Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 febbraio 2017, n. 4812

Pagamento contributi - lscrizione gestione commercianti -Partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 12.10 - 6.11.2010, la Corte d'appello di Venezia ha accolto l'impugnazione dell'Inps avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto l'opposizione di L. G. a tre cartelle esattoriali concernenti il pagamento dei contributi (rispettivamente di € 1149,13, € 1804,16 ed € 1892,19) relativi all'iscrizione nella gestione commercianti per il periodo 2002 - 2004, per cui ha riformato la gravata decisione ed ha rigettato l'originaria domanda di opposizione, compensando le spese del doppio grado di giudizio.

La Corte territoriale ha spiegato che il presupposto per l'iscrizione dell'appellato nella gestione dei commercianti ed il conseguente obbligo di pagamento dei relativi contributi richiesti dall'ente previdenziale trovava fondamento nella legge n. 613/1966, già modificata nel 1975 e dalla legge finanziaria per il 1997, il cui comma 203 aveva sostituito l'art. 29 della legge 3.6.1975, n. 160 ed aveva esteso l'obbligatorietà dell'iscrizione anche al socio di società a responsabilità limitata operante nel settore commerciale, prevedendo il possesso di determinati requisiti, tra i quali quello della partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

Nella fattispecie, ha aggiunto la Corte, l'opponente era socio accomandatario di società in accomandita semplice, cioè unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, per cui era da ritenere che esercitasse attività commerciale in modo abituale e prevalente all'interno della stessa, come tale assoggettato all'obbligo d'iscrizione nella gestione commercianti.

Per la cassazione della sentenza ricorre G. L. con tre motivi.

Per l'Inps c'è delega al difensore in calce al ricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., dell'art. 1 della legge 27.11.1960, n. 1397, oltre che il vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c.

In sostanza il ricorrente contesta quanto ritenuto dalla Corte territoriale circa il fatto che il ruolo di amministratore di società in accomandita semplice possa far automaticamente presumere la sussistenza dei requisiti di legge per l'iscrizione alla gestione commercianti, assumendo, in contrario, che la partecipazione al lavoro aziendale, atta a giustificare una tale iscrizione, deve consistere nello svolgimento di un'attività operativa che nella fattispecie la difesa dell'ente previdenziale non aveva dimostrato, né si era offerta di provare. Aggiunge il ricorrente che la Corte di merito ha trascurato circostanze di fatto importanti, ostative alla configurazione di un'attività abituale e prevalente nella società, come tale idonea a giustificare la pretesa contributiva correlata alla necessità di iscrizione nella gestione commercianti: in particolare, il ricorrente evidenzia che il suo impiego in uno studio notarile per quaranta ore settimanali assorbiva interamente la sua giornata lavorativa e l'unico incasso mensile automatico per via elettronica degli affitti di un complesso immobiliare, di cui era proprietaria la società, proveniva da una sola locataria, vale a dire l'associazione notarile Tessiore Dussin, per cui era da escludere che sussistesse a suo carico l'obbligo di iscrizione nella predetta gestione ai fini contributivi ed assicurativi.

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione o falsa applicazione degli artt. 2082, 2247, 2313, 2318 cod. civ., anche con riferimento all'art. 1 della legge 27.11.1960 n. 1397, nonché per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, si ribadisce l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di merito, sia nel presumere che in una società debba esservi necessariamente una persona fisica iscritta alla gestione commercianti, sia nel trascurare le circostanze della mancanza di prova da parte dell'Inps dello svolgimento dell'attività lavorativa per la quale aveva preteso la contribuzione e della mancata contestazione dei fatti dedotti dall'opponente a sostegno dei suoi assunti difensivi in punto di fatto. Secondo tale tesi difensiva l'impresa gestita in forma collettiva da un imprenditore non implicava necessariamente che al suo interno dovesse esservi una persona fisica tenuta alla iscrizione nella gestione commercianti, soprattutto se tale persona, seppur ricoprente la qualifica di socio accomandatario, non svolgeva, come nella fattispecie, alcuna attività commerciale all'interno della stessa società.

