Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 aprile 2016, n. 6627
Tributi - Ires, Irap ed Iva - Accertamento fiscale
Ritenuto in fatto
All'esito di una verifica generale culminata nel p.v.c. del 30.6.2005, l'Agenzia delle entrate emetteva a carico della società "T. C. & FIGLI s.r.l." un avviso di accertamento per l'anno di imposta 2003 a fini Ires, Irap ed Iva, che la contribuente impugnava dinanzi alla C.T.R. di Napoli, limitatamente al recupero a tassazione di maggiori ricavi - calcolati induttivamente in € 478.359,00 - e sopravvenienze attive, per € 72.775,00.
Quanto ai primi, la contribuente contestava il presupposto della inattendibilità della contabilità ai fini dell'applicazione del metodo induttivo di cui all'art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 600/73, in quanto alla mancata indicazione, nel libro inventari, delle rimanenze iniziali e finali delle merci, dettagliate in categorie omogenee per quantità, natura e valore, come prescritto dall'art. 15 del D.P.R. n. 600/73, opponeva che ai relativi criteri di valutazione si era in realtà dato atto in sede di redazione della nota integrativa al bilancio chiuso al 31 dicembre 2003.
Quanto alle seconde, lamentava l'erroneità del recupero analitico su componenti positive in ragione della loro apposizione nel quadro RF51 del Modello Unico, trattandosi in realtà di un componente non imponibile derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 9 della L. n. 289/02 (condono tombale), avendo la società proceduto all'eliminazione della posta rimasta in contabilità per errori di calcolo commessi negli anni precedenti.
L'adita C.T.P. accoglieva parzialmente il ricorso, annullando il recupero dei maggiori ricavi ai fini Irpeg, Irap ed Iva, e confermandolo invece sulla sopravvenienza attiva, ritenendo la relativa eccezione non suffragata da alcuna prova documentale.
Avverso la decisione proponevano appello sia la contribuente - in via principale - per l'annullamento anche del recupero della sopravvenienza attiva, sulla scorta della documentazione appositamente prodotta, sia l'Ufficio - in via Incidentale - per la riforma dell'annullamento dell'avviso in punto di studi di settore.
La C.T.R. della Campania accoglieva l'appello principale, ritenendo che sulla scorta della documentazione prodotta dalla contribuente (ed in particolare del giornale di contabilità) risultasse "fondato l'assunto in relazione alla natura fiscalmente neutra dell'operazione", e rigettava invece l'appello incidentale, osservando testualmente: "gli studi di settore costituiscono una mera presunzione semplice, che non ha di per sé le caratteristiche della precisione, gravità e concordanza. Era quindi onere del suddetto ufficio di fornire ulteriori indizi specie all'esito delle contestazione del contribuente, sicché, in assenza di tali elementi la pretesa tributaria non può ritenersi fondata".
Per la cassazione della sentenza d'appello n. 144/47/2008 del 17.11.2008, l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a tre motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso, l'Agenzia delle entrate deduce la «violazione e falsa applicazione degli artt. 38, 39 co. 1 lett. D), DPR 600/73, in combinato disposto con l'art. 2697 cc e con l'art. 2729 c.c., in combinato disposto con l'art. 15 DPR 600/73, ed in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.».
1.1. Lamenta la ricorrente che, in ragione della inattendibilità delle scritture contabili - indirettamente desunta dalla mancanza, nel libro inventari, del dettaglio delle rimanenze iniziali e finali - l'accertamento induttivo dell'ufficio doveva ritenersi legittimo.
1.2. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata non già sulla natura delle irregolarità contabili e sul metodo induttivo seguito dall'Ufficio, bensì sul fatto che, costituendo gli studi di settore una mera presunzione semplice, a fronte delle contestazioni del contribuente sarebbe stato onere dell'Ufficio fornire ulteriori indizi, in assenza dei quali la pretesa tributaria è stata ritenuta infondata.
2. Con il secondo mezzo si lamenta la «omessa motivazione su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».
2.1. Secondo parte ricorrente, «il punto decisivo su cui la CTr avrebbe dovuto pronunciarsi, in sintesi, era chiarire se a suo parere erano sufficienti le irregolarità emerse nel corso della verifica (...) per consentire l'utilizzo dello studio di settore».
2.2. Anche questo motivo risente del profilo di inammissibilità sopra evidenziato, poiché si insiste ancora sulla rilevanza delle dedotte "irregolarità contabili", senza focalizzare che la decisione gravata ha invece fatto leva sui valore di mere presunzioni semplici proprio degli studi di settore e sul mancato superamento delle contestazioni allegate dal contribuente.
3. Il terzo motivo contiene Infine una censura di «insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.».
3.1. In particolare, secondo l'assunto della ricorrente il giudice d'appello non avrebbe chiarito le ragioni per cui la posta relativa alle sopravvenienze attive per € 72.775,00 era da considerarsi fiscalmente neutra sulla base delle risultanze del giornale di contabilità.
3.2. Anche quest'ultimo motivo è inammissibile, poiché, sotto l'apparenza di una censura di insufficienza motivazionale, esso risulta diretto a sindacare una valutazione prettamente di merito, effettuata dal collegio regionale sulla scorda delle prove documentali versate in atti.
3.3. Ed invero, secondo, il granitico orientamento di questa Corte, invece (ex plurimis, Cass. n. 14223 del 2015), il controllo di adeguatezza e logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. Civ. - nella versione vigente ratione temporis - non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, poiché essa si risolverebbe in una vera e propria riformulazione del giudizio di fatto, incompatibile con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudizio di legittimità (Cass. nn. 959 e 961 del 2015), spettando in via esclusiva al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (Cass. n. 26860 del 2014, n. 962 del 2015).
4. In conclusione, il ricorso va respinto e la ricorrente va condannata a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 10.200,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre accessori di legge.