Giurisprudenza - TRIBUNALE DI CIVITAVECCHIA - Sentenza 20 ottobre 2016, n. 5408

Lavoro - Godimento di titoli di viaggio "fuori servizio"- Diritto - Abolizione - Violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto

 

Con ricorso ex art. 28 l. 300/1970 depositato in data 1.08.2016 la UILTRASPORTI Segreteria Regionale LAZIO denunciava come antisindacale la condotta di A.S. s.p.a. - consistente nella abolizione unilaterale (con provvedimento del 6.06.2016) del diritto dei lavoratori al godimento dei titoli di viaggio "fuori servizio" - perchè, disattendendo le regole condivise sulle modalità di rinnovo del CCNL e sul comportamento da tenere nei 6 mesi antecedenti la scadenza dello stesso, aveva violato il proprio diritto a trattare e trasgredito gli obblighi generali di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto. Pertanto, chiedeva al Tribunale di:

- ordinare alla resistente la cessazione dei comportamenti antisindacali e condannarla a rimuoverne gli effetti e/o impedire che tali effetti continuino a prodursi;

- per l’effetto, ordinare e statuire l’immediata revoca del provvedimento del 6.06.2016 con cui venivano soppressi i titoli fuori servizio e comunicato il programma delle "nuove concessioni di viaggio per il personale A." e ripristinare lo status quo ante;

- assumere ogni altro provvedimento ritenuto opportuno per la realizzazione delle sopradette finalità;

- con vittoria di spese ed onorari di causa.

La A.S. S.p.a. si costituiva in giudizio, eccependo la carenza di interesse

ad agire del sindacato ricorrente, il suo difetto di legittimazione attiva e, comunque, contestando in toto le avverse pretese e chiedendone il rigetto.

All’udienza del 06.10.2016, ascoltata la discussione delle parti, il Giudice si riservava la decisione.

Va, preliminarmente, esaminata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva della UILTRASPORTI Segreteria Regionale LAZIO, eccezione sollevata dalla società resistente sulla scorta del rilievo - meramente formale - che lo Statuto della Uiltrasporti (all. 1 di parte res.) attribuisce alle Strutture Regionali funzioni di coordinamento e raccordo delle strutture territoriali (artt. 2 e 27), mentre il compito di promuovere ed organizzare l’azione necessaria per la difesa degli interessi e dei diritti dei lavoratori spetterebbe alla Uiltrasporti territoriale (art 15).

Sennonché, nell’individuare quale sia l’articolazione periferica dell’organizzazione nazionale più prossima ai fatti di causa (legittimata ad agire ex art. 28 St. Lav.), il Giudice non può limitarsi a considerare l’astratta organizzazione statutaria, dovendo guardare all’organismo locale che in concreto svolge attività sindacale nel territorio ove si trova l’azienda.

Ebbene, come emerge dall’organigramma depositato in udienza da parte ricorrente - e come, del resto, riconosciuto dalla stessa resistente (punto 6.4 della memoria) - nella Regione Lazio sono state istituite soltanto tre segreterie Territoriali (Frosinone, Rieti e Latina), mentre nella provincia di Roma opera solo la Segreteria Regionale che svolge le funzioni sia della struttura regionale sia della struttura territoriale: ciò si evince con chiarezza dal verbale del IX congresso Uiltrasporti Roma e Lazio del 18 giugno 2014, depositato in udienza, ove si dà atto dello svolgimento prima del congresso territoriale e poi del congresso regionale (sul punto anche il procuratore della ricorrente ha specificato che le unità territoriali del capoluogo sono accorpate, per evitare la duplicazione delle strutture, in una unica rappresentanza, la Uiltrasporti Regionale Lazio, che svolge sia il ruolo politico che quello statutario di difesa dei lavoratori).

In conclusione, non risultando acquisiti al giudizio elementi tali da inferire che, in concreto, via sia una articolazione più periferica rispetto alla ricorrente, che opera del territorio ove è ubicata l’azienda (Fiumicino, provincia di Roma), l’eccezione sollevata dalla A.S. s.p.a. non merita accoglimento.

