Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 13 luglio 2018, n. 18720

Imposte dirette - IRPEF - Accertamento - Riscossione - Compravendita - Terreni edificabili - Plusvalenza

 

Fatti di causa

 

1. Con atto di compravendita notarile datato 16/01/2004 L.G. cedeva la proprietà di un terreno edificabile al prezzo di euro 2.017.548,00, e dichiarava di rideterminare il valore del bene, al 1°/01/2003, come previsto dall'art. 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), nell'importo di euro 1.930.000,00, risultante da una perizia di stima asseverata in data 12/05/2003.

Con avviso di accertamento del 2009, relativo all'anno d'imposta 2004, l'Agenzia delle entrate recuperava a tassazione, ai fini IRPEF, una plusvalenza realizzata e non dichiarata di euro 1.834.880,00, pari alla differenza tra il valore del bene indicato nell'atto di compravendita e il suo valore (rivalutato secondo gli indici Istat) all'epoca dell'acquisto (mortis causa) da parte della contribuente, sul presupposto che la rideterminazione del valore di acquisto del terreno, ai sensi dell'art. 7 cit., non si fosse perfezionata.

2. La contribuente impugnava l'atto impositivo dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Salerno che accoglieva parzialmente la domanda, confermando la legittimità del recupero dell'imposta (euro 470.096,00), annullando invece le sanzioni per le obiettive condizioni di incertezza delle norme di riferimento.

3. La decisione di primo grado, impugnata da entrambe le parti, era confermata dalla Commissione tributaria regionale della Campania (hinc: CTR), con la sentenza in epigrafe.

Il giudice d'appello, per quanto ancora rileva, escludeva il perfezionamento della procedura di rivalutazione, mediante versamento dell'imposta sostitutiva del 4% del valore risultante da perizia giurata, perché, in seguito alla perizia di stima, la contribuente avrebbe dovuto versare l'imposta sostitutiva in un'unica soluzione o, quanto meno, la prima rata di essa, entro il 16/05/2003, laddove, invece, l'obbligata aveva effettuato due versamenti, in misura insufficiente e incompleta, nelle date 12/12/2003 (euro 20.806,00) e 7/02/2004 (euro 20.366,03), indicando tra l'altro un codice di tributo errato.

Soggiungeva che, riaperti i termini per la rivalutazione dei beni, ai sensi del d.l. n. 282/2002, rispetto a quelli iniziali previsti dall'art. 7 della legge n. 448/2001, se la contribuente avesse voluto avvalersi delle nuove disposizioni, avrebbe dovuto presentare una nuova perizia e versare la relativa imposta, mentre ella non aveva compilato il quadro RM del modello unico delle persone fisiche, con l'indicazione dei dati relativi alla rivalutazione del terreno, sicché era legittimo il comportamento dell'Ufficio fiscale che aveva recuperato a tassazione l'intero tributo, in assenza di una chiara manifestazione di volontà, da parte della contribuente, di avvalersi delle disposizioni speciali sulla rideterminazione dei valori dei terreni posseduti.

Affermava, infine, che i versamenti effettuati dalla ricorrente in base alla prima procedura agevolativa non potevano essere dedotti in compensazione del debito erariale perché i crediti della contribuente non erano né liquidi né esigibili.

4. Per la cassazione ricorre la contribuente, sulla base di cinque motivi; l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

5. La ricorrente ha depositato una memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ. e ha allegato documenti.

 

Ragioni della decisione

 

1. Primo motivo del ricorso: «Insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia. Denunzia in relazione all'art. 360 primo comma, n. 5 c.p.c.).».

La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia trascurato diverse questioni giuridiche, vale a dire: (a) se sia valida una rivalutazione effettuata, con riguardo al valore del bene al 1°/01/2003, in cui, redatta la perizia di stima, le prime due rate siano state versate, anche se in modo formalmente irregolare; b) se sia efficace la rivalutazione in cui il versamento del dovuto sia stato effettuato in parte ai sensi della seconda legge e in parte ai sensi della prima; c) se la compensazione così operata sia preclusiva del perfezionamento della rivalutazione; d) se il comportamento concludente della contribuente sia sufficiente a determinare l'efficacia della rivalutazione, anche a prescindere dalla menzione di essa nella dichiarazione di redditi.

