Prassi - AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta 06 dicembre 2019, n. 21

Consulenza giuridica - Ambito temporale di applicazione dell'articolo 14 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.472

 

Con l'istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente

 

Quesito

 

[ALFA], di seguito istante, nell'esporre quanto qui di seguito sinteticamente riportato, chiede chiarimenti circa l'ambito temporale di applicazione dell'articolo 14, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che, introdotto a decorrere dal 1° gennaio 2016 dall'articolo 16, comma 1, lett. g), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, esclude la responsabilità solidale a carico del cessionario di un'azienda (o di un ramo di azienda) per il pagamento di imposte e sanzioni imputabili al cedente qualora la cessione intervenga, tra l'altro, nell'ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

In particolare, l'istante chiede di chiarire se l'esclusione dettata dal citato articolo 14, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 472 del 1997 possa configurarsi anche nel caso in cui la cessione di un'azienda (o di un ramo di azienda) sia posta in essere in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti presentato ed omologato prima della data del 1° gennaio 2016.

 

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente

 

In sintesi, l'istante è dell'avviso che la suddetta esclusione operi retroattivamente. E ciò perché:

- alla responsabilità solidale dettata dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997 deve riconoscersi natura di sanzione impropria (in caso contrario, infatti, il decreto legislativo n. 158 del 2015 avrebbe introdotto una modifica a detta disposizione al di fuori dei poteri e dei principi stabiliti dalla legge 11 marzo 2014, n. 23). Di conseguenza, l'esimente dettata dal successivo comma 5-bis del medesimo articolo 14 dovrebbe applicarsi anche alle cessioni intervenute prima della data del 1°gennaio 2016 in virtù del principio del favor rei di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 472 del 1997;

- sarebbe contrario alla finalità dell'istituto di cui all'articolo 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942 ipotizzare che il cessionario possa incorrere nella responsabilità solidale dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (verrebbe, infatti, posto nel nulla il principio di intangibilità degli atti esecutivi dell'accordo).

 

Parere dell'agenzia delle entrate

 

L'articolo 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997 disciplina la responsabilità dipendente da cessione di un'azienda o di un ramo di azienda. In particolare, detto articolo dispone che:

- il cessionario è responsabile in solido con il cedente - fatto salvo il beneficio della preventiva escussione di quest'ultimo ed entro i limiti del valore dell'azienda o del ramo di azienda - per il pagamento delle imposte e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuto il trasferimento e nei due anni precedenti, ancorché non contestate o irrogate alla data della cessione, nonché per le violazioni già contestate (e per le sanzioni già irrogate), nel medesimo periodo, anche se commesse in epoca anteriore (comma 1);

- la responsabilità del cessionario è, comunque, limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli Uffici dell'Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza (comma 2);

- la responsabilità del cessionario non è, peraltro, soggetta alle limitazioni dallo stesso dettate qualora la cessione sia attuata in frode dei crediti tributari, ancorché essa sia avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni (comma 4).

Per effetto delle modifiche introdotte, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dall'articolo 16, comma 1, lett. g), del decreto legislativo n. 158 del 2015, il medesimo articolo:

- esclude, in deroga alle ricordate disposizioni e fatta salva l'applicazione del citato comma 4, la responsabilità solidale del cessionario qualora la cessione avvenga nell'ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti,di un piano attestato o di un procedimento di composizione della crisi da sovra indebitamento o di liquidazione del patrimonio;

- prevede che la disciplina dallo stesso dettata si applichi, in quanto compatibile,a tutte le ipotesi di trasferimento d'azienda, compreso il conferimento.

Già prima di tale modifica normativa, la risoluzione ministeriale n. 112/E del 12 luglio 1999 aveva limitato la responsabilità solidale a carico del cessionario di un'azienda (o di un ramo di azienda) per il pagamento di imposte e sanzioni imputabili al cedente alle sole "cessioni su base volontaria e negoziale e non già a quelle con evidenti profili pubblicistici", quali quelle effettuate nell'ambito delle procedure fallimentari. Tale interpretazione trovava fondamento non solo su un'esegesi sistematica dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997 ma anche sul disposto dell'articolo 51 del regio decreto n. 267 del 1942 che, imponendo il divieto di iniziare o proseguire azioni individuali sul patrimonio del fallito, sostanzialmente avrebbe vanificato la previsione del beneficio di preventiva escussione, accordato dallo stesso articolo 14.