Ciò posto, passando al merito delle questioni al vaglio, osserva innanzitutto il Giudice che l’art 28 St. Lav. appresta una peculiare forma di tutela avverso quei comportamenti datoriali "diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero", consentendo all’organizzazione sindacale portatrice dell’interesse protetto di agire direttamente in giudizio in modo autonomo ed indipendente rispetto all’azione individuale dei singoli lavoratori eventualmente lesi dal medesimo comportamento datoriale.

L'eventuale natura plurioffensiva del comportamento datoriale, che abbia dato luogo anche ad una lesione dell'interesse individuale del lavoratore, comporta, dunque, "... l'insorgere di due azioni - quella collettiva e quella individuale - distinte, autonome e senza interferenze..." (Cassazione civile, sez. lav., 08/07/2013, n. 16930), risultando preordinate la prima alla difesa dei diritti del sindacato e la seconda alla difesa dei diritti dei singoli lavoratori.

Dalla necessità di tener distinte le due azioni discende che nel presente giudizio, instaurato dal sindacato ai sensi dell’art. 28 St. Lav., non può trovare spazio l’accertamento della sussistenza o meno del diritto soggettivo dei lavoratori della A.S. s.p.a. a godere gratuitamente dei titoli di viaggio c.d. "fuori servizio" (accertamento che presuppone la verifica dell’esistenza di una prassi aziendale formatasi prima della cessione dei rapporti di lavoro ad A.S. s.p.a. e recepita da quest’ultima società con l’accordo ex art. 47, comma 4bis l. 428/90 del 26 novembre 2014): trattandosi di un diritto individuale, infatti, la legittimazione attiva ad intraprendere azioni a tutela va individuata, soltanto, in capo ai singoli lavoratori (che risultano aver già esercitato azioni in materia: cfr. ricorsi prodotti al doc 15 di parte ric.) e non in capo al sindacato.

L’oggetto del presente giudizio, allora, deve essere correttamente circoscritto alla verifica dell’idoneità delle azioni poste in essere da parte datoriale per la modifica delle modalità di fruizione dei titoli di viaggio c.d. "fuori servizio" (CAF e CFS) a limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero.

Consegue che, in questa sede, non deve essere sindacata nel merito la decisione della A.S. s.p.a. di consentire il godimento dei suddetti titoli (ridenominati ZED) non più gratuitamente ma previo pagamento di un prezzo simbolico e delle tasse aeroportuali, in quanto appunto inerente le posizioni di diritto dei lavoratori, ma piuttosto deve essere accertato se le modalità ed i tempi, con i quali è stata introdotta la nuova regolamentazione aziendale della materia, possano configurare una condotta antisindacale.

Ebbene, risulta pacifico tra le parti che con comunicazione datata 6 giugno 2016 inviata a tutto il personale dipendente, la A.S. s.p.a. ha varato la nuova policy relativa alle facilitazioni di viaggio, eliminando i c.d. titoli di viaggio "fuori servizio" (CAF e CFS) - per il cui godimento non era previsto alcun esborso economico per i lavoratori - con decorrenza dal 15 giugno 2016 per i voli intercontinentali e dal 1 settembre 2016 per i voli nazionali. Tali titoli sono stati sostituiti con gli ZED Stand by, emessi su piattaforma MYID Travel, acquistabili on line al prezzo di 1 euro per la Zona 1 e 2 euro per la Zona 2 più le tasse (cfr. punto 8 della memoria di costituzione, nonché allegati 16 e 17 di parte res. contenenti le comunicazioni del 6 giugno e all. 20 recante informativa our new staff travel benefit).