Rimarca che la CTR ha fondato il proprio convincimento su alcuni assunti erronei, ossia: l'individuazione del termine di pagamento dell'imposta sostitutiva (o della prima rata) che scadeva il 16/03/2004 e non il 16/05/2003; l'asserita insufficienza dei pagamenti quando era in atti coprivano l'intero importo dovuto; la mancanza di vari adempimenti che, in realtà, non erano contestati (come la redazione di una seconda perizia) o erano di dubbia regolarità (come i versamenti), ma sicuramente non si potevano ritenere omessi.

1.1. Il motivo è infondato.

Ove anche si reputi di dovere superare l'aspetto della probabile inammissibilità della doglianza che, per lo più, involge (in modo non consentito) profili di diritto e non questioni di fatto, è dato rilevare che la CTR ha illustrato, con sufficiente chiarezza e senza incorrere in alcun vizio logico, le ragioni del proprio convincimento.

Innanzitutto, ha esposto che la contribuente, una volta dichiarato, nel rogito, di avvalersi della prima rivalutazione (ai sensi dell'art. 7 della legge n. 448/2001), per potere usufruire della misura agevolativa della seconda rivalutazione (ai sensi dell'art. 2, comma 2, del d.l. n. 282/2002), avrebbe dovuto presentare una nuova perizia giurata, versare le imposte sostitutive e assolvere agli altri adempimenti formali (compilazione del quadro RM del modello unico delle persone fisiche, indicando il valore rivalutato, l'imposta sostitutiva e la scelta delle modalità di pagamento); ha, inoltre, stigmatizzato l'illegittimità della commistione tra prima e seconda procedura di rivalutazione, escludendo (correttamente) che le rate versate in virtù della prima rivalutazione potessero essere dedotte in compensazione dell'imposta sostitutiva dovuta in virtù della seconda rivalutazione dei terreni edificabili.

2. Secondo motivo: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 2, D.L. 24 dicembre 2002, n. 282 (convertito dalla L. 21.2.2003, n. 27), dell'art. 39, comma 14-undecies D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326), nonché dell'art. 1 DPR 10 novembre 1997 n. 442. Illegittimità della sentenza impugnata in quanto ha erroneamente applicato in modo formalistico la normativa e per non aver considerato che l'Erario ha interamente percepito le imposte relative all'operazione di rivalutazione. Rilevanza del comportamento concludente del contribuente. Denunzia ai sensi dell'art. 360 c.p.c. primo comma n. 3».

La ricorrente si duole che la sentenza impugnata, nell'affermare che non esiste alcuna correlazione tra la prima e la seconda procedura di rivalutazione e che non è possibile portare a «deconto» di quanto versato in attuazione della prima procedura i versamenti relativi alla seconda rivalutazione, abbia disatteso la ratio delle summenzionate disposizioni normative, in tema di rivalutazione dei terreni posseduti, che è quella di consentire: «la possibilità di unire due procedure di rivalutazione che riguardano lo stesso bene tramite l'effettuazione di una seconda perizia» (cfr. pag. 23 del ricorso per cassazione).

2.1. Il motivo è infondato.

Le ragioni di critica non attengono all'asserita violazione di norme di diritto, ma si appuntano su un'applicazione delle disposizioni concernenti la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili che, secondo la prospettazione meramente soggettiva offerta dalla contribuente, non sarebbe conforme alla ratio dell'intero sistema delle rivalutazioni.

In ogni caso, ai sensi dell'art. 7 cit., la procedura di rivalutazione del terreno edificabile è ammessa a condizione che il valore sia assoggettato ad imposta sostitutiva; il mancato versamento integrale della imposta sostitutiva preclude il perfezionamento della rivalutazione.

Neppure la seconda rivalutazione si è perfezionata per insufficiente versamento, posto che il versamento precedente poteva essere chiesto a rimborso, ma non poteva essere dedotto in compensazione.

3. Terzo motivo: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 8 L. 31 dicembre 2000 n. 212 (Statuto del contribuente). Illegittimità della sentenza nella parte in cui non riconosce la compensazione come strumento di estinzione dell'obbligazione tributaria. Denunzia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., primo comma n. 3».

Si deduce l'errore di diritto della sentenza impugnata che avrebbe disconosciuto la legittimità della compensazione dell'imposta sostitutiva, di euro 36.800,00, che la contribuente asserisce di avere versato, in tal modo contravvenendo all'art. 8 della legge n. 212/2000, che consente, in termini generali, che l'obbligazione tributaria possa essere estinta per compensazione.

3.1. Il motivo è Infondato.

Preliminarmente, osserva la Corte che l'asserzione della ricorrente di avere pagato l'importo appena menzionato non trova alcun riscontro nella sentenza impugnata.

