I chiarimenti del Fisco sulla cessazione della partita IVA

Nella disciplina dell'IVA, delle imposte sui redditi e dell'IRAP non si rinvengono disposizioni che vietino ai dipendenti pubblici di mantenere l'attribuzione della partita IVA in riferimento agli adempimenti fiscali relativi ad attività di lavoro autonomo precedentemente svolta. (AGENZIA DELLE ENTRATE - Risposta Consulenza giuridica - 29 novembre 2019, n. 20).

 

La cessazione dell'attività professionale, con conseguente cessazione della partita IVA, non può prescindere dalla conclusione di tutti gli adempimenti conseguenti alle operazioni attive e passive effettuate. Pertanto, il professionista che non svolge più l'attività professionale non può cessare la partita IVA in presenza di corrispettivi per prestazioni rese in tale ambito ancora da fatturare ai propri clienti.
L'attività del professionista non si può considerare cessata fino all'esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all'interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti,ed, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell'attività professionale.
La cessazione dell'attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali. Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile (perché,ad esempio, non è decorso il termine di prescrizione) l'attività professionale non può ritenersi cessata.
Ad analoghe conclusioni sono pervenute le sezioni unite della Corte di cassazione. Nello specifico il Supremo collegio ha enunciato il seguente principio di diritto: "il compenso di prestazione professionale è imponibile ai fini IVA,anche se percepito successivamente alla cessazione dell'attività, nel cui ambito la prestazione è stata effettuata, ed alla relativa formalizzazione"; e questo perché " il fatto generatore del tributo IVA e, dunque, l'insorgenza della correlativa imponibilità vanno identificati con la materiale esecuzione della prestazione. Con il conseguimento del compenso, coincide, non l'evento generatore del tributo, bensì, per esigenze di semplificazione funzionali alla riscossione, solo la sua condizione di esigibilità ed estremo limite temporale per l'adempimento dell'obbligo di fatturazione. Resta, peraltro, salva per il professionista la possibilità di anticipare la fatturazione delle prestazioni rese e, quindi, l'esigibilità dell'IVA rispetto al momento dell'effettivo incasso e poi chiudere la partita IVA. In tale evenienza, vanno computate nell'ultima dichiarazione annuale IVA, ove effettuate, anche le operazioni per le quali non si è verificata l'esigibilità dell'imposta.
Nella richiesta di consulenza giuridica, posta all’esame dell’amministrazione finanziaria, l’istante, in merito ad alcuni dipendenti assunti di recente per concorso con rapporto di lavoro di dipendente pubblico a tempo pieno, già titolari di partita IVA in ragione dello svolgimento, prima di entrare in servizio, di un'attività professionale, chiede se i neoassunti debbano ovvero possano mantenere o meno aperta la partita IVA per il tempo strettamente necessario alla riscossione dei crediti afferenti alla pregressa attività professionale e maturati prima dell'assunzione.
Nella sua risposta l’Amministrazione in sintesi precisa che nella disciplina dell'IVA, delle imposte sui redditi e dell'IRAP non si rinvengono disposizioni che vietino ai dipendenti pubblici di mantenere l'attribuzione della partita IVA in riferimento agli adempimenti fiscali relativi ad attività di lavoro autonomo precedentemente svolta.