Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 gennaio 2017, n. 797

Dirigente - Patto di prova - Nullità - lndennità sostitutiva del preavviso - Differenze retributive

Svolgimento del processo

 

Con sentenza depositata il 25.6.10 la Corte d'appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame avanzato da A. S. contro S. S.r.l. contro la sentenza n. 2171/08 del Tribunale capitolino, dichiarava nullo il patto di prova fra le parti e condannava la società a pagare al lavoratore l’indennità sostitutiva del preavviso e le differenze retributive concernenti il mese di ottobre 2006, ma confermava il rigetto della domanda di indennità supplementare di cui all’art. 30 CCNL dirigenti del settore commercio.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A. S. affidandosi a cinque motivi.

S. S.r.l. ha resistito con controricorso e spiegato ricorso incidentale basato su due motivi, cui a sua volta ha resistito con controricorso il ricorrente principale.

Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Il difensore della S. S.r.l. ha depositato ex art. 379 ult. co. c.p.c. osservazioni scritte alle conclusioni del PG.

 

Motivi della decisione

 

1.1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e 101 e 112 c.p.c., per avere la sentenza affermato la giustificatezza del licenziamento del dirigente nonostante che la società non avesse mai formulato domanda di accertamento in tal senso né avesse mai neppure allegato una qualche causa di giustificazione del recesso, che era stato intimato puramente e semplicemente all'esito del periodo di prova (in base ad un patto poi ritenuto nullo per difetto di forma scritta); in tal modo la Corte territoriale - prosegue il ricorso - ha altresì rilevato d'ufficio una questione che non aveva sottoposto al contraddittorio fra le parti.

1.2. Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con il secondo motivo del ricorso principale, sotto forma di violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1326 e ss. c.c. e dell'art. 35 CCNL dirigenti del settore terziario, per avere la sentenza impugnata affermato il carattere giustificato del licenziamento sebbene intimato senza la contestuale motivazione prescritta dall'art. 35 cit. CCNL.

1.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 7 legge n. 300/70, per avere la gravata pronuncia affermato il carattere giustificato del licenziamento malgrado la mancanza d'una contestazione disciplinare e del relativo iter procedimentale previsto dalla citata norma dello Statuto dei lavoratori.

1.4. Il quarto motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 1175, 1375, 1362 e ss. c.c. e 35 CCNL dirigenti settore terziario, nella parte in cui la Corte territoriale ha sostanzialmente invertito l'onere della prova circa l'esistenza d'una valida giustificazione del licenziamento, dedotta dal travisamento di allegazioni in fatto contenute nell'atto introduttivo di lite e comunque non ravvisabile nel caso di specie, essendo del tutto contrario a correttezza e buona fede intimare ad un dirigente il licenziamento pel solo fatto di aver pacatamente espresso una propria opinione in merito a responsabilità impropriamente ascrittegli.

1.5. Il quinto motivo del ricorso principale deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2096 c.c., 1 d.lgs. n. 152/97, 2 e 3 CCNL dirigenti settore terziario, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha dichiarato la nullità del patto di prova anche per difetto del relativo termine e per l'assegnazione, in concreto, al ricorrente di mansioni non confacenti alla qualifica dirigenziale, oltre a non aver valutato i giudici d'appello l'illegittimità del licenziamento perché intimato per motivo illecito e comunque estraneo alla prova.

2.1. Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione dell'art. 1321 c.c. in relazione all'art. 2096 co. 1° c.c., per avere la sentenza impugnata trascurato che, con l'indicazione dell'assunzione di A. S. quale responsabile della logistica, era stato sufficientemente soddisfatto, sia pure per relationem, il requisito della forma scritta del patto di prova previsto dall'art. 2096 co. 1° c.c.

2.2. La stessa censura viene sostanzialmente fatta valere con il secondo motivo del ricorso incidentale, sotto forma di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo.

3.1. Per esigenze di ordine logico-espositivo vanno dapprima esaminati - congiuntamente, in quanto connessi - i due motivi del ricorso incidentale, che si rivelano infondati.

Infatti, con motivazione immune da vizi logico-giuridici, la sentenza impugnata ha accertato che il CCNL richiamato nella lettera di assunzione non  prevede affatto né la necessità d'un periodo di prova (la cui pattuizione è in esso prevista come meramente eventuale) né la sua durata.

Né tale forma scritta può ravvisarsi soltanto in base alla mera proposta contrattuale scritta proveniente dal ricorrente principale nel momento in cui questi si è proposto per l'assunzione come responsabile della logistica, poiché ciò non implica nessuna indefettibile pattuizione d'un periodo di prova né una sua determinata durata.

