Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 novembre 2019, n. 31086

Tributi - Reddito di impresa - Costi riferiti a dipendenti in trasferta - Spese per servizi di albergo e ristorazione - Mancata indicazione sulle fatture del nominativo dei fruitori - Indeducibilità - Spese per appartamenti in uso all’amministratore - Indeducibilità

 

Fatti di causa

 

1. La S.r.l. A.C. (che ha sede legale nella provincia di Salerno e svolge attività di costruzione nel settore delle opere pubbliche) propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 238/04/2012, depositata il 17 aprile 2012, della Commissione tributaria regionale della Campania-sezione staccata di Salerno, che ha parzialmente accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno che aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente contro l'avviso con il quale l'Amministrazione finanziaria, per l'anno d'imposta 2006, aveva accertato, ai fini Ires, Irap ed Iva, a seguito del disconoscimento di costi, maggiori imposte , oltre ad interessi e sanzioni.

2. Per quanto qui ancora rileva, l'accertamento conseguiva:

- alla ritenuta indeducibilità dei costi relativi a spese per servizi di albergo e ristorazione dei quali avrebbero fruito, in occasione di trasferte di lavoro, dipendenti della società, dei quali le relative fatture non indicavano il nominativo;

- all'assunta non inerenza dei costi relativi ai canoni di locazione pagati dalla società per l'utilizzo, da parte del suo amministratore, di due appartamenti siti in Roma; oltre che delle spese per l'acquisto di mobili e televisori destinati all'arredo degli stessi immobili;

- all'omessa fatturazione di operazioni imponibili ai fini Iva, consistenti negli oneri consortili e nelle spese per la sicurezza, in relazione agli stati di avanzamento dei lavori relativi ai cantieri di Monza e Treviso.

3. L' Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 4, cod. proc. civ. la pretesa nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ.. La lettura del complesso del motivo evidenzia come, secondo la ricorrente, il giudice a quo non avrebbe potuto effettuare una nuova e diversa «valutazione in ordine all'adeguatezza della documentazione fornita dal contribuente per dimostrare la riferibilità delle fatture per alberghi e ristoranti ai propri dipendenti poiché il giudizio di sufficienza reso dalla CTR e non specificamente impugnato da controparte era ormai coperto da giudicato interno e, quindi, non più modificabile».

Il motivo è infondato.

Infatti, la stessa ricorrente riconosce (pag. 13 del ricorso) che l'Ufficio aveva proposto appello in ordine al capo di sentenza avente ad oggetto il rilievo in questione, ribadendo nell'impugnazione che esso trovava fondamento nella mancata indicazione dei fruitori dei servizi nelle fatture.

L'ammissibilità del motivo d'appello non risulta controversa, e comunque deve ravvisarsi ogni qual volta nell'atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, poiché nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell'appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all'art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l'accesso alla giustizia e l'effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass., 15/01/2019, n. 707).

Inoltre, nel processo tributario, anche nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado, deve ritenersi assolto l'onere d'impugnazione specifica richiesto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, che costituisce norma speciale rispetto all'art. 342 c.p.c. (Cass., 05/10/2018, n. 24641).

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell'art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986, per avere il giudice a quo escluso l'inerenza delle spese relative al vitto ed all'alloggio dei dipendenti della società in trasferta esclusivamente per la mancata indicazione, nelle relative fatture, dei nomi dei singoli fruitori dei servizi, negando invece risalto «ad eventuali elenchi nominativi allegati, come nella specie, ai documenti contabili» (pag. 17 del ricorso).

Premesso che la CTR ha comunque considerato deducibili le spese in questione nella misura di un terzo del loro ammontare, quali spese di rappresentanza della società, deve rilevarsi che il motivo è inammissibile.

Infatti, nel processo tributario di cassazione il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell'indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell'art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d'ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria - del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, comma 3, c.p.c. - deve rispettare, a pena d'inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all'individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass., Sez.U., 03/11/2011, n. 22726; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., 15/01/2019, n. 777).

Nel caso di specie, la ricorrente, che ne era onerata, ha omesso, nel corpo del motivo, di indicare specificamente - e di fornire dati utili ad individuare il momento processuale della loro produzione nei gradi precedenti - i documenti, a suo dire sufficienti ad identificare gli effettivi fruitori dei servizi di vitto ed alloggio, sui quali dovrebbe fondarsi l'applicazione dell'art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986, interpretato nel senso auspicato dalla contribuente, ai fini del riconoscimento dell'inerenza e della conseguente deducibilità dei relativi costi.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 5 cod. proc. civ., vigente ratione temporis, la motivazione contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere il giudice a quo da un lato escluso l'inerenza delle spese relative al vitto ed all'alloggio dei dipendenti in trasferta, e dall'altro ritenuto invece deducibili le spese per acquisti di alimenti e bevande , relative all'acquisto, presso supermercati, di alimenti e bevande, trattandosi di derrate utilizzate dai dipendenti impiegati nei vari cantieri, «nei giorni in cui gli stessi hanno albergato presso strutture ricettive convenzionate» (punto 4 della sentenza impugnata).

Il motivo è inammissibile.

Infatti, premessa l'ovvia differenza in fatto tra l'utilizzo di servizi di ristorazione e l'acquisto di derrate alimentari presso supermercati, l'invocata contraddizione dovrebbe emergere, con riferimento al servizio alberghiero, dalla coincidenza cronologica e territoriale dei periodi di soggiorno di cui ai costi non riconosciuti con quelli nei quali sono stati effettuati gli acquisti presso i supermercati, valutati come inerenti dalla CTP. Ma la ricorrente non ha indicato specificamente da quali documenti, prodotti nel giudizio di merito, tale coincidenza dovrebbe risultare, non adempiendo pertanto gli oneri richiamati nel paragrafo 2 che precede e dalla giurisprudenza ivi citata.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 4, cod. proc. civ., la pretesa nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., per avere il giudice a quo provveduto ad una nuova e diversa valutazione in ordine al rilievo attinente i canoni di locazione degli appartamenti utilizzati dall'Amministratore, sebbene sul punto l'appellante Ufficio si fosse limitato a ribadire quanto già argomentato, relativamente all'inerenza ed all'onere probatorio, in primo grado.

Il motivo è infondato.

Infatti - premesso quanto argomentato nel paragrafo 1 di questa decisione, compresa la giurisprudenza ivi citata, in ordine alla specificità dei motivi d'appello nel processo tributario, nel caso di specie integrata - deve rilevarsi che comunque, per quanto emerge dalla stessa sentenza impugnata (terza pagina, ottavo capoverso), oltre che dal passo dell'appello trascritto nel controricorso, la censura dell'appellante Agenzia è stata più specifica di quanto sostiene la ricorrente, atteso che ha investito anche la valutazione del certificato di residenza dell'amministratore ed il contenuto del contratto di locazione.

Il relativo motivo d'appello era quindi sufficientemente specifico e, decidendo su di esso, la CTR non ha ecceduto i limiti dell'impugnazione.

5. Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 5 cod. proc. civ., vigente ratìone temporis, la motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere il giudice a quo, trattando dei rilievi attinenti i canoni di locazione degli appartamenti utilizzati dall'amministratore e l'acquisto di relativi beni mobili d'arredo, considerato che la presenza, per alcuni giorni della settimana, del legale rappresentante in Roma era resa necessaria per rapportarsi con i committenti le cui sedi sociali si trovano nella capitale. Pertanto, sostiene la contribuente, se a tale esigenza la società avesse fatto fronte, invece che locando una residenza, con soggiorni alberghieri e pasti presso ristoranti, le relative spese, ed i costi deducibili, sarebbero stati maggiori.

Il ricorso è inammissibile.

