Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 novembre 2019, n. 31339

Tributi - ICI - Immobile appartenente al demanio comunale - Concessionario - Soggettività passiva dell'imposta

 

Fatti della causa

 

1. In controversia relativa alla legittimità degli avvisi di accertamento per imposta comunale sugli immobili degli anni dal 2009 al 2011, emessi dal Comune di Portofino nei confronti della Srl A. con riferimento ad un immobile appartenente al demanio comunale, destinato a "parcheggio ed attrezzature di interesse comune", realizzato da altra società in forza di rapporto di concessione di costruzione e pluriennale gestione nel quale, successivamente all'ultimazione del lavori, la A. era subentrata, la prima sezione della commissione tributaria regionale della Liguria, con sentenza depositata il 18 novembre 2016, a conferma della sentenza di primo grado, ritenendo infondata la tesi della contribuente per cui l'originaria concessione di costruzione e gestione, così come l'attuale rapporto gestorio, avevano natura contrattuale (di "concessione-contratto") ed erano produttivi di effetti solo obbligatori, talché gli avvisi impugnati dovevano ritenersi illegittimi per difetto del presupposto applicativo dell'imposta sancito dall'art. 3 del d.lgs. 20 dicembre 1992, n. 504, affermava che "Il rapporto giuridico esistente tra le parti è di tipo concessorio, sia pure atipico in quanto il pagamento del canone risulta sostituito dalla consegna dell'immobile ... la A. srl, risulta titolare di un mero rapporto concessorio e, in quanto tale, è obbligata al versamento dell'Ici ai sensi dell'art. 3 d.lgs. n. 504/1992".

2. La Srl A. ricorre per la cassazione della suddetta sentenza sulla base di tre motivi.

3. Il Comune di Portofino resiste con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo e con il secondo motivo di ricorso, viene lamentato, rispettivamente, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza perché motivata in modo non comprensibile, perplesso, apodittico e, in relazione all'art. 360, comma 1, n.3, c.p.c., la violazione dell'art. 3, d.lgs.504/92.

2. I motivi (la cui contraddittorietà può essere superata valutando il secondo come subordinato rispetto al primo) sono infondati. Il tema dibattuto di fronte alla commissione tributaria regionale della Liguria atteneva, come riportato nella prima parte della motivazione della sentenza (Svolgimento in fatto, pag. l), al se il rapporto in forza del quale la ricorrente, subentrata alla concessionaria di costruzione e gestione, ha gestito, negli anni 2009-2001 (ai quali si riferisce la pretesa impositiva), il bene comunale de quo (traendone vantaggio economico) fosse, al di là della qualificazione formale (concessione), di natura effettivamente pubblicistica ovvero di natura contrattuale e produttivo di effetti solo obbligatori. Premesso che l'art.18 della I. n. 388 del 2000, modificando l'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, ha esteso espressamente la soggettività passiva dell'imposta comunale sugli immobili ai concessionari di aree demaniali, sussiste il presupposto applicativo della norma allorché la concessione riguardi - come nel caso di specie è indiscusso - l'uso di un immobile già esistente di proprietà demaniale, in quanto, in tal caso, le modalità di utilizzazione, mantenimento e restituzione del bene coincidono con le statuizioni della concessione. Alla luce delle superiori considerazioni, la motivazione della sentenza impugnata appare esaustiva e la sentenza si sottrae alla dedotta violazione dell'art. 3, d.lgs 504/92.

3. Con il terzo motivo di ricorso viene lamentata, in riferimento alla previsione dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 115 e 183 c.p.c. e degli artt. 24 e 32 d.lgs. 546/92, per non avere la commissione tributaria regionale tenuto conto del fatto che solo con le memorie illustrative depositate dieci giorni prima dell'udienza di trattazione, il Comune, fino ad allora difesosi in modo assolutamente generico, aveva "risposto alle eccezioni contenute nel ricorso" di essa ricorrente e depositato documenti.

4. Il motivo è inammissibile per la ragione seguente che assorbe ogni altra: come la Corte ha più volte affermato (v. ad esempio, le sentenze n.23638 del 21 novembre 2016; n. 26831 del 1 dicembre 2014; sentenza n.6330 del 19 marzo 2014), 'la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito"; l'odierna ricorrente ha  omesso di precisare l'effettiva e concreta incidenza delle allegazioni e produzioni asseritamente effettuate dal Comune di Portofino in violazione delle disposizioni processuali invocate.

5. In ragione di quanto precede il ricorso va rigettato.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso;

condanna la srl A. a rifondere al Comune di Portofino le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 2500,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge;

ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo.