Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 maggio 2017, n. 12825

Licenziamento - Contestazione disciplinare - Inadempimento della prestazione - Danno all’immagine aziendale - Proporzionalità della sanzione - CCNL

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza n. 1077 del 2014, accoglieva l'appello proposto dalla società A.I. spa nei confronti di D.L.A., avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Roma, n. 2765/2011, e in riforma della stessa, rigettava l'originaria domanda del lavoratore.

2. Il Tribunale aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato al D.L. con lettera del 20 ottobre 2009, con condanna della società datrice di lavoro a reintegrare il lavoratore nel posto occupato al momento del licenziamento, oltre al risarcimento del danno in misura pari alla retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del recesso alla reintegra.

3. L'Azienda aveva mosso al lavoratore la seguente contestazione:

«nell'ambito dei controlli di competenza della direzione del tronco sulla qualità e sulla gestione del servizio autostrade, il Responsabile esazione e personale G.V. e l'ingegner A.P., il giorno 19 settembre 2009, mentre si trovavano a percorrere il tratto autostradale di competenza del Centro servizio 3, in coincidenza temporale con parte della sua prestazione lavorativa, prevista dalle 22.00 del giorno 18 settembre 2009, alle 6.00 del giorno 19 settembre 2009, rilevavano che alle 3,06 circa, il mezzo aziendale targato (...), affidato per il servizio a lei e al suo collega signor A.S., sostava sul piazzale del posto di manutenzione di Ortona e vi rimaneva completamente inoperoso fino alla 4,45 circa.

Inoltre dai dati telepass dell'apparato installato sul predetto automezzo targato (...) risulta che il primo ingresso in autostrada per l'inizio delle attività di pattugliamento veniva effettuato alle h. 23,22, mentre l'ultima uscita al casello di Città Sant'Angelo per fine attività avveniva alle h. 5,22.

Infine nel rapporto di servizio predisposto da lei e dal sig. A.S., è registrato un intervento di rimozione ostacolo dalle h. 2,20 alle h. 2,30, 10 Km a sud di Ortona, non coerente con i dati telepass, dall'esame di quali risulta che il mezzo usciva al casello di Ortona alle h. 2,23 per poi rientrare in autostrada alle h. 4,47. Di tale rimozione non è stata comunque informata la sala radio, contrariamente a quanto previsto dalle disposizioni di servizio del 24 febbraio 2009...».

4. Il Tribunale, esaminando la deduzione di mancata proporzionalità tra i fatti contestati e la sanzione irrogata, ha osservato che, secondo quanto disposto dall'art. 30, comma 3, della legge n. 183 del 2010, la contestazione disciplinare deve essere confrontata con il CCNL, il quale nel caso di specie, legittima il licenziamento esclusivamente nei casi di gravi infrazioni alla disciplina o alla diligenza nel lavoro o provochi all'azienda un grave nocumento morale o materiale, mentre sanziona con misure più lievi ipotesi di comportamento che, pur arrecando danni all'azienda, non giustificano la sanzione espulsiva. Il giudice di primo grado ha, quindi, ricondotto in parte alla sanzione della multa, e in parte a quella della sospensione, gli addebiti contestati, dichiarando l'illegittimità del licenziamento.

5. La Corte d'Appello escludeva che, ratione temporis, potesse trovare applicazione la legge n. 183 del 2010, e affermava che il licenziamento non era viziato per difetto di proporzionalità in ragione della gravità dell'inadempimento che involge l'assenza della prestazione volta al controllo della percorribilità autostradale e al tempestivo intervento in caso di necessità. Le omissioni rilevate, potenzialmente generatrici di gravi pregiudizi per l'incolumità pubblica e di danni per la società non solo patrimoniali ma anche di immagine, giustificavano il licenziamento ai sensi dell'art. 2119 cc, compromettendo irreparabilmente l'affidamento di parte datoriale nell'adempimento della prestazione.

6. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre D.L.A., prospettando due motivi di ricorso.

7. Resiste la società A.I. spa con controricorso, con il quale eccepisce in via preliminare l'improcedibilità del ricorso in ragione del mancato deposito del CCNL invocato.

8. La causa già fissata all'udienza del 17 novembre 2016, veniva, su istanza del lavoratore, posticipata all'udienza del 23 febbraio 2017, in cui era già fissata altra causa avente ad oggetto il licenziamento di altro lavoratore per analoghi fatti, alla quale veniva chiesta la riunione.

9. Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell'udienza pubblica.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della legge n. 300 del 20 maggio 1970 e dell'art. 12 della legge n. 604 del 1966, in ordine all'insuperabilità delle sanzioni massime erogabili previste dalla contrattazione collettiva.

Il motivo si articola in due censure.

Con la prima, assume il ricorrente che erroneamente la Corte d'Appello, pur condividendo che gli addebiti contestati darebbero luogo a sanzioni conservative secondo la disciplina contrattuale, ha escluso la rilevanza di quanto previsto dalla contrattazione collettiva (art. 35-37 CCNL e Regolamento disciplinare aziendale) in ragione della non applicabilità alla fattispecie in esame, ratione temporis, della legge n. 183 del 2010.