3. Col terzo motivo, proposto per vizio di motivazione, il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello ha omesso di indicare gli elementi dai quali ha tratto il convincimento che egli dovesse ritenersi obbligato all'iscrizione nella gestione commercianti per il solo fatto di essere l'unico soggetto abilitato, in qualità di socio accomandatario, a compiere atti in nome della società, tanto da supporre che egli esercitasse attività commerciale in modo abituale e prevalente all'interno della stessa compagine.

4. Osserva la Corte che i tre motivi, che per ragioni di connessione possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati.

Invero, premesso che si discute dei requisiti che devono ricorrere affinché sorga l’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa per gli esercenti attività commerciale, va subito detto che questa Corte (Cass. Sez. Lav. n. 3835 del 26.2.2016) ha avuto occasione di precisare che "nelle società in accomandita semplice, in forza dell'art. 1, comma 203, della I. n. 662 del 1996, che ha modificato l'art. 29 della I. n. 160 del 1975, e dell'art. 3 della I. n. 45 del 1986, la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l'obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui prova è a carico dell'istituto assicuratore."

Al riguardo si è già affermato che, se alla luce della norma interpretativa contenuta nell'art. 12, comma 11, del d.l. n. 78/2010, non opera il criterio della attività prevalente, sicché vale l'obbligo di iscrizione e contribuzione sia alla gestione commercianti che a quella separata, tuttavia, proprio per la autonomia delle posizioni, è necessario che per ciascuna di esse ricorrano le condizioni richieste dalla legge, cioè che si realizzi una "coesistenza" di attività riconducibili, rispettivamente, al commercio e all'amministrazione societaria ( Cass. 1.7. 2015 n. 13446 e Cass. 5.3.2013 n. 5444).

5. Secondo l'assunto dell'istituto previdenziale per il socio accomandatario della s.a.s. l'obbligo della iscrizione alla gestione commercianti dovrebbe sorgere automaticamente, in ragione della posizione rivestita all'interno della società, essendo l'accomandatario l'unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della s.a.s..

6. L'affermazione non è condivisibile.

La legge 27 novembre 1960 n. 1397, con la quale è stata istituita l'assicurazione obbligatoria contro le malattie per gli esercenti attività commerciale (ai quali è stata poi estesa dalla legge 22 luglio 1966 n. 613 l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia), prevedeva l'obbligo dell'iscrizione per gli esercenti di piccole imprese commerciali per i quali ricorressero le seguenti condizioni: " a) siano titolari o conduttori in proprio di imprese organizzate prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado e sempreché l'imponibile annuo di ricchezza mobile relativo alla attività della impresa commerciale non superi i tre milioni di lire; b) abbiano la piena responsabilità della azienda ed assumano tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e alla sua gestione; c) partecipino personalmente e materialmente al lavoro aziendale con carattere di continuità; d) siano muniti, limitatamente per gli esercenti di piccole imprese commerciali, della licenza prevista per l'esercizio della loro attività dalle seguenti disposizioni di legge..."