Altrettanto pacifica risulta la circostanza che si sia trattato di una iniziativa unilaterale del datore di lavoro: pur sussistendo una divergenza di opinioni circa l’effettivo svolgimento di incontri preordinati alla discussione sul tema prima del 6 giugno 2016, invero, risulta incontestata la circostanza - dedotta nel punto 26 del ricorso - che proprio nel corso della riunione sindacale, convocata in tale data dall’azienda allo scopo di discutere sulla "Staff Travel Policy" (all. 10 di parte ric.), la società abbia provveduto a comunicare la propria decisione (le comunicazioni e-mail di cui agli allegati 16 e 17 già citati sono datate rispettivamente 6 giugno 2016 ore 10:32 e 06 giugno 2016 ore 12:09) senza alcun accordo con le organizzazioni sindacali.

Stando così le cose, deve essere evidenziato che l’art. 3 del CCNL del Trasporto Aereo (pacificamente applicato dalla società resistente) stabilisce al comma 2 che "Durante i sei mesi antecedenti e nel mese successivo alla scadenza del CCNL e comunque per un periodo pari a sette mesi dalla data di presentazione delle proposte di rinnovo, le Parti non assumeranno iniziative unilaterali né procederanno ad azioni dirette" ed al comma 3 che "Le Parti stipulanti e le articolazioni organizzative territoriali si astengono, altresì, dall’intraprendere qualsiasi iniziativa unilaterale inerente materie già oggetto di disciplina nel presente Contratto Collettivo, durante l’intero periodo di vigenza dello stesso".

Poiché è canone esegetico che le clausole di un atto interprivato, qual è quello in esame, si interpretino l’una in relazione all’altra, deve allora dirsi che la lettura congiunta di quelle appena citate conduce a ritenere che le parti sociali si siano impegnate ad evitare iniziative unilaterali (quali la lotta sindacale, da un lato, e l’adozione di provvedimenti peggiorativi delle condizioni dei lavoratori, dall’altro) sulle materie oggetto del contratto collettivo per tutta la durata dello stesso, aggiungendo poi un ulteriore impegno - limitatamente al periodo precedente alla scadenza del contratto - avente portata oggettiva più ampia, così da evitare che, proprio nell’arco di tempo più delicato per la contrattazione, i contraenti collettivi potessero intraprendere individualmente azioni idonee a squilibrare le rispettive posizioni durante la futura trattativa, posizioni che, di contro, in una gestione in buona fede dei rapporti, non potevano che presentare pari peso negoziale.

Ebbene, si osserva che la materia in esame viene espressamente considerata nell’art. 11 del CCNL Trasporto Aereo ove si prevede che "i titoli fuori servizio del personale navigante sono disciplinati con apposito regolamento a livello aziendale e eventualmente dagli accordi di reciprocità tra Compagnie". Con l’Accordo integrativo aziendale del Gruppo A. stipulato il 16 luglio 2014 (all. 9 di parte res.), poi, le parti sociali hanno convenuto "discipline specifiche che integrano il CCNL sezione vettori sottoscritto in data 16 luglio 2014" pattuendo, sotto la rubrica "Titoli di viaggio personale navigante/fuori servizio" che "con riferimento all’art. 11 - Sezione Comune del CCNL - Vettori del CCNL, si rinvia a quanto disposto dalla regolamentazione aziendale".

Se, dunque, la clausola contenuta nell’art. 11 cit., da sola considerata, potrebbe far sorgere dubbi sulla natura del rinvio alla regolamentazione aziendale, la specificazione contenuta nel contratto aziendale chiarisce senza ombra di dubbio che le parti sociali hanno inteso ricorrere alla tecnica normativa del rinvio recettizio, facendo propri i contenuti del regolamento aziendale in vigore. L’espresso riferimento a "quanto disposto" dalla regolamentazione aziendale, in altri termini, impedisce di ritenere che le parti abbiano inteso soltanto richiamare la fonte a cui rimettere la potestà unilaterale di dettare la disciplina della materia.

