Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 marzo 2017, n. 8147

Lavoro - Carica di direttore generale - Sovrapposizione di incarichi - Incompatibilità - Riconoscimento del compenso

 

Fatti di causa

 

Con sentenza n. 26958/2014 la Corte di Cassazione ha pronunciato sul ricorso proposto da I. (ISMETT) s.r.l. contro C.P. avverso la sentenza della Corte d'appello di Palermo n. 643/2011.

C.P. ne chiede la revocazione sull'assunto che i giudici di legittimità, laddove hanno ritenuto operante il regime di incompatibilità tra l'incarico di Presidente del Consiglio di amministrazione dell'I. s.r.l. e la carica di direttore generale dell'A.C. (socio di maggioranza dell'I.), previsto dall'art. 3-bis, commi 8 e 10, del d.lgs. n. 502 del 1992, sarebbero incorsi nell'errore di percezione previsto dall'art. 395 c.p.c., n. 4, immediatamente rilevabile, perché non avrebbero considerato che la sovrapposizione dei due incarichi era solo parziale ed avrebbero ritenuto assorbite le ulteriori censure del P. concernenti il diritto del compenso al residuale periodo di svolgimento di un unico incarico (questione che era stata oggetto di uno specifico motivo d'appello, di cui trascrive il testo).

Il P. propone ricorso per revocazione affidato a due motivi. La I. resiste con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo si deduce l'errata estensione dell'esclusività del rapporto di impiego prevista dall'art. 3-bis, commi 8 e 10, del d.lgs. n. 502 del 1992 anche oltre il periodo di durata del vincolo, avendo, la Corte di legittimità, ritenuto esistente un fatto (la coincidenza temporale dei due incarichi per l'intero periodo considerato) incontrovertibilmente non esistente ed avendo attribuito, a tale fatto, valenza assorbente della pretesa al compenso invocata per il periodo (1.3.2002-12.2.2003) successivo alla cessazione della carica di Direttore generale dell'A.C.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2363, 2364, 2392, 1709, 1353 cod.civ. dovendosi ritenere, come argomentato nel controricorso trascurato dalla Corte di legittimità, che la revoca della rinunzia al pagamento del compenso, formulata dal P. il 19.12.2000, valesse non solo per l'anno 2001 ma per tutti gli anni successivi; medesima estensione espansiva deve attribuirsi al parametro economico del compenso deliberato dai soci, in sede assembleare, per l'anno 2001 (pari a lire 80 milioni - euro 41.316,55.

3. Il ricorso è fondato.

È pacifico l'errore di fatto, meramente percettivo, in cui è incorsa la gravata pronuncia nel trascurare la domanda del P. tesa al riconoscimento del compenso spettante per il periodo in cui, cessata la carica di direttore generale dell'A.C. (e, quindi, cessata la situazione di incompatibilità), ha proseguito l'incarico di Presidente del Consiglio di amministrazione della I. s.r.l.

Invero, il P., a seguito di rigetto, da parte del giudice di primo grado, della domanda di pagamento dei compensi per tutto il periodo 1997-2003 e di risarcimento del danno per la revoca dell'incarico, ha proposto - quale secondo motivo di appello - la domanda di pagamento quantomeno del compenso maturato a seguito della cessazione della causa di incompatibilità ossia del periodo dall'1.3.2002 (data di cessazione del ruolo di direttore generale presso la A.C.) al 12.2.2003 (data di revoca dell'incarico di Presidente del Consiglio di amministrazione della I. s.r.l.).

Questa Corte, cassando la sentenza della Corte di appello che non aveva ravvisato alcuna incompatibilità ed aveva, per l'effetto, riconosciuto il diritto del P. al compenso per tutto il periodo di svolgimento dell'incarico, ha ravvisato nell'art. 3, commi 8 e 10, del d.lgs. n. 502 del 1992 e, pertanto, nel divieto di assumere ulteriori incarichi durante lo svolgimento dell'incarico direttore generale, norma imperativa non derogabile dalle parti; ha, pertanto, ritenuto sussistente un profilo di incompatibilità tra lo svolgimento dell'incarico di direttore generale presso l'A.C. e quello di Presidente del consiglio di amministrazione della I. s.r.l., senza avvedersi che detti incarichi non erano perfettamente coincidenti nello sviluppo temporale, ed ha erroneamente ritenuto insussistenti ulteriori accertamenti di merito circa il diritto ad eventuali compensi maturati nel periodo di cessazione del profilo di incompatibilità.

Ne consegue l'accoglimento del ricorso e la revocazione della sentenza impugnata.

4. In via rescissoria deve, dunque, accogliersi il primo motivo del ricorso principale proposto dalla I. s.r.l., ritenuti assorbiti gli altri motivi proposti dalla società nonché il ricorso incidentale. La sentenza della Corte di appello di Palermo va cassata e la causa va rinviata, anche per le spese del doppio grado di legittimità, alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.

5. In conclusione, in via rescindente la Corte accoglie il ricorso ex art. 391 bis cod.proc.civ., per l'effetto revocando la sentenza impugnata. In sede rescissoria, accoglie il primo motivo del ricorso principale della I., assorbiti gli altri motivi nonché il ricorso incidentale di P.; cassa la sentenza della Corte di appello di Palermo e rinvia, anche per le spese del doppio grado di legittimità, alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, revoca la sentenza n. 26958/2014 di questa Corte; accoglie il primo motivo del ricorso I. e dichiara assorbiti gli altri nonché il ricorso incidentale del P.; cassa la sentenza e rinvia, anche per le spese del doppio grado di legittimità, alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione.