Prassi - MINISTERO FINANZE - Nota 25 febbraio 2015, n. 4594

Prestazioni occasionali di professionisti iscritti ad Albi - documento del Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri (c.r. 448-novembre 2014)

 

Con la nota n. 13/Pres/2015 del 22 gennaio 2015, è stata trasmessa, per le valutazioni di competenza, la nota n. 448 di novembre 2014 del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (di seguito, CNI) concernente l'oggetto, che ritiene contenga una ricostruzione "frutto di una errata sovrapposizione di piani normativi distinti e non coincidenti....(e)...di un ribaltamento della ratio dello normativa commentata".

Il documento n. 448 ha operato un approfondimento in ordine alle cosiddette "prestazioni occasionali" rese da professionisti iscritti ad albi professionali e, in particolare, da quei professionisti per i quali l'attività professionale rappresenti un quid pluris rispetto ad una primaria attività lavorativa diversa e, tipicamente, legata a rapporti di lavoro subordinato in qualità di dipendenti pubblici o privati.

Con la suddetta nota n 13/2015, è stato, in particolare, rilevato che:

- far discendere, da un' "unico risoluzione (NOTA 1), l'estensione della possibilità di svolgere attività professionale senza partita IVA a tutti gli iscritti ad un Albo che siano (anche) lavoratori dipendenti, appare una forzatura priva di base legale;

- è priva di fondamento la ricostruzione delta "non abitualità" come "secondarietà" della prestazione professionale";

- l'approccio dalla normative è l'opposto, in quanto "un iscritto all'Albo che svolga attività professionale, salva prova contraria circa la mera occasionalità della singola prestazione svolta, è tenuto all'apertura di una partita IVA ed alta obbligatoria fatturazione della prestazione stessa";

- nel caso in cui un professionista, che svolga l'attività professionale a latere di un rapporto di lavoro dipendente, sia messo in grado di avanzare un'offerta economica sulla quale non gravi né l’IVA né il contributo integrativo si produrrebbe un "effetto di dumping".

Al riguardo, occorre dire, in via preliminare, che, con successivo documento n. 31/2015, pubblicato sul sito internet  il CNI ha fornito chiarimenti in merito ai contenuti del documento n 448, a seguito delle richieste di chiarimento ricevute, e ha precisato che non era "minimamente intenzione de! documento avallare.. un'apertura indiscriminata alle prestazioni occasionati quale strumento per eludere gli obblighi che derivano dallo svolgimento abituale di un'attività professionale"-, quindi, la disamina che segue ha tenuto conto dei due documenti in combinato (n. 448/2014 e n. 31/2015).

La nota n. 448 ha inteso ricondurre ad uno schema unitario le diverse normative (civilista, fiscale e previdenziale) che regolano la possibilità o meno di effettuare prestazioni d'opera intellettuale sotto forma di prestazioni occasionali, senza la necessità di possedere la partita IVA, da parte degli iscritti ad albi professionali e superando i limiti di tempo e la soglia dì compenso indicati dalle norme che regolano le prestazioni occasionali (articolo 61, comma 2, d.Lgs. n. 276/2003).

In particolare, il documento ha segnalato che:

- l'articolo 61, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, definisce le prestazioni occasionali come "rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro"; il successivo comma 3 esclude dal campo di applicazione "le professioni intellettuali per /'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali";

- l'articolo 5 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, relativo all’imponibilità delle operazioni ai fini IVA riporta che "Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva; di qualsiasi attività di lavoro autonome da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata delle attività stesse";