Del resto, diversamente opinando, non si comprenderebbe la ragione della inclusione nell’Accordo Integrativo Aziendale della clausola sopra citata in tema di titoli di viaggio "fuori servizio": se le parti sociali avessero voluto limitarsi a rinviare per la loro disciplina alla regolamentazione aziendale (come fa l’art. 11 del CCNL) non avrebbero avuto bisogno di inserire una apposita clausola nel contratto integrativo aziendale. La ragione della specifica previsione all’interno della contrattazione aziendale, allora, non può che essere costituita dalla volontà di richiamare, nel testo pattizio, i contenuti della regolamentazione vigente.

Né vale a confutare la conclusione alla quale si è giunti la circostanza - evidenziata dalla resistente - che in due missive inviate alle OO.SS. in data 24 ottobre 2014 e 26 novembre 2014 (all. 10 e 11 di parte res.) la società A.C. s.p.a. aveva confermato che, a seguito del trasferimento alla nuova Società, il personale avrebbe continuato a beneficiare del regolamento in vigore, aggiungendo la locuzione "fermo restando la discrezionalità aziendale nella gestione della concessione e della relativa regolamentazioni". A parte ogni considerazione circa l’ambiguità della locuzione in esame, che sembra riferire la presunta discrezionalità all’aspetto gestorio più che a quello regolamentare, è assorbente il rilievo che trattasi di dichiarazione unilaterale di una parte (la A.C. s.p.a.) e che la resistente non ha dedotto alcun elemento dal quale possa desumersi il tacito accordo del sindacato in merito (sul punto vale rammentare l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui nella "progressiva dilatazione degli elementi dell'interpretazione può assumere rilievo anche il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto, ma deve trattarsi di un comportamento convergente (e tale può essere anche un comportamento unilaterale che sia accettato dall'altra parte contrattuale, eventualmente anche tacitamente) in quanto come è comune la intenzione delle parti, quale fondamentale canone di interpretazione, comune deve essere il comportamento quale parametro di valutazione della suddetta intenzione"; così Cassazione civile, sez. I, 04/02/2009, n. 2720). D’altro canto, proprio valorizzando ex art. 1362 c.c. il comportamento oggettivo delle parti successivo alla stipula del contratto, non può non essere stigmatizzato che, dal luglio 2014 (data di sottoscrizione del contratto aziendale), non risulta essere stata effettuata alcuna modifica alla regolamentazione aziendale prima di quella qui oggetto di impugnativa.

L’aver acclarato che la materia di cui si tratta è regolata dal contratto aziendale (integrativo del contratto nazionale), attraverso un rinvio recettizio alla regolamentazione aziendale in vigore nel luglio 2014, conduce a ravvisare nella decisione unilaterale di A.S. s.p.a. di modificare la disciplina dei titoli "fuori servizio" nel giugno 2016 una palese violazione dell’obbligo di astensione sancito dall’art. 3, comma 3, CCNL.

Pur essendo tale conclusione da sola sufficiente a ravvisare una condotta antisindacale del datore di lavoro alla luce del rilievo che assume nelle relazioni industriali il rispetto del principio pattizio, occorre rilevare che l’antisindacalità, insita nella decisione aziendale in esame, emerge anche sotto altro profilo.

Risulta, infatti, incontestato che la scadenza contrattuale è fissata al 31.12.2016 e che, dunque, i sei mesi, nei quali l’art. 3, comma 2, CCNL vieta le azioni dirette e le iniziative unilaterali persino su materie che non costituiscono specifico oggetto di contrattazione, iniziavano a decorrere dal 1.07.2016.

D’altro canto la stessa A.S. s.p.a. ha dichiarato (punto 7.7 della memoria) che la decisione di modificare la regolamentazione della materia in esame sarebbe stata imposta dalle modifiche legislative intervenute in tema di diritti di imbarco, precisando che la nuova disciplina è stata introdotta dalla legge 11.11.2014 n. 164 ma che, solo con nota 17 luglio 2015 l’ENAC, superando precedenti incertezze interpretative, aveva definitivamente chiarito che i trasferimenti "fuori servizio" non potevano ritenersi esenti da diritti di imbarco.

