Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 10 maggio 2017, n. 11471

Tributi - Accertamento "a tavolino" - Mancanza di "accesso ispettivo" - PVC

 

Fatti di causa

 

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi ad unico motivo, nei confronti di G.B. (che resiste con controricorso) per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale, rigettandone l’appello, ha, confermando la decisione di primo grado, dichiarato la nullità dell’accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione IRPEF, IRAP ed IVA per il 2007, perché emesso in violazione del comma 7 dell’art. 12 della L. 212/2000.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni.

Il controricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

 

Ragioni della decisione

 

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia denunziando - ex art. 360 n. 3 c.p.c. - violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000, ha evidenziato che la detta disposizione non può applicarsi ai c.d. accertamenti "a tavolino", ossia eseguiti senza "accesso ispettivo" presso la sede del contribuente; nel caso di specie, l’accertamento (datato 25 giugno 2010) doveva ritenersi eseguito "a tavolino", in quanto l’Agenzia aveva effettuato il 30 marzo 2010 un accesso cd. breve presso i locali di svolgimento dell’attività del contribuente, per rilevare prezzi praticati al pubblico ed il ricarico su campione di beni e servizi dell’attività, cui aveva fatto seguito apposito processo verbale di accesso e richiesta documenti riguardanti l’attività del 2006, debitamente notificato al contribuente il successivo 5 maggio.

La censura è infondata. Come già statuito da questa Corte, "in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva..." (Cass. sez. unite 18184/2013).

Va, inoltre, considerato che le dette garanzie statutarie operano già in fase di accesso, concludendosi anche tale attività con la sottoscrizione e consegna del processo verbale di chiusura delle operazioni svolte, e ciò alla stregua delle prescrizioni dell'art. 52, comma 6, del decreto IVA ovvero dell'art. 33 del decreto sull'accertamento; siffatte, garanzie si applicano anche agli atti di accesso istantanei finalizzati all'acquisizione di documentazione, sia perché la citata disposizione non prevede alcuna distinzione in ordine alla durata dell’accesso, ed è, comunque, necessario, anche in caso di "accesso breve", redigere un verbale di chiusura delle operazioni (in senso conf. Cass. 2593/14 e Cass. 15624/14), sia perché, anche in caso di "accesso breve", si verifica quella peculiarità che, secondo Cass. sez. unite n. 24823/2015, giustifica, quale controbilanciamento, le garanzie di cui al cit. art. 12; peculiarità consistente nell’ "autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutatiti a lui sfavorevoli".

Ora, premesso che i fatti di causa sono pacifici, ovvero che venne rilasciato il processo verbale al contribuente ma che tra questo e l’emissione dell’avviso di accertamento non venne rispettato il termine di cui alla norma invocata, l’impugnata sentenza, il cui dispositivo è conforme a diritto, non è passibile di censura previa correzione della motivazione nel senso sopra illustrato.

Ne consegue il rigetto del ricorso con compensazione integrale tra le parti delle spese processuali viste le recenti soluzioni giurisprudenziali in materia.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.