Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 novembre 2016, n. 23440

Lavoro - Contributi per maternità - Mantenimento del rapporto previdenziale presso l'INPDAP

Svolgimento del processo

 

La Corte di appello di Roma rigettava il ricorso proposto da A. s.p.a. e confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dalla società al fine di far accertare e dichiarare dovuti, a decorrere dal 31.12.1999, i contributi per maternità con l'aliquota ridotta dello 0,46%, in relazione ai dipendenti che avevano optato per il mantenimento del rapporto previdenziale presso l'INPDAP, valendosi della facoltà prevista dall'art. 5 primo comma della L. n. 274 del 1991.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso A. s.p.a. sulla base di tre motivi, cui ha resistito l’Inps con controricorso.

All'udienza del 26.1.2016 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo, con invito alla difesa di parte ricorrente di precisare se l'atto di rinuncia al ricorso che è stato dalla stessa prodotto con la memoria ex art. 378 c.p.c. sia o meno riferibile anche al procedimento in esame.

 

Motivi della decisione

 

Il ricorso, che non è stato oggetto di rinuncia, dev'essere dunque esaminato.

1. Esso è fondato sui seguenti motivi:

1.1. Con il primo, si lamenta violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 23, come attuato con D.M. 21 febbraio 1996. In particolare si afferma che la riduzione delle aliquote contributive, come disciplinata dal D.M. 21 febbraio 1996 e da successive circolari dello stesso INPS, si applicherebbe indistintamente a tutti i dipendenti i cui contributi sono gestiti dallo stesso INPS, anche in considerazione del fatto che la successiva L. n. 662 del 1996 ha disposto l'aumento dell'aliquota pensionistica anche agli iscritti INPDAP, per cui sarebbe irrilevante l’opzione dei dipendenti in questione per il mantenimento dell'iscrizione a tale istituto.

1.2. Con il secondo, si deduce violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, artt. 78 e 79.

Si assume che detta norma avrebbe definitivamente previsto la riduzione degli oneri di maternità per il settore industria, al quale incontestabilmente appartiene la ricorrente.

1.3. Con il terzo motivo, si lamenta omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla mancata considerazione dell'inquadramento della ricorrente nel settore industria, da cui discenderebbe I'applicabilità dell'aliquota ridotta in questione, prevista dall'art. 79 del TU richiamato e dalla circolare INPS n. 12 del 20 gennaio 2000.

2. Il primo motivo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, non sono fondati.

Occorre in proposito dare continuità all'orientamento già affermato da questa Corte in identiche fattispecie (v. Cass. n. 7774 del 16.4.2015 e Cass. 3 aprile 2014 n. 7834) secondo il quale la L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 23 e la L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 41, comma 1, che prevedono la riduzione delle aliquote contributive per il finanziamento delle prestazioni temporanee in favore dei lavoratori dipendenti e per il contributo per gli assegni familiari, si applicano unicamente ai soggetti per i quali sussiste l'obbligo contributivo al fondo pensioni per i lavoratori dipendenti e comunque iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e non anche ai dipendenti delle aziende elettriche private che hanno continuato a mantenere l'iscrizione all'INPDAP, costituendo la disciplina differenziata degli oneri contributivi esplicazione della discrezionalità del legislatore, con riferimento alle peculiari necessità dei diversi enti previdenziali che, pertanto, non si pone in contrasto con i principi di eguaglianza e di libertà dell'iniziativa economica privata, di cui agli artt. 3 e 41 Cost..

Tale indirizzo giurisprudenziale, nel pervenire a tale conclusione, ha evidenziato che la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 23, - laddove prevede che con effetto dal 1 gennaio 1996 l'aliquota contributiva di finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è elevata al 32 per cento con contestuale riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee a carico della gestione di cui alla L. 9 marzo 1998, n. 88, art. 24, è assolutamente inequivoco nel ricollegare la "contestuale" riduzione delle aliquote contributive di finanziamento per le prestazioni temporanee all'elevazione dell'aliquota contributiva dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, per cui non vi è spazio per potere ritenere che la prevista riduzione operi anche a favore dei soggetti che non versano ¡ contributi a tale fondo, e il successivo comma 24, nel prevedere invece un aumento delle aliquote contributive dovute all’assicurazione generale obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, suona a conferma che la ricordata previsione di cui al precedente comma deve ritenersi sancita con riferimento alle sole contribuzioni relative al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (così in motivazione Cass. 3 aprile 2014 n. 7834 cit.). Sempre nella stessa ottica, i richiamati arresti hanno altresì evidenziato come debba - per ciò che riguarda le disposizioni di cui alla L. n. 488 del 1999, art. 41 - riconoscersi che la riduzione delle percentuali contributive introdotte dal quarto periodo del comma 1 è direttamente collegata alla previsione di cui ai precedenti periodi dello stesso comma e si applica quindi in relazione alla posizione dei soggetti che venivano ad essere iscritti alla assicurazione generale obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e non certo ai dipendenti del settore elettrico che avevano mantenuto l'iscrizione all'INPDAP (Cass. 3 aprile 2014 n, 7834 citata).

3. Il secondo motivo è invece fondato.

Questa Corte in numerosi arresti (v. da ultimo Cass. n. 9593 del 5.5.2014 e n. 14146 del 11.7.2016, ord.), ha chiarito che l'art. 78, comma 1 d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, ha introdotto la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza della prevista messa a carico del bilancio statale (nei limiti indicati) degli importi delle prestazioni relative ai parti, alle adozioni e agli affidamenti intervenuti successivamente al 10 luglio 2000 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza far quindi alcun riferimento all'aumento dell'aliquota contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all'art. 3, comma 23, legge n. 335/95. La riduzione del contributo previsto dal richiamato comma è stata confermata, a decorrere dall'anno 2002, dall'art. 43, comma 1, L. 28 dicembre 2001, n. 448.

Sotto il profilo testuale, inoltre, il successivo art. 79 del richiamato d. Igs n. 151/01 ha stabilito espressamente che il contributo 'In attuazione della riduzione degli oneri di cui all'art. 78" è "dovuto dai datori di lavoro (.) sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti". All'inequivoca dizione legislativa "tutti i lavoratori dipendenti": consegue quindi, nel vigore di tale normativa, I'applicazione della riduzione sulla contribuzione per maternità (anche) sulle retribuzioni dei lavoratori che siano dipendenti da datori di lavoro privati e che, in forza di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il mantenimento della posizione assicurativa presso l'INPDAP.

Alla ricostruzione della disciplina così effettuata consegue che la pretesa impositiva dell'Inps risulta fondata (solo) con riferimento alla contribuzione per maternità non soggetta alla riduzione introdotta dal D.lgs n. 151 del 2001.

6. Segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà rideterminare l'importo a credito dell'Inps in attuazione dei principi sopra enunciati e provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.