La tempistica evidenziata permette, dunque, di escludere che i provvedimenti adottati a giugno 2016 rispondessero alla impellente necessità di adeguamento alla normativa sopravvenuta: anche a voler prendere in considerazione soltanto il momento in cui è intervenuta la nota esplicativa dell’ENAC, infatti, risulta che parte datoriale è rimasta inerte per quasi un anno - evidentemente sopportando l’onere economico della tassazione sui trasferimenti "fuori servizio" -, per poi intervenire a modificare la regolamentazione aziendale proprio nell’imminenza della scadenza del CCNL e nel mese precedente a quello in cui diveniva operativo il divieto di cui all’art. 3, comma 2, CCNL (tra l’altro prevedendo, per i titoli di viaggio nazionali, l’entrata in vigore della nuova disciplina il 1 settembre 2016 e, dunque, proprio nell’arco temporale nel quale la clausola collettiva mira ad evitare modifiche peggiorative delle condizioni dei lavoratori).

Si tratta, secondo i criteri di normalità sociale, di comportamento idoneo ad influire sui rapporti di forza tra le parti (in senso pregiudizievole per il sindacato dei lavoratori) proprio nel momento più delicato, ovvero nel lasso temporale che precede il rinnovo del contratto collettivo.

A tal proposito, deve essere evidenziato che la modifica delle modalità di godimento delle agevolazioni di viaggio in questione e, soprattutto, l’introduzione di un onere economico per il godimento delle stesse (seppur essenzialmente limitato al pagamento delle tasse) appare senza dubbio idonea a determinare il malcontento dei lavoratori che fino a quel momento ne avevano goduto gratuitamente, alterando gli equilibri tra le parti.

Si consideri, poi, che anche le modalità attraverso le quali è stata resa nota ai dipendenti dell’azienda la nuova regolamentazione dei titoli di viaggio "fuori servizio" contribuiscono a screditare il sindacato, ledendo la sua credibilità e la sua immagine.

Come già evidenziato, infatti, è incontestato che la società abbia comunicato ai dipendenti la decisione unilaterale assunta proprio mentre era in corso l’incontro con i sindacati preordinato alla discussione sull’argomento. In tale ottica, risulta irrilevante verificare l’eventuale svolgimento (sul punto le parti hanno chiesto di assumere sommarie informazioni) di altri precedenti incontri ove si sarebbe discusso della materia in esame: a prescindere dalla circostanza che si trattasse del primo o del quinto incontro, infatti, risulta determinante il rilievo che la riunione del 6 giugno 2016 era stata convocata con lo specifico oggetto "Staff Travel Policy" (mentre non sono state prodotte analoghe convocazioni per gli altri presunti incontri) e che, dunque, il rispetto dei canoni generali della correttezza e della buona fede imponeva al datore di lavoro di attendere quantomeno l’esito di tale incontro prima di procedere a comunicare la propria decisione.

L’invio ai dipendenti delle comunicazioni aziendali che annunciavano espressamente l’eliminazione dei biglietti CAF e CFS durante lo svolgimento della riunione appare, invece, comportamento lesivo della credibilità del sindacato perché priva di qualunque rilevo, agli occhi del lavoratori, il momento di confronto con le parti sociali che si stava svolgendo contestualmente.

L’oggettiva lesione della reputazione e dell’immagine del sindacato - proprio nei mesi antecedenti alla scadenza contrattuale - risulta, inoltre, aggravata dal comportamento che parte datoriale ha tenuto a fronte della proclamazione dello sciopero per la giornata del 5.07.2016.

