Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 marzo 2015, n. 5291

Tributi - IVA - Oggetto - Cessioni e prestazioni accessorie - Attività di discoteca - Connessa somministrazione di alimenti e bevande - Aliquota applicabile - Criteri

 

In fatto e in diritto

 

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la sentenza resa dalla CTR Veneto n. 60/16/12, depositata il 9.10.2012. Il giudice di appello ha respinto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Vicenza che aveva annullato l’avviso di accertamento relativo ad IVA per l’anno 2003 emesso nei confronti della La Corte s.r.l. in relazione all’errata applicazione dell’aliquota IVA al 10 % per prestazioni di prima consumazione obbligatoria collegata all’attività di intrattenimento a mezzo discoteca.

Secondo il giudice di appello la relazione al D.L. n. 223/2006 dimostrava che la normativa sopravvenuta aveva inteso reprimere il fenomeno elusivo connesso all’applicazione, fino al momento dell’adozione del nuovo strumento normativo, dell’IVA al 10 per cento sulle consumazioni, a fronte dell’IVA al 20 % prevista per l’ingresso in locali da ballo. Ciò che rendeva evidente la liceità del comportamento del contribuente posto in essere in epoca anteriore all’entrata in vigore della norma, coincidente con il Luglio 2006.

Secondo il giudice di appello la pretesa dell’Agenzia fondata dall’art. 12 del decreto IVA non era da considerare del tutto infondata ancorché l’Ufficio non era riuscito a dimostrare che i ricavi per l’attività di intrattenimento fossero prevalenti e quindi capaci di determinare l’applicazione della maggiore aliquota. Ricorrevano dunque giusti motivi per compensare le spese del giudizio in relazione alla difficoltà di dimostrare la prevalenza dell’attività di intrattenimento su quella di somministrazione.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione dell’art. 74 quater c. 6 bis dPR n. 633/72, introdotto dall’art. 35 comma 1 del D.L. n. 223/1996. Secondo la ricorrente erra la CTR nel ritenere che l’elusione correlata all’applicazione dell’aliquota al 10 % per le consumazioni obbligatorie nelle discoteche e sale da ballo fosse consentita in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge, facendo la normativa anzidetta riferimento ad ipotesi elusive già precedentemente sanzionate dall’ordinamento, anche in forza del principio dell’abuso del diritto. Del resto, la normativa sopravvenuta non poteva significare che in epoca precedente i comportamenti abusivi fossero leciti.

Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 dPR n. 633/72, deducendo che l’attività di somministrazione di bevande obbligatoriamente imposta al cliente era da considerare accessoria rispetto alla più ampia attività di intrattenimento, risultando il cliente comunque obbligato a corrispondere il pagamento della consumazione anche se non effettivamente consumata. Ciò a dimostrazione del fatto che la stessa integrava, in effetti, un vero e proprio pagamento del biglietto per l’accesso al locale. Evidenziava che il carattere accessorio della somministrazione di bevande rispetto all’attività di intrattenimento era confermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e di questa stessa Corte di Cassazione risultando decisivo, l’essere la stessa un mezzo per il completamento o la realizzazione della prestazione principale di intrattenimento.

La società contribuente, costituitasi con controricorso, ha chiesto il rigetto dello stesso evidenziandone sotto diversi profili l’inammissibilità e l’infondatezza. Secondo la contribuente, infatti, le censure erano prive del carattere dell’autosufficienza, involgevano questioni per la prima volta esposte nel ricorso per cassazione e comunque connesse ad accertamenti di merito compiuti dal giudice di merito insindacabili in Cassazione. Nel merito, evidenziava l’infondatezza dei profili di censura in relazione al carattere palesemente innovativo dell’art.74 quater cit. che rendeva incompatibile l’applicazione dell’art. 12 DPR n. 633/72, pure aggiungendo che la somministrazione della bevanda obbligatoria non poteva dirsi affatto accessoria rispetto all'intrattenimento. La parte contribuente ha depositato memoria.

I due motivi di ricorso meritano di essere esaminati congiuntamente.

Sono anzitutto infondate le eccezioni di inammissibilità dei motivi proposti dall’Agenzia.

Errato risulta il convincimento prospettato dalla controricorrente secondo il quale l’Agenzia avrebbe per la prima volta - innanzi al giudice di appello inteso fondare la pretesa fiscale sul principio dell’abuso del diritto, invece ancorata all’art. 12 dPR n. 633/72 per come si evince dalla complessa trama del ricorso, al cui interno il riferimento al principio dell’abuso del diritto ha il valore di mera argomentazione difensiva formulata a conferma della fondatezza della censura esposta nel primo motivo.

Nemmeno può sostenersi che il ricorso non specifica gli atti processuali sui quali si fonda, avendo esposto i vizi che, a dire dell’Agenzia, affettano la decisione impugnata.

Ciò posto, reputa la Corte che la questione da risolvere riguarda la determinazione dell’aliquota IVA da applicare nel caso in cui un locale destinato a discoteca preveda consumazioni obbligatorie di cibo e bevande. L’esistenza di aliquote diverse per le prestazioni di intrattenimento (20%) e somministrazione di cibi e bevande (10 %) avrebbe richiesto di verificare, nel caso qui in esame, la correttezza dell’attività dell’Ufficio che, rispetto ad una vicenda verificatasi in epoca anteriore all’entrata in vigore dell’art. 74 quater c. 6 bis dPR n. 633/72 (introdotto dal comma 1 dell’art. 35 del d.l. n. 223/2006) - a cui tenore "ai fini dell’individuazione dell’aliquota IVA, le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nelle sale da ballo e nelle discoteche ed obbligatoriamente imposte ai frequentatori dei predetti locali si considerano accessorie alle prestazioni principali di intrattenimento o spettacolo ivi svolte - ha ritenuto il carattere accessorio della consumazione obbligatoria rispetto a quella di intrattenimento - v. infatti quanto esposto dalla CTR nel terzo periodo di pag. 2 della sentenza impugnata-, applicando l’art. 12 dPR n. 633/72, secondo il quale «... se la cessione o prestazione principale è soggetta all'imposta, i corrispettivi delle cessioni, prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile».

