattuale

I docenti degli istituti di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale non hanno diritto allo stesso trattamento economico e contrattuale dei docenti universitari, in quanto la legge n. 508/1999, pur inquadrando detti istituti tra le istituzioni di alta cultura riconosciute dall'art. 33 Cost. e garantendone l'autonomia statutaria e organizzativa, affida la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti alla contrattazione collettiva nell'ambito di un apposito comparto e regola il conferimento degli incarichi di insegnamento secondo modalità diverse (Cassazione, ordinanza n. 303/2020).

La Corte di Appello di Milano ha respinto l'appello proposto da alcuni docenti di ruolo presso l'Accademia di Belle Arti, avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere la condanna del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca nonché del Ministero delle Finanze al pagamento delle differenze retributive maturate a far tempo dal 1° gennaio 2000, da calcolarsi sulla base del trattamento stipendiale riservato ai professori universitari di Iª fascia. Secondo la Corte territoriale, non poteva essere invocato l'art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, relativo alla disciplina delle mansioni, in quanto il migliore trattamento economico veniva rivendicato non in relazione allo svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento, bensì sulla base di una pretesa equivalenza con l'attività svolta dai professori universitari, che deriverebbe dalla disciplina dettata dalla legge n. 508/1999.
Il giudice d'appello ha rilevato che alla luce della vigente normativa non si può sostenere l'equiparazione tra le due categorie di personale, in quanto il rapporto di lavoro dei docenti universitari è disciplinato dalla legge, mentre quello dei docenti delle Accademie e dei Conservatori di musica è regolato dal contratto di diritto privato. La Corte milanese ha escluso inoltre la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 6, della legge n. 508/1999, che estende al personale delle Accademie la disciplina dettata dal d.lgs. n. 165/2001, in quanto non è detta norma che mortifica il preteso diritto alla equiparazione, bensì la scelta operata dalle parti collettive in relazione all'ammontare dei trattamenti retributivi, stabiliti in misura inferiore rispetto a quelli dei docenti universitari.
Per la cassazione della sentenza gli interessati hanno proposto ricorso sulla base di un unico motivo. I ricorrenti sostengono che a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 508/1999, con la quale le Accademie sono state parificate alle Università è cambiato, quanto alle mansioni, il rapporto di lavoro, perché l'equiparazione del titolo di studio rilasciato dall'Accademia a quello universitario ha comportato che l'attività di docenza sia stata modellata su quella universitaria e, quindi, è stato richiesto al personale delle Accademie l'espletamento di mansioni aggiuntive rispetto a quelle svolte in precedenza. Queste mansioni, tuttavia, non sono state adeguatamente remunerate in quanto, sulla base delle previsioni della richiamata legge n. 508/1999, il personale già in servizio è stato inquadrato in un ruolo ad esaurimento, conservando il trattamento economico complessivo già goduto.
La Cassazione, ricordando le recenti pronunce nn. 14101 e 21522 del 2018, ha affermato che i docenti degli istituti di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale non hanno diritto allo stesso trattamento economico e contrattuale dei docenti universitari, in quanto la legge n. 508/1999, pur inquadrando detti istituti tra le istituzioni di alta cultura riconosciute dall'art. 33 Cost. e garantendone l'autonomia statutaria e organizzativa, affida la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti alla contrattazione collettiva nell'ambito di un apposito comparto e regola il conferimento degli incarichi di insegnamento secondo modalità diverse sia da quelle previste per gli insegnanti di scuola primaria e secondaria, sia da quelle proprie dei professori universitari.
La violazione del principio di eguaglianza sussiste solo qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, ma non quando la diversità di disciplina corrisponda ad una diversità di situazioni, perché in tal caso la discrezionalità del Legislatore non può essere sindacata (Corte Cost. nn. 192 e 79 del 2016, n. 85 del 2013, n. 340 del 2004).
Gli Ermellini hanno sottolineato, inoltre, che non si può fare leva sull'equipollenza dei titoli di studio, rilasciati rispettivamente dagli istituti di alta formazione e dalle università, per sostenere la necessità di parificazione del trattamento economico del personale docente, giacché, da un lato, l'equipollenza è stata limitata dal legislatore «al fine esclusivo dell'ammissione ai pubblici concorsi per l'accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego», dall'altro la stessa finisce per confermare la diversità fra istituti di alta formazione ed università e fra i titoli di studio dagli stessi rilasciati, equiparati solo a determinati fini. Pertanto, non prospettando il ricorso argomenti che possano indurre a rimeditare l'orientamento già espresso, lo stesso è stato rigettato.