- l'Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 42/E del 12 marzo 2007, ha individuata il trattamento fiscale ai fini IRPEF ed IVA di un medico dipendente di una struttura pubblica che svolge, dietro autorizzazione, attività di lavoro autonomo di consulenza medico legale. Nel caso in specie, l'Agenzia ha Affermato che "qualora l'attività di consulenza abbia finalità assicurative o amministrative, e sia svolta con carattere di abitualità da parte del professionista, il relativo reddito (ritratto da un'attività tipicamente libero-professionale) dovrà essere assoggettato al regime proprio del reddito di lavoro autonomo, di cui all'art. 53 del Tuir. Risulto pertanto applicabile, in tale caso, la disciplina prevista per i redditi di natura professionale dell'art. 54 del Tuir, che implica, ovviamente, dal punto di vista dell'imposta sul valore aggiunto, il necessario possesso della partita Iva. Nel caso in cui, invece, l'attività di consulenza medico-legale sia prestato in maniera occasionale i relativi onorari saranno qualificati come redditi diversi, di cui all’art. 67, comma 1, tettera I), del Tuir, in quanto trottai* di compensi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente. In tate ultima ipotesi, offesa la mancanza di abitualità nell'esercizio dell'attività, le operazioni restano escluse dal campo di applicazione dell'lva per carenza dei presupposto soggettivo. Ne deriva che il medico dipendente, in rapporto esclusivo, dell'azienda sanitaria ospedaliera, qualora intenda effettuare solo in via occasionale prestazioni medico-legali in forza di autorizzazioni specifiche dell'ente, non è obbligato all'apertura della partita Iva".

In considerazione di quanto sopra esposto, il CNI ha affermato che:

- l'iscrizione ad un albo professionale non è condizione sufficiente a ricomprendere la prestazione tra i redditi dì lavoro autonomo e per assoggettare gli stessi all’lVA, ma "può essere ritenuto un idoneo presupposto all’abitualità delle prestazioni";

- ‘‘bisognerà concretamente valutare, caso per caso, se sussistono i requisiti di abitualità ovvero se il professionista abbia compiuto una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al raggiungimento di uno scopo",

- "i limiti previsti dalla normativa fiscale, circa la possibilità per un soggetto iscritto ad un albo professionale, di poter svolgere una prestazione professionale di natura occasionate senza che la stessa sia configuratale come reddito di natura professionale, e quindi con la necessità di apertura di una partita IVA", non sono legati alla durata della prestazione o all'ammontare del corrispettivo pattuito, bensì al requisito soggettivo dell’abitualità o meno della prestazione effettuata.

Tra gli ulteriori chiarimenti forniti sulle prestazioni occasionali degli iscritti all’albo la nota n. 31/2015 ha fornito, in risposta a quesiti, le seguenti indicazioni:

- non è possibile esprimere un parere sull'abitualità o meno della prestazione senza considerare tutti gli elementi e la modalità di svolgimento. L'attività sarà considerabile occasionale laddove sia riscontrabile l'episodicità (accidentalità) degli incarichi;

- il riferimento alla soglia di € 5.000 previsto per le "collaborazioni occasionali" non trova applicazione per i professionisti iscritti ad un albo; conseguentemente non è l’ammontare della o delle prestazioni ad individuare l'abitualità o meno delle stesse (con il conseguente obbligo di aprire una posizione IVA), ma le modalità di svolgimento;

- sebbene l'attività sia svolta raramente, l'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici d'ufficio è inquadrabile tra le attività attraverso le quali il professionista manifesta la propria volontà a ricoprire incarichi in modo ricorrente, e non in maniera occasionale.

Tanto premesso, dal punto di vista fiscale e, in particolare, ai fini IVA, si rappresenta che le persone fisiche che svolgono in modo autonomo e abituale anche se non esclusivo, attività artistica o professionale sono soggetti passivi IVA, ai sensi dell'articolo 5 del D.P.R. n. 633/1972. Occorre, quindi, verificare, se l'attività esercitata è qualificabile o meno come prestazione artistica o professionale ai fini IVA, ossia:

- se si tratta di un'attività autonoma;

- se è svolta come professione abituale.

Si ha un'attività di lavoro autonomo quando una persona si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente; si tratta, in genere, di attività che vengono poste in essere, ad esempio, sulla base di un contratto d'opera (articoli 2222 e ss. c.c.) o dì un contratto di prestazione intellettuale (articoli 2229 e ss. c.c.).

Perché l'attività sia esercitata per professione abituale non è necessaria che sia svolta in modo esclusivo, potendo anche coesistere con altre attività, ma non deve trattarsi di un'attività solo occasionale. L’accertamento del requisito dell'abitualità deve avvenire esaminando la natura e le caratteristiche delle attività esercitate dal soggetto, L’iscrizione ad un albo può essere indicativa dello svolgimento di un’attività professionale e la mancata iscrizione non preclude la soggettività passiva all’imposta.