L'art. 2 della legge stabiliva che " Qualora la piccola impresa commerciale sia costituita in forma di società in nome collettivo, per titolari di impresa si intendono tutti i soci che rivestono singolarmente i requisiti richiesti dall'articolo 1, lettere a), b), c) e d). Le norme di cui alla presente legge non si applicano alle imprese che abbiano personalità giuridica". L'art. 1 è stato oggetto di successivi interventi modificativi (art. 1 della legge n. 1088/1971; art. 29 della legge n. 160/1975) attraverso i quali l'obbligo dell'iscrizione è stato esteso ai familiari coadiutori preposti al punto vendita ed è stato affermato a prescindere dall'ammontare del volume di affari dell'impresa commerciale. Quanto al requisito di cui alla lett. c) la partecipazione personale e materiale al lavoro aziendale con carattere di continuità, è stato sostituita dalla partecipazione personale "con carattere di abitualità e prevalenza". Con l'art. 1, comma 203, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 il legislatore è nuovamente intervenuto a disciplinare la materia e, sostanzialmente, ha esteso l'obbligo dell'iscrizione anche ai soci delle società a responsabilità limitata, per i quali è stata esclusa la necessità del requisito di cui alla lettera b), ossia la diretta assunzione degli oneri ed i rischi relativi alla gestione della attività. Anche l'art. 2 della legge n. 1397/1960, che estendeva l'obbligo della iscrizione ai soci delle s.n.c. solo in presenza di tutti i requisiti indicati dall'art. 1, è stato abrogato e sostituito dall'art. 3 della legge 28 febbraio 1986 n. 45, tuttora vigente, del seguente tenore: "Le disposizioni sull'iscrizione all'assicurazione contro le malattie contenute nell'articolo 1 della legge 27 novembre 1960, n. 1397, come sostituito dall'articolo 29 della legge 3 giugno 1975, n. 160, si applicano anche ai soci di società in nome collettivo o in accomandita semplice le quali esercitino le attività previste da tale articolo nel rispetto delle norme ad esse relative e gestiscano imprese organizzate prevalentemente con il lavoro dei soci e degli eventuali familiari coadiutori di cui all'articolo 2 della legge 22 luglio 1966, n. 613. I soci devono possedere i requisiti di cui alle lettere b) e c) del primo comma del citato articolo 1 della legge 27 novembre 1960, n. 1397, e per essi non sono richiesti l'iscrizione al registro di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, e il possesso delle autorizzazioni o licenze che siano prescritte per l'esercizio dell'attività". Quindi, affinché sorga l'obbligo della iscrizione per i singoli soci non è sufficiente il requisito di cui alla lettera b), ossia la responsabilità illimitata per gli oneri ed i rischi della gestione, ma è comunque richiesta anche l'ulteriore condizione di cui alla lettera c) ed è quindi necessaria la partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

7. La disposizione in commento, inoltre, non differenzia in alcun modo l'accomandatario dal socio della s.n.c. e detta equiparazione risulta senz'altro coerente con la disciplina codicistica, atteso che, a norma dell'art. 2318 c.c., "i soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo". Ne discende che, così come nelle società in nome collettivo non è sufficiente a far sorgere l'obbligo di iscrizione il regime della responsabilità illimitata del socio, parimenti nella società in accomandita semplice l'accomandatario sarà tenuto all'iscrizione solo qualora partecipi direttamente al lavoro aziendale e detta partecipazione sia abituale e prevalente. Non si può sostenere che il requisito di cui alla lettera c) debba necessariamente discendere dalla qualità di accomandatario, poiché, rispetto alle previsioni della legge n. 1397/1960, così come successivamente integrata e modificata, vanno tenuti distinti i due piani del funzionamento della società, con i connessi poteri di amministrazione, e della gestione della attività commerciale, che ben può essere affidata a terzi estranei alla compagine sociale o ad altri soci che non siano anche amministratori della società.

8. In altri termini, quanto ai requisiti che devono ricorrere per l'iscrizione alla gestione commercianti, è ancora attuale quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3240 del 12.2.2010 nella quale è stato evidenziato che "detta assicurazione è posta a protezione, fin dalla sua iniziale introduzione, non già dell'elemento imprenditoriale del lavoratore autonomo, sia esso commerciante, coltivatore diretto o artigiano, ma per il fatto che tutti costoro sono accomunati ai lavoratori dipendenti dall'espletamento di attività lavorativa abituale, nel suo momento esecutivo, connotandosi detto impegno personale come elemento prevalente (rispetto agli altri fattori produttivi) all'interno dell'impresa."

9. Il ricorso va, pertanto, accolto e l'impugnata sentenza va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma 2° cod. proc. civ., con l'annullamento della cartella esattoriale opposta.

Motivi di equità, dovuti all'alterno esito dei giudizi di merito ed al consolidarsi dell'orientamento giurisprudenziale di cui sopra in epoca successiva all'impugnata sentenza, inducono questa Corte a ritenere compensate tra le parti le spese dell'intero processo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla la cartella esattoriale opposta. Compensa le spese dell'intero processo.