In merito, il sindacato ricorrente ha allegato - e tale circostanza non è stata in alcun modo contestata dalla resistente - che in detta occasione è stato diffuso all’utenza un comunicato a firma dell’Amministratore Delegato della società (riportato anche nell’articolo di giornale di cui all. 13 di parte ric.) avente il seguente tenore: "Caro passeggero, come probabilmente saprà, i sindacati che rappresentano alcuni dei nostri piloti e assistenti di volo hanno indetto per domani, 5 luglio, uno sciopero che interesserà un certo numero di voli [...]. Per ridurre i disagi ai viaggiatori abbiamo predisposto un piano straordinario, ma ci tengo comunque a scusarmi a nome di A. per gli inevitabili disagi che questa agitazione comporterà. Si starà giustamente chiedendo[...] il motivo dello sciopero. Una domanda legittima che merita una risposta: la compagnia aerea ha recentemente eliminato un privilegio concesso a piloti e assistenti di volo che consentiva loro di volare gratuitamente per raggiungere le loro sedi di lavoro di Roma o Milano. Voli gratuiti di cui ha finora beneficiato prevalentemente una minoranza del nostro staff. I sindacati hanno proclamato lo sciopero dopo che abbiamo confermato la nostra intenzione di annullare questi privilegi, in linea con le altre compagnie aeree in Europa e nel resto del mondo. Ecco perché [...] trovo le azioni dei sindacati incomprensibili e ingiuste".

Ebbene, la definizione delle azioni sindacali come "incomprensibili ed ingiuste" e la loro stigmatizzazione come difesa di "privilegi" concessi ai lavoratori appaiono, secondo il comune sentire, espressioni che esulano dalla semplice giustificazione dei disagi connessi allo sciopero, risultando idonee a screditare in concreto l’azione dei sindacati agli occhi dei passeggeri da un lato e dei lavoratori dall’altro.

L’aver accertato, nei termini che precedono, la condotta antisindacale posta in essere dalla A.S. s.p.a. consente di ritenere priva di pregio l’eccezione formulata dalla resistente e volta a stigmatizzare la carenza di interesse ad agire per assenza di attualità del comportamento antisindacale denunciato, alla luce dell’esito della riunione del 18 settembre 2016.

Invero, anche a voler seguire la testi di parte resistente - secondo cui a seguito di tale riunione sarebbe stata ripristinata la precedente regolamentazione dei titoli fuori servizio - ciò potrebbe incidere sull’interesse ad agire dei singoli lavoratori nel giudizio di accertamento della lesione del diritto soggettivo al godimento di tali agevolazioni di viaggio, ma non elimina in alcun modo il pregiudizio all’attività sindacale che si è verificato in termini di indebolimento della forza contrattuale nelle trattative per il rinnovo del CCNL nonché in termini di immagine e credibilità nei confronti degli utenti e dei lavoratori, con effetti all’evidenza permanenti.

Per di più, vale precisare - e ciò risulta rilevante ai fini della individuazione dei provvedimenti da assumere per rimuovere gli effetti della condotta antisindacale accertata - che, contrariamente a quanto sostenuto dalla società resistente, dal verbale di riunione del 18 settembre 2016 non emerge il ripristino della regolamentazione previgente rispetto alla modifica di giugno: ed infatti, l’affermazione secondo cui "l’Azienda conferma che i CFS/CAF nazionali continueranno con le attuali modalità fino alla data di scadenza della vigenza del contratto, 31.12.2016" risulta ambigua, non essendo chiaro alla stregua del significato proprio delle parole utilizzate e della loro connessione, se le attuali modalità siano quelle precedenti o successive alle modifiche introdotte a giugno. Milita, comunque, nel senso opposto rispetto a quello sostenuto dalla società il successivo passaggio argomentativo, ove veniva affermato che il costo dei biglietti (1 euro zona 1, 2 euro zona 2) e le relative tasse sarebbero stati addebitati nelle buste paga mensili dei singoli, anche in coerenza con la nuova normativa fiscale.

Sotto altro profilo, poi, non può essere condivisa l’affermazione della A.S. s.p.a. secondo cui l’eventuale violazione dei principi di correttezza e buona fede nelle relazioni sindacali sarebbe priva di attualità alla luce della dichiarazione aziendale - contenuta nel citato verbale del 18 settembre 2016 - di disponibilità, in considerazione dell’imminente avvio delle negoziazioni relative al rinnovo della contrattazione collettiva, ad affrontare le problematiche complessive correlate ai CFS/CAF per ricercare ulteriori soluzioni condivise ed esaminare le proposte sindacali.