Ciò precisato, inoltre, è dato rilevare che la CTR ha correttamente escluso la compensabilità delle rate d'imposta sostitutiva, versate in virtù della prima rivalutazione, con quelle dovute per la seconda rivalutazione, in tal modo conformandosi alla giurisprudenza di legittimità.

Va delineato il quadro normativo di riferimento.

L'art. 2, comma 2, del d.l. n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 282/2002 estendeva l'applicazione degli artt. 5, 7 della I. n. 448/2001 (legge finanziaria 2002), per quanto adesso interessa, alla rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili, con destinazione agricola, posseduti alla data del 1°/01/2003.

L'art. 5 cit., a sua volta, consentiva ai contribuenti che detenevano detti terreni di rideterminare i relativi valori di acquisto, alla data del 1°/01/2002, previo pagamento di un'imposta sostitutiva, di regola, del 4% dei predetti valori.

L'art. 2, comma 2, cit., in continuità con la norma precedente, riferiva la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili posseduti, al 1°/01/2003; fissava, al 16/05/2003, il termine per la redazione e l'asseveramento della perizia di stima e stabiliva che le imposte sostitutive potessero essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data.

Quest'ultimo termine è stato differito al 16/03/2004, dell'art. 39, comma 14-undecies, del d.l. 30/09/2003, convertito, senza modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

Fatta questa premessa d'ordine generale, è il caso di richiamare l'indirizzo della Corte, dal quale il Collegio non vede ragioni per discostarsi, secondo cui: «[...] va rilevato che l’art. 7 del d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106) ha stabilito che i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto dei beni in questione, "qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall'imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l'importo relativo all'imposta sostitutiva già versata" (comma 2, lett. ee); e che coloro i quali non effettuano la detrazione "possono chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell'intera imposta o della prima rata relativa all'ultima rideterminazione effettuata. L'importo del rimborso non può essere comunque superiore all'importo dovuto in base all'ultima rideterminazione del valore effettuata" (comma 2, lett. ff). Va ricordato [...] che analoga facoltà di rideterminazione del valore di acquisto, ai fini della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'art. 81, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, è stata introdotta, per i terreni edificabili e con destinazione agricola, dall'art. 7 della citata legge n. 448 del 2001.3.3. L'imposta sostitutiva in esame è, pertanto, un'imposta "volontaria", in quanto è frutto di una libera scelta del contribuente, il quale opta per la rideterminazione del valore del bene [...] con conseguente versamento dell'imposta sostitutiva, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull'imposta ordinaria altrimenti dovuta sulla plusvalenza non affrancata; in cambio (per così dire), l'Amministrazione finanziaria riceve un immediato introito fiscale. La questione che è posta all'esame della Corte consiste nello stabilire cosa accade nel caso in cui il contribuente, dopo aver effettuato la prima rivalutazione, sia ancora in possesso, in tutto o in parte, del bene e ne chieda una nuova rideterminazione del valore in virtù della legge sopravvenuta. 3.4. Va premesso che la facoltà di richiedere una nuova valutazione in applicazione delle disposizioni di legge sopravvenute è senz'altro ammessa, non esistendo alcuna ragione perché ciò non debba essere consentito. Ciò posto, va in primo luogo rilevato che la possibilità di operare la detrazione, "dall'imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione", dell'importo relativo all'imposta sostitutiva già versata", cioè di effettuare la compensazione tra la nuova e la precedente imposta, è stata introdotta soltanto con il citato art. 7 del d.l. n. 70 del 2011 (conv. dalla legge n. 106/11), laddove, in precedenza, doveva ritenersi ammesso soltanto il diritto al rimborso, il quale, pur se non esplicitamente previsto dalla legge, deriva dal principio generale del divieto di doppia imposizione. Né può ritenersi che la norma del 2011 abbia portata retroattiva, in assenza di espressa previsione, o che comunque la compensazione fosse in ogni caso già possibile in virtù della previsione dell'art. 8 della legge n. 212 del 2000 (statuto dei diritti del contribuente), il quale recepisce per l'obbligazione d'imposta i generali canoni del codice civile sull'estinzione per compensazione (comma 1), ma al contempo prende atto dell'applicabilità del relativo istituto, secondo la normativa tributaria in vigore, solo nei casi specificamente contemplati, e rinvia gli effetti dell'innovazione a decorrere dall'anno d'imposta 2002, previa emanazione di apposita disciplina di attuazione (comma 8), così inequivocamente confermando che l'estinzione per compensazione del debito tributario si determina allo stato della legislazione tributaria solo se espressamente stabilita: e nella disciplina in esame ciò è avvenuto, come detto, solo nel 2011, dovendosi così intendere che prima l'istituto non fosse contemplato (Cass. nn. 14579 del 2001, 15123 e 22872 del 2006, 4246 del 2007, 12262 del 2007, 8716 e 17001 del 2013). Ne deriva una prima conclusione e cioè che, quanto meno all'epoca dei fatti di causa, non era ammissibile omettere il versamento integrale, anche se rateizzato, dell'imposta sostitutiva dovuta a seguito della prima rivalutazione, la quale, pertanto, andava interamente pagata: del resto, il rimborso presuppone il versamento e solo a seguito della seconda rivalutazione si verifica il presupposto della doppia imposizione» (Cass. 12/11/2014, n. 24057).