Ai sensi dell’articolo 35 del D.P.R. n. 633/1972, i soggetti che intraprendono l'esercizio di un'arte o professione nel territorio dello Stato devono farne dichiarazione all'Agenzia delle entrate che attribuirà al contribuente un numero di partita IVA.

Ai fini delle imposte sui redditi, il legislatore ha disciplinato le prestazioni occasionali nell'ambito dei redditi diversi che vengono considerati tali se percepiti da soggetti che non svolgono attività di lavoro dipendente, impresa o arti e professioni. L'elencazione dei redditi diversi è contenuta nell'art. 67 del Tuir e fra le fattispecie individuate vi sono anche le attività di lavoro autonomo e di impresa non esercitate abitualmente (c.d. prestazioni occasionali: art. 67 c. 1, lettere i -1).

Il testo unico delle imposte sui redditi disciplina anche i redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, la cui disciplina è contenuta nell'articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del Tuir.

Tali redditi sono qualificati come redditi assimilati a quelli dì lavoro dipendente, pur se percepiti in relazione a collaborazioni cosiddette "a progetto" ovvero in relazione a collaborazioni occasionali (rappresentando, infatti, queste ultime mere modalità di svolgimento delle collaborazioni coordinate e continuative). In particolare, la citata lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR prevede due diverse tipologie di redditi derivanti da collaborazioni coordinate e continuative:

- redditi derivanti da rapporti "tipici" di collaborazione coordinata e continuativa, tassativamente elencati dalla citata disposizione normativa;

- redditi derivanti da rapporti "atipici" nei quali rientrano quei rapporti aventi ad oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo dì subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo, senza impiego di mezzi e con retribuzione periodica prestabilita;

Proprio in relazione ai cosiddetti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa "atipici", la norma prevede, tra l'altro, che ai fini dell'assimilazione è necessario verificare che gli uffici o le collaborazioni non rientrino nell'oggetto dell'arte o della professione, di cui all'articolo 53, comma 1, del TUIR concernente i redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente atteso che, in tale ultima ipotesi, i relativi proventi saranno attratti nel reddito di lavoro autonomo prodotto dal professionista e determinato ai sensi del successivo articolo 54 del TUIR.

Sul punto, l'amministrazione finanziaria con circolare 67/E del 6 luglio 2001 ha precisato che l'esame diretto a verificare l’eventuale collegamento tra le prestazioni rese e l'oggetto della professione o dell'arte esercitata deve essere operato sia con riferimento ai rapporti "tipici" che a quelli "atipici" e che,   in caso di esito positivo, i relativi compensi saranno assoggettati alle disposizioni fiscali dettate per i redditi di natura professionale. Con la medesima, circolare, è stato chiarito, altresì, che al fine di stabilire se sussista o meno una connessione tra l'attività di collaborazione e quella di lavoro autonomo esercitata occorre valutare, tra l'altro, se per lo svolgimento dell'attività di collaborazione siano necessarie conoscenze tecnico giuridiche direttamente collegati all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente. L'Agenzia delle entrate è tornata ad affrontare l'argomento nelle circolari 105/E del 12 dicembre 2001 e 56/E del 27 febbraio 2002 con le quali, pur se con particolare attenzione agii incarichi di amministratore, revisore o sindaco di società, ha, in buona sostanza, confermato gli orientamenti esposti nella precedente pronuncia.

Il documento redatto dal Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri prende in considerazione la diversa ipotesi di un soggetto iscritto in un albo professionale, contestualmente titolare di un rapporto di lavoro dipendente, al quale si garantisce la possibilità di svolgere, senza obbligo di apertura di partita IVA, collaborazioni impropriamente definite come "occasionali" atteso che per le medesime, dal punto di vista fiscale, non è richiesto ne il rispetto del limite di durata massimo, pari a 30 giorni, né il limite di compensi percepibili nell’anno solare, pari a 5000 euro. Si fa presente che, nel caso rappresentato, qualora l’attività svolta dal soggetto rientrasse tra le attività tipiche della professione per il cui esercizio è avvenuta l'iscrizione all'albo, i relativi compensi sarebbero considerati quali redditi di lavoro autonomo, con conseguente integrale soggezione degli stessi alla relativa disciplina.

 

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(1) Agenzia delle entrate, risoluzione n.42 del 12 marzo 2007.