Con riferimento alle procedure fallimentari, la scrivente è, quindi, dell'avviso chela disposizione di cui al citato articolo 16, comma 1, lett. g), del decreto legislativo n. 158 del 2015, abbia carattere ricognitivo di un principio che si poteva desumere già invia interpretativa, come fatto dall'Amministrazione finanziaria. Conseguentemente, il principio, ora sancito con norma, trova applicazione anche prima del 1° gennaio 2016.

Alle medesime conclusioni deve giungersi anche per le procedure che, diverse dal fallimento, presentano quelle stesse caratteristiche che, individuate in via interpretativa prima della modifica operata dal decreto legislativo n. 158 del 2015, avrebbero già consentito di escludere l'applicazione dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997. Si tratta, ad esempio, delle cessioni di beni effettuate nell'ambito:

- del concordato preventivo con liquidazione di cui agli articoli 160 e ss. del regio decreto n. 267 del 1942. Dette cessioni, infatti, al pari delle vendite fallimentari,si configurano come atti di vendita coattivi, caratterizzati dai medesimi profili pubblicistici. Peraltro, come il citato articolo 51 del regio decreto n. 267 del 1942 vieta di esperire qualunque forma di esecuzione individuale sui beni del fallito, con riferimento al concordato preventivo con liquidazione, il successivo articolo 168, comma 1, prevede che "dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore";

- della liquidazione coatta amministrativa. Detta procedura concorsuale, disciplinata nel titolo V del regio decreto n. 267 del 1942 e nelle leggi speciali in materia, è applicabile ad imprese operanti in settori che richiedono una particolare vigilanza da parte dell'autorità amministrativa. Infatti, il tratto qualificante dell'istituto è rappresentato dalla competenza di detta autorità che, individuata dalla legge nella gestione della procedura, sostituisce l'intervento del tribunale. Liquidazione coatta amministrativa e fallimento, pertanto, partecipano entrambe della medesima ratio,diretta alla tutela del principio della par condicio creditorum. Peraltro, l'articolo 201 del regio decreto n. 267 del 1942, nel disciplinare gli effetti della procedura per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti, rende applicabili, tra l'altro, dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione, "le disposizioni del titolo II, capo III,sezione II", del medesimo regio decreto, ivi incluso l'articolo 51.

E nel medesimo perimetro, a parere della scrivente, devono essere incluse anche le cessioni di beni effettuate nell'ambito degli accordi di ristrutturazione del debito.

Detti accordi - che, introdotti dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, come ulteriore strumento per la soluzione delle crisi d'impresa alternativo al fallimento - sono stipulati fra l'imprenditore ed una maggioranza qualificata di creditori (fase stragiudiziale) e, successivamente, omologati dal Tribunale e pubblicati nel registro delle imprese (fase giudiziale). Quanto alla loro natura, la Corte di cassazione, nella recente sentenza del 10 aprile 2019, n. 10106, ha confermato l'orientamento secondo il quale «l'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui alla L. Fall., art. 182-bis "appartiene agli istituti del diritto concorsuale" - ovvero,più esplicitamente, rientra "tra le procedure concorsuali" "come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente,pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall'altro, (v. la L. Fall., art. 182-bis, nei suoi vari commi, e la L. Fall., art. 67, comma 3, lett. e)) suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali" (Cass. Sez. 1 18/01/2018, n. 1182; cfr. Cass. n. 23111/14 e Cass. n. 16950/16 ivi richiamate, laddove accostano "l'accordo al concordato preventivo, quale istituto affine nell'ottica delle procedure alternative al fallimento") (...) (Cass. n. 9087/18, 1182/18)». Peraltro, anche per tali accordi è previsto che "dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire titoli di prelazione se non concordati" (così articolo 182-bis, comma 3, del regio decreto n. 267 del 1942).

Pertanto, anche per gli accordi di ristrutturazione dei debiti la modifica operata dall'articolo 16, comma 1, lett. g), del decreto legislativo n. 158 del 2015 all'articolo 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997 non ha portata innovativa e, come tale, trova applicazione agli atti di cessione di azienda (o di ramo di azienda) posti in essere anteriormente al 1° gennaio 2016.

Resta fermo che le limitazioni della responsabilità solidale del cessionario vengono meno qualora la cessione dell'azienda - anche se avvenuta con trasferimento frazionato di singoli beni - sia stata attuata in frode ai crediti di natura tributaria (cfr. citato articolo 14, comma 4, del decreto legislativo n. 472 del 1997).