Contributi omessi: responsabilità del committente anche in caso di divieto di subappalto

Il committente è responsabile della contribuzione dovuta dal subappaltatore anche quando tra committente ed appaltatore sia stato convenuto il divieto di subappalto. L'obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all'Inps, è distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva e soprattutto se ne deve sottolineare la sua natura indisponibile. L’Inps è pertanto legittimato a chiedere direttamente al committente il pagamento delle contribuzioni relative ai lavoratori impiegati nei servizi del subappaltatore (Cassazione, Sentenza n. 27382/2019).

Nel caso di specie, una società aveva appaltato lavori ad una società consortile, la quale li aveva assegnati ad una consorziata che, a sua volta, li aveva affidati in subappalto ad una cooperativa. Accertate le omissioni contributive, l’Inps ha richiesto il pagamento dei contributi omessi non solo alla cooperativa, ma anche alla società committente in base all'art. 29 d.lgs. n. 276/2003.
La Corte d'appello di Torino, in riforma della sentenza del Tribunale di Novara, ha rigettato l'opposizione proposta dalla società committente avverso il decreto ingiuntivo con cui le stato era ingiunto il pagamento, nella sua qualità di obbligata solidale. Secondo la Corte, la responsabilità del committente aveva natura oggettiva nel senso che derivava dal semplice fatto di aver stipulato il contratto d'appalto. Inoltre, il committente aveva gli elenchi dei lavoratori formalmente inviati allo stabilimento interessato dall’applatatore nonché i cartellini presenze e, dunque, ben avrebbe potuto e dovuto controllare che si trattasse di quei dipendenti e non di altri facenti capo ad altra società. Contro tale sentenza è ricorso in Cassazione il committente, sostenendo che il subappalto era pacificamente avvenuto in violazione delle disposizioni contrattuali.
L'art. 29, 2° comma, nel testo vigente in relazione al periodo in cui si riferiscono i contributi omessi, così disponeva "In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti". Tale articolo regola la responsabilità solidale, nell'ambito dell'appalto di opere o servizi, a carico del committente per i crediti retributivi vantati dai lavoratori dipendenti verso il datore di lavoro-appaltatore e per le obbligazioni contributive di cui sono titolari gli enti previdenziali. Si tratta di una tutela che ha il suo antecedente nella più corposa garanzia dell'art. 3 della legge 1369/60 che prevedeva per gli appalti interni il regime di solidarietà e di parità di trattamento.
La norma si traduce - sottolinea la Cassazione - in un'obbligazione di garanzia prevista dalla legge, incentrata sulla previsione di un vincolo di solidarietà tra committente ed appaltatore, secondo un modulo legislativo che intende rafforzare l'adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali, ponendo a carico dell'imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da altro imprenditore il rischio economico di dover rispondere in prima persona delle eventuali omissioni di tale imprenditore.
L'art. 29, comma 2, del d.lgs n. 276 del 2003, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal d.l. n. 5 del 2012, e dalla I. n. 92 del 2012, rilevante ratione temporis nell'odierna fattispecie, non prevede un regime di sussidiarietà bensì un'obbligazione solidale del committente con l'appaltatore per il pagamento dei trattamenti retributivi ed i contributi previdenziali dovuti al dipendente.
La questione che si pone nel giudizio in oggetto attiene alla sussistenza dell'obbligo della committente con riferimento a tutti i lavoratori comunque impiegati nell'esecuzione dell'appalto, anche ove tra committente ed appaltatore sia stato convenuto il divieto di subappalto.
Secondo il Collegio, la risposta a tale quesito deve considerarsi positiva. L’obbligazione contributiva va tenuta distinta da quella retributiva posto che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo consolidato il principio secondo il quale il rapporto di lavoro e quello previdenziale, per quanto tra loro connessi, rimangono del tutto diversi (vd., ex multis, Cass. 16 marzo 2004, n. 5353; Cass. 24 ottobre 2003 n., 15979; Cass. 29 aprile 2003, n. 6673).
L'obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all'INPS, è dunque distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva (Cass n. 8662 del 2019, Cass. n. 13650 del 2019) e soprattutto se ne deve sottolineare la sua natura indisponibile nonché la sua commisurazione alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. "minimale contributivo"). Può quindi affermarsi che la finalità di finanziamento della gestione assicurativa previdenziale pone una relazione immanente e necessaria tra la retribuzione dovuta secondo i parametri della legge previdenziale e la pretesa impositiva dell'ente preposto alla realizzazione della tutela previdenziale.
La peculiarità dell'obbligazione contributiva induce a ritenere non coerente con le sue caratteristiche ed in assenza di qualsiasi plausibile ragione, l'esonero della responsabilità del committente a fronte della violazione del divieto di subappalto da parte del subappaltare, concordato con il committente; a maggior ragione nel caso in esame di accertamento di non adeguato controllo da parte del committente del personale addetto all'appalto.
Per le considerazioni che precedono il ricorso è stato rigettato.