Ora, questa Corte è ferma nel ritenere che secondo la normativa vigente ratione temporis negli anni 1998/1999 e alla luce della giurisprudenza comunitaria sul legame mezzo/fine tra prestazione accessoria e principale, la previsione di un prezzo unico, comunque denominato, per l'accesso al locale (es. ingresso libero e consumazione obbligatoria, etc.) e il collegamento causale tra somministrazione di bevande e prestazione spettacolistica (ballo, musica, intrattenimento, etc.) assumono rilievo decisivo. Nel caso della somministrazione di bevande fornite al bar durante l'attività di discoteca, sarebbe semplicistico affermare che le prestazioni fornite al bar esistono indipendentemente dallo svolgimento dell'attività spettacolistica... Non è in dubbio che il singolo avventore possa recarsi nel locale e scegliere di consumare al bar e non ballare, ovvero di ballare e non consumare, oppure di fare entrambe le cose, o di non farne nessuna delle due e ascoltare la sola musica e/o guardare l'intrattenimento. Però, questo attiene ai motivi che inducono l'avventore a recarsi nel locale e non alla causa mista del negozio con il gestore. Nell'ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene (consumazione) contro una somma di denaro, compensando una parte di essa, per ragioni di opportunità, anche l'accesso al locale di spettacolo. Ovvero, hanno concordato lo scambio contro danaro di un servizio complesso, ricorrendo il fornitore all'integrazione tra prestazioni collegate che prospettano all'avventore un'offerta articolata: accesso in spazi collettivi d'intrattenimento, fruizione di musica, spettacolo danzante, consumazione di ristoro, il tutto approntato in una struttura che, in tesi generale, è finalisticamente orientata all'intrattenimento globale, più che alla mera somministrazione di bevande, che di esso è solo componente normalmente minusvalente per il consumatore medio" - Cass. n. 24049/2011; Conf. Cass. n. 20029/11.

Ritenendo di dovere dare continuità al ricordato indirizzo, peraltro solidamente ancorato alla giurisprudenza comunitaria richiamata nei precedenti appena ricordati, ritiene questa Corte che il giudice di appello non si è in alcun modo conformato ai superiori principi, anzi espressamente disattendendoli.

La CTR, invero, ha tratto dall’entrata in vigore del ricordato art. 74 quater c. 6 bis DPR n. 633/72 cit. il convincimento, palesemente errato, che in epoca precedente l’attività di somministrazione obbligatoria di bevande connessa ad attività di intrattenimento fosse sfornita di carattere accessorio, ritenendo implicitamente inapplicabile la disciplina di cui al ricordato art. 12 DPR n.633/72. Conclusione errata, soprattutto laddove viene fondata sulla portata innovativa dell’art. 74 quater c. 6 bis dPR n. 633/72; disposizione che non è stata posta a base della verifica fiscale a carico del contribuente, risultando l’accertamento fondato, in astratto, sull’art. 12 ult.cit. Tanto è sufficiente per superare i rilievi difensivi esposti dalla parte contribuente anche in memoria, ove si richiama il contenuto testuale delle sentenze di questa Corte già ricordate senza tuttavia cogliere il senso complessivo dello stesso indirizzo.

Questa Corte, in definitiva, ha colto la diversità fra vecchio regime e nuovo regime nel fatto che mentre nel vigore dell’art. 74 quater ai fini dell'applicazione dell'aliquota IVA le consumazioni obbligatorie, comunque denominate, nella discoteca della società intimata si devono sempre (recte, ex lege) considerare accessorie alle attività d'intrattenimento e/o di spettacolo ivi svolte, nel vecchio regime è necessario compiere una verifica caso per caso, e specificamente indagare sulla previsione di un prezzo unico, comunque denominato, per l'accesso al locale (es. ingresso libero e consumazione obbligatoria, etc.) e sul collegamento causale tra somministrazione di bevande e prestazione spettacolistica di ballo, musica, intrattenimento, etc...-cfr. Cass. n. 24049/2011; Conf. Cass. n. 20029/11.

Resta solo da dire che non può disconoscersi l’ammissibilità della seconda doglianza dell’Agenzia per effetto della asserita assenza di prova in ordine al carattere prevalente dell’attività di intrattenimento su quello di somministrazione, se solo si consideri che la decisione impugnata, fermandosi sul tema della portata dell’art. 74 quater ult.cit., si è disinteressata della questione relativa alla verifica, sulla base degli elementi prodotti, in ordine all’accessorietà della somministrazione di bevande rispetto all’intrattenimento che andava compiuta attraverso la verifica di cui si è detto sopra.

Ne consegue l’accoglimento di entrambi i motivi di ricorso per quanto di ragione, risultando infondati i profili difensivi esposti anche in memoria dalla controricorrente sia in rito che nel merito alla stregua delle superiori considerazioni.

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Veneto per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Veneto per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.