4. Quarto motivo: «Violazione e falsa applicazione, sotto diverso profilo, dell'art. 2, comma 2, D.L. 24 dicembre 2002, n. 282 (convertito dalla L. 21.2.2003, n. 27), dell'art. 39, comma 14-undecies D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326), nonché dell'art. 1 DPR 442/97 e dell'art. 1 comma 428 della L. n. 311/2004. Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non perfezionata la procedura di rivalutazione per ragioni formali. Rilevanza del comportamento concludente della contribuente. Applicabilità di disposizioni di sanatoria. Denunzia ai sensi dell'art. 360 c.p.c. primo comma n. 3».

Si fa valere l’error iuris della sentenza impugnata, nella parte in cui è stato negato il perfezionamento della procedura di rivalutazione a causa di mere anomalie formali, quali la mancata compilazione, da parte della contribuente, del quadro RM della dichiarazione dei redditi e l'errata indicazione, nel modello F24, utilizzato per il versamento delle rate dell'imposta sostitutiva, del codice del tributo (indicato con il n. 1890, anziché con il n. 8052).

4.1. Il motivo è infondato.

La censura in esso enunciata non coglie appieno la ratio della decisione che, giova ripeterlo, s'incentra sulla necessità della contribuente di compiere tutti gli adempimenti formali, previsti dalla legge, dai quali potesse desumersi, univocamente, la sua volontà di avvalersi dell'imposta sostitutiva determinata dalla seconda rivalutazione, dopo che procedura concernente la prima misura agevolativa era stata iniziata, ma non si era regolarmente conclusa e perciò perfezionata.

La CTR ha negato il perfezionamento della procedura di rivalutazione non solo a causa di fattori ostativi di carattere formale, ma anche per ragioni sostanziali, a cominciare dal mancato integrale versamento della seconda imposta sostitutiva.

5. Quinto motivo: «In via subordinata, violazione e falsa applicazione, dell'art. 2, comma 2, D.L. 24 dicembre 2002, n. 282 (convertito dalla L. 21.2.2003, n. 27), dell'art. 39, comma 14-undecies D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326), sotto altro profilo. Erronea individuazione del termine normativamente previsto entro cui effettuare il versamento della prima rata. Denunzia ai sensi dell'art. 360 c.p.c. primo comma n. 3».

Si addebita alla CTR di avere violato l'art. 39 cit., ritenendo che il termine per il perfezionamento della procedura di rivalutazione fosse il 16/05/2003, mentre tale ultima norma differiva la scadenza al 16/03/2004, con la precisazione che, entro quest'ultima data, la contribuente aveva provveduto a tutti gli adempimenti prescritti, quali la redazione della perizia di stima e il pagamento della prima rata, in scadenza il 16/03/2004, con due F24, rispettivamente di euro 20.806 (il 12/12/2003) e di euro 20.366 (il 4/02/2004).

5.1. Il motivo è infondato.

La CTR ha correttamente dato atto che le surrichiamate disposizioni in tema di prima e seconda rivalutazione sono state oggetto di successive «modifiche e proroghe» (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

Ciò precisato, osserva la Corte che la circostanza che la sentenza impugnata non abbia esplicitamente affermato che il termine per il pagamento integrale o della prima rata dell'imposta sostitutiva entro il 16/03/2004, è irrilevante perché, preme ripeterlo, l'aspetto essenziale e conforme a diritto della decisione sta in ciò, che alla contribuente non era consentito, in base alle norme in esame, compensare le rate versate per la prima rivalutazione con quelle dovute per effetto della seconda rivalutazione.

6. In definitiva, il ricorso va rigettato.

7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 9.500,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.