Infatti, in ordine all'esigenza specifica della presenza fisica personale del suo amministratore presso le sedi legali di terzi in Roma, in concomitanza cronologica con il periodo della controversa locazione, la ricorrente non indica alcun supporto istruttorio già prodotto nei gradi di merito, così venendo meno all'onere già illustrato nel paragrafo 2 che precede e nella giurisprudenza ivi citata.

Inoltre, la sostanza del motivo individua comunque l'insufficienza della motivazione nella circostanza che essa non avrebbe valutato non un «fatto», come richiesto dall'art. 360, comma 1, num. 5, cod. proc. civ., ma una condotta ipotetica ed alternativa che avrebbe potuto tenere la contribuente e che avrebbe comportato maggiori costi.

Tuttavia, l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede I’ "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione", come riferita ad "un fatto controverso e decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, non assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass., 08/10/2014, n. 21152).

Inoltre, il ricorrente che denunci, quale vizio di motivazione, l’insufficiente giustificazione logica dell'apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poiché è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l'unica possibile (Cass., 23/12/2015, n. 25927), ciò che non emerge nel caso di specie.

6. Con il sesto motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 5 cod. proc. civ., vigente ratione temporis, la motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativamente al rilievo attinente l'omessa fatturazione di operazioni imponibili ai fini Iva, consistenti negli oneri consortili e nelle spese per la sicurezza, in relazione agli stati di avanzamento dei lavori relativi ai cantieri di Monza e Treviso.

Assume la ricorrente che il giudice a quo non avrebbe tenuto in debita considerazione la circostanza, dedotta sin dal primo grado, che «il contratto d'appalto relativo ai lavori di cui al cantiere di Monza era stato stipulato tra la C. s.p.a. ed il C.S.N. s.p.a. la quale aveva fatturato alla committente l'intero importo, mentre la A.C. s.r.l., affidataria dei lavori dal Consorzio medesimo, aveva ricevuto da questi un importo ridotto del 3% rispetto al valore del contratto di appalto, così come desunto dai S.A.L., per modo che nessuna mancata fatturazione era prospettabile.». Nonostante ciò, prosegue la ricorrente, la CTR, senza neppure indicare quali norme avrebbe violato la contribuente, non ha spiegato la ragione per la quale «una società che, come nella specie, esegua per conto di un Consorzio che è il soggetto affidatario dei lavori commissionati, debba fatturare non il compenso realmente percepito, ma l'importo complessivo del lavoro appaltato, come desunto dai S.A.L.».

Il motivo è inammissibile.

Infatti, il motivo proposto ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 5 cod. proc. civ. può concernere esclusivamente l'accertamento e la valutazione di fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, e non anche l'interpretazione o l'applicazione di norme giuridiche. Esulano, pertanto, dall'ammissibile oggetto del sesto motivo di ricorso le considerazioni attinenti l'omessa o erronea individuazione delle norme applicabili alla fattispecie concreta sub iudice, che avrebbero eventualmente essere denunciate come violazione o come falsa applicazione di legge, censura della quale il motivo in esame non ha né la formale intestazione né l'effettivo contenuto.

Inoltre, ed a monte, il motivo è altresì inammissibile in quanto l'asserita insufficienza della motivazione viene prospettata sulla base della ricostruzione di una serie di rapporti negoziali (tra la contribuente, la C. s.p.a. ed il C.S.N. s.p.a. ) rispetto ai quali la ricorrente omette di indicare, nel corpo del ricorso, quali siano (ed in quale grado e fase dei giudizi di merito siano stati già prodotti) i documenti di supporto istruttorio, così omettendo di ottemperare agli oneri già richiamati nel paragrafo 2 di questa decisione e dalla giurisprudenza ivi citata, e quindi non consentendo a questa Corte di comprendere nel dettaglio quali siano gli aspetti fattuali della controversia rispetto ai quali la motivazione della sentenza impugnata sarebbe insufficiente.

7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 7.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.