Ed infatti tale principio può rinvenirsi ancor prima, nell'art. 7 dello Statuto dei lavoratori, secondo cui «Le norme disciplinari (...) devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano», e nell'art. 12 della legge n. 644 del 1966, che fa salve le disposizioni di miglior favore introdotte dalla contrattazione collettiva, non solo con riguardo al giustificato motivo, ma anche con riguardo alla giusta causa.

Con la seconda censura, il lavoratore si duole che la Corte d'Appello ha ritenuto non parcellizzabili i singoli addebiti (ritardo inizio lavori e sosta temporanea), in quanto gli stessi attengono ad una decurtazione dell'orario di lavoro attuata in un'unica soluzione, che è sanzionata dal Regolamento disciplinare del 6 novembre 2008 con la sanzione della multa.

2. Con il secondo motivo di ricorso è prospettata la violazione dell'art. 7 della legge n. 300 del 1970 in relazione all'elemento soggettivo della condotta e dell'art. 1147 cod. civ., in tema di presunzione di buona fede.

Espone il ricorrente che la Corte d'appello ha indicato come aggravante della condotta di inosservanza dell'orario di lavoro il mancato avviso alla sala radio della sosta e dell'intervento di rimozione ostacoli, nonché l'erronea registrazione oraria di quest'ultimo. A tal fine, tuttavia, occorreva la sussistenza di un nesso teleologico in grado di porre in evidenza l'intenzione di coprire la violazione dell'orario.

Ma il carattere doloso e finalizzato dell'infrazione avrebbe dovuto comportate un'esplicita contestazione che la stessa era mancata, nonché la prova, atteso altresì che la buona fede si presume fino a prova contraria.

3. Prima di esaminare i motivi di ricorso, in via preliminare, rileva il Collegio che non sussistono le condizioni per procedere alla riunione del presente giudizio con quello avente ad oggetto il licenziamento che ha riguardato l'altro lavoratore presente nello stesso turno di servizio, atteso che il licenziamento ha natura di negozio unilaterale recettizio volto a determinare la cessazione del rapporto di lavoro dei singoli dipendenti destinatari della comunicazione, tanto che anche in caso di licenziamento collettivo, in caso di impugnativa giudiziale, non si realizza una fattispecie di litisconsorzio necessario, ma, tutt’al più, un'ipotesi di litisconsorzio processuale o facoltativo ex art. 103 cod. proc. civ., caratterizzata dall' autonomia delle singole cause (cfr., Cass., n. 29679 del 2011).

4. Sempre in via preliminare va disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso dedotta dalla controricorrente.

Come affermato da questa Corte con la sentenza n. 195 del 2016, in tema di giudizio per cassazione, l'onere del ricorrente, di cui all'art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 40 del 2006, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d'ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, munita di visto ai sensi dell'art. 369, comma 3, cod. proc. civ., ferma, in ogni caso, l'esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi.

Ed infatti, il ricorrente, nel presente ricorso, ha richiamato la documentazione contenuta nel fascicolo di parte primo grado, che ha prodotto in questa sede, facendo specifico riferimento al numero del documento: A.I. -sistema disciplinare ai sensi del modello di organizzazione, di gestione e di controllo ex d.lgs. n. 231/01 (doc. n. 16 prodotto nel fascicolo di primo grado), cui peraltro segue il CCNL per il personale dipendente di società e consorzi concessionari di autostrade e trafori 15 luglio 2005.

5. Può, quindi, passarsi all'esame dei motivi di ricorso. Il primo motivo di ricorso deve essere accolto, nei sensi di seguito indicati.

Nella specie, benché non trovi applicazione ratione temporis la legge n. 183 del 2010, come affermato dalla Corte d'Appello, viene in rilievo il principio più volte affermato da questa Corte (ex multis, Cass., n. 11860 del 2016), secondo cui «deve escludersi che, ove un determinato comportamento del lavoratore, invocato dal datore di lavoro come giusta causa di licenziamento, sia contemplato dal contratto collettivo come integrante una specifica infrazione disciplinare cui corrisponda una sanzione conservativa, essa possa formare oggetto di una autonoma e più grave valutazione da parte del giudice, a meno che non si accerti che le parti avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva (Cass. n. 9223 del 2015; Cass. n. 13353 del 2011; Cass. n. 1173 del 1996)».

Va, altresì, considerato che spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi a tal fine preminente rilievo alla configurazione che della mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, ma pure all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto (ed alla sua durata ed all'assenza di precedenti sanzioni), alla sua particolare natura e tipologia (Cass., n. 14586 del 2009, n. 2012 del 2013).

La Corte d'Appello non compie, neppure in via incidentale, alcuna valutazione sulla riferibilità delle condotte contestate a sanzioni conservative secondo la disciplina contrattuale, poiché esclude, ratione temporis, l'applicabilità della legge n. 183 del 2010, senza considerare il più ampio pregresso quadro normativo e giurisprudenziale.

6. All'accoglimento del primo motivo di ricorso nei sensi sopra indicati, segue l'assorbimento del secondo motivo di ricorso.

7. La sentenza della Corte d'Appello di Roma va cassata in relazione al primo motivo accolto nei termini sopra indicati e rinviata, in relazione al suddetto motivo come accolto, alla medesima Corte di Appello in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Assorbito il secondo motivo di ricorso.

 

P.Q.M.

 

Accoglie nei sensi di cui in motivazione il primo motivo di ricorso. Assorbito il secondo motivo. Cassa e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.