La mera dichiarazione di disponibilità a trattare, contenuta in un verbale di incontro privo di rilevanza esterna, risulta, invero, del tutto inadeguata a riparare il pregiudizio alla attività sindacale verificatosi con comportamenti pubblici e diretti alla generalità degli utenti e dei lavoratori.

Anzi, va segnalato che il comportamento datoriale, consistito nel modificare unilateralmente la regolamentazione dei titoli "fuori servizio" nell’imminenza della scadenza del contratto, per poi aprire una possibile trattativa sul punto in sede di contrattazione collettiva, costituisce proprio ciò che la clausola di cd tregua sindacale, sopra citata, mira ad evitare.

Da ultimo, per completezza espositiva, si rileva che l’accertamento appena effettuato circa l’oggettiva idoneità della condotta datoriale a ledere la libertà e l’attività sindacale rende superflua ogni valutazione sulla sua intenzionalità o meno: la Corte di Cassazione, a sezioni unite, ha infatti affermato che "Per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all'art. 28 l. 20 maggio 1970 n. 300 è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro nè nel caso di condotte tipizzate perché consistenti nell'illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali), nè nel caso di condotte non tipizzate ed in astratto lecite, ma in concreto oggettivamente idonee, nel risultato, a limitare la libertà sindacale, sicché ciò che il giudice deve accertare è l'obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l'effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero" (Cassazione civile, sez. un., 12/06/1997 n. 5295). Tali principi di diritto sono stati, poi, ribaditi dalla successiva giurisprudenza di legittimità, la quale ha confermato che, in ogni caso, la condotta datoriale rilevante ex art. 28 cit. deve possedere "rilievo obbiettivamente tale da limitare la libertà sindacale" (Cassazione civile, sez. lav., 17/06/2014 n. 13726) e cioè deve ledere "oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali"(Cassazione civile, sez. lav.,18/07/2006 n. 16383; Cassazione civile, sez. lav. 18/04/2007, n. 9250).

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono e rammentato che la decisione ex art. 28 St. Lav. deve essere di tipo costitutivo-demolitorio, prevedendo in modo dichiarato la norma che, qualora il Giudice ritenga sussistente il comportamento antisindacale del datore di lavoro, deve essere ordinata a costui non solo la cessazione del comportamento illegittimo, ma anche la rimozione degli effetti:

- va dichiarata l’antisindacalità del comportamento di A.S. s.p.a. costituito dall’aver unilateralmente modificato la regolamentazione aziendale in materia di titoli di viaggio "fuori servizio" senza attendere la scadenza del contratto collettivo;

- va ordinato a A.S. s.p.a. di ripristinare la regolamentazione previgente e di astenersi da ulteriori modifiche unilaterali fino al 31.12.2016, data di scadenza del contratto collettivo.

Non si fa luogo all’ordine di pubblicazione dell’emanando provvedimento su un quotidiano non ravvisandosi, in carenza di allegazione attorea, alcuna utilità riparatoria/ripristinatoria delle prerogative sindacali a tanto connessa e ulteriore rispetto all’utilità derivante dalla pronuncia del presente decreto e dalla pubblicità che di esso può essere fatta attraverso gli ordinari mezzi di comunicazione sindacale.

Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono come di norma la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Dichiara l’antisindacalità del comportamento di A.S. s.p.a. costituito dall’aver unilateralmente modificato la regolamentazione aziendale in materia di titoli di viaggio "fuori servizio" senza attendere la scadenza del contratto collettivo.

Ordina a A.S. s.p.a. di ripristinare la regolamentazione previgente e di astenersi da ulteriori modifiche unilaterali fino al 31.12.2016, data di scadenza del contratto collettivo.

Condanna la A.S. s.p.a. al pagamento in favore della Uiltrasporti Lazio delle spese di giudizio, che liquida in complessivi 3.026,00 di cui € 2.631,00 per compensi ed € 395,00 per spese generali, oltre Iva e c.p.a.