Ogni ulteriore deduzione fatta valere nel ricorso incidentale e nelle osservazioni ex art. 379 ult. co. c.p.c. circa la sufficienza, a tal fine, del riferimento all'incarico di responsabile della logistica, oltre a non smentire la accertata mancanza di pattuizione scritta del patto di prova, finisce con lo scivolare sul piano dell'apprezzamento di merito, estraneo alla presente sede.

Per l'effetto, resta confermata la nullità del patto di prova, cui non osta il richiamo a Cass. n. 10041/15 (v. osservazioni scritte ex art. 379 ult. co. c.p.c.), riferito alla diversa questione della legittimità o meno d'un patto di prova, pur concordato per iscritto (il che, invece, manca nel caso di specie), ove non munito di sufficienti indicazioni circa il contenuto delle mansioni da espletare (in precedenza, sul punto, v. altresì, ex aliis, Cass. n. 13455/06; Cass. 13.9.03 n. 13498; conf. Cass. 22.3.2000 n. 3451).

4.1. - Per esigenze di sintesi espositiva appare opportuno esaminare congiuntamente - perché connessi - il primo e il quarto motivo del ricorso principale, che risultano fondati.

Invero, non solo la sentenza ha rilevato d'ufficio una causa di giustificazione del recesso neppure allegata dalla società, il tutto senza neppure previamente sottoporre la questione al contraddittorio fra le parti (in violazione dell'art. 101 cpv. c.p.c.), ma ha trascurato la giurisprudenza di questa S.C., secondo cui il licenziamento individuale del dirigente d'azienda, ove non basato su ragioni oggettive concernenti esigenze di riorganizzazione aziendale, ma su ragioni concernenti la persona del dirigente e il suo contegno, può consistere anche semplicemente nella mera inadeguatezza del dirigente rispetto all'incarico ricoperto (cfr. Cass. n. 25145/10), fermo restando - però - che l'onere probatorio a riguardo incombe pur sempre sul datore di lavoro (cfr., ex aliis, Cass. n. 1591/2000; Cass. n. 825/99; Cass. n. 2761/98).

La sentenza impugnata non si è attenuta a tale insegnamento, da un lato limitandosi a recepire il mero assunto difensivo della società (senza indicarne prova alcuna) secondo cui l'odierno ricorrente principale non avrebbe avuto le specifiche competenze necessarie per lo svolgimento del lavoro affidatogli e avrebbe incontrato difficoltà nel relazionarsi agli altri colleghi, dall'altro ravvisando tale enunciato nel mero fatto, narrato (a fini diversi) nell’atto introduttivo di lite dallo stesso A. S., consistente nell'avere costui addebitato, nel corso d'una riunione di lavoro, ad altra collega (sig.ra B.) la responsabilità di problemi irrisolti relativi alla gestione di soci lavoratori addetti alla guida di automezzi.

Questo e non altro è l'unico episodio in base al quale la Corte territoriale ha affermato che il licenziamento de quo, pur non assistito da giusta causa, sarebbe stato comunque giustificato ai sensi dell'art. 30 cit. CCNL al punto da ostare all'attribuzione della richiesta indennità supplementare.

È, invece, evidente che divergenti opinioni manifestate nel corso d'una sola riunione di lavoro (in modi che - si noti - nessuno ha allegato essere stati irriguardosi, aggressivi o sconvenienti) non possono mai essere sussunte (e ciò spiega il controllo giurisdizionale effettuato nella presente sede di legittimità) nel concetto di giustificatezza del licenziamento (neppure tenuto conto della sua ontologica diversità rispetto a quello di giusta causa o giustificato motivo) né ledere il vincolo fiduciario tra le parti, essendo una corretta dialettica connotato fondamentale e irrinunciabile di qualsiasi rapporto civile e lavorativo.

In altre parole, pur essendo i concetti di giusta causa e giustificato motivo diversi da quello di giustificatezza del licenziamento d'un dirigente, nondimeno quest'ultima nozione, ove riferita al contegno del lavoratore, suppone quanto meno una sua inadeguatezza ai compiti assegnatigli o una violazione degli obblighi di correttezza e buona fede che presiedono allo svolgimento del rapporto contrattuale.

Né Cuna né l'altra sono ravvisabili nell'unico episodio su cui la sentenza impugnata ha basato il proprio decisum.

4.2. - L'accoglimento del primo e del quarto motivo assorbe la disamina delle ulteriori censure mosse nel ricorso principale.

5.1. In conclusione, la Corte accoglie il primo e il quarto motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese,  alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l'indennità supplementare spettante ad A. S..

